La questione della Questione del sergente Grischa

Grischa[Sul n. 6 di tradurre, la rivista diretta da Gianfranco Petrillo, si possono leggere tra l’altro l’intervento di Bruno Berni sul Perché ritradurre Andersen, la recensione di Barbara Ivančić al volume Karl Kraus e Shakespeare. Recitare, citare, tradurre (Quodlibet 2012) di Irene Fantappiè, e un articolo di Natascia Barrale sulla vicenda italiana del Grischa di Arnold Zweig, di cui riportiamo l’incipit. M.S.]

Natascia Barrale

Negli anni trenta i lettori italiani mostravano di apprezzare i toni nuovi e realistici dei romanzi stranieri giunti in traduzione sugli scaffali delle librerie. In cima alle classifiche di vendita, tra gli altri, vi erano i romanzi di guerra tedeschi, che raccontavano il primo conflitto mondiale visto con gli occhi del nemico perdente. Mondadori da qualche tempo stava cavalcando l’onda del successo delle narrative straniere e, nello stesso anno in cui si dedicò in prevalenza ai capolavori ottocenteschi con la collana «Biblioteca romantica», cominciò a sfruttare la nuova moda e a rivolgere l’attenzione anche alle novità letterarie contemporanee, creando una collana ad hoc.

Già dal nome, «I romanzi della guerra» voleva presentarsi come una collana potenzialmente gradita al regime, che traeva dalla prima guerra mondiale tutti gli ingredienti necessari a costruire il mito della vittoria mutilata. Gli argomenti trattati da questa nuova ondata di libri ponevano però ovvi problemi:

Rientrava infatti tra le caratteristiche di molti testi imperniati sulla guerra pubblicati in quegli anni presentarsi con una forte carica pacifista o comunque ripensare a quell’esperienza in chiave di tragedia insensata e fratricida. I maggiori successi, a livello europeo, toccavano precisamente a opere di quel tipo: ben difficilmente conciliabili […] con la morale eroica in cui tendeva invece a identificarsi il fascismo italiano (Decleva 2007, 157).

Pur rappresentando la prima significativa apertura mondadoriana alla letteratura straniera contemporanea, «I romanzi della guerra» non ottennero un grande successo, anzi, le vendite incontrarono non pochi ostacoli.

Considerando i temi che caratterizzavano questo filone narrativo, si sarebbe propensi a ricondurre le cause di un lancio così travagliato alla natura pacifista di questi romanzi, in netta contrapposizione con l’ideologia del regime. Albonetti commenta ragionevolmente: «come si poteva pensare di pubblicare un romanzo che vedeva nel militarismo prussiano la quotidiana offesa al diritto elementare degli uomini e sembrava antivedere la barbarie nazista nella guerra che era appena iniziata?» (Albonetti 1994, 87).

A dire il vero le prime difficoltà erano sorte già un anno prima, quando la pubblicazione del libro Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque era stata bloccata dalla censura (cfr. Barrale 2011). Ciò nonostante, dietro segnalazione di Luigi Rusca, Mondadori aveva acquistato i diritti del romanzo di Arnold Zweig Der Streit um den Sergeanten Grischa (1927). Il protagonista era un prigioniero di guerra russo, buono e innocente, vittima dell’applicazione disumana di regolamenti e codici che, fuggito da un campo tedesco, viene scambiato per una spia e condannato a morte dopo mille peripezie.

Le traduzioni di numerosi altri romanzi pubblicati in quegli anni mostrano le ferite inferte dalla censura o – più spesso – dall’allora diffusa pratica dell’autocensura, che spingeva gli editori a cassare i brani ritenuti contenutisticamente scabrosi o scomodi.

L’analisi de La questione del sergente Grischa (Burich 1930) porta però a conclusioni ben diverse. Sebbene tutto lasci credere che il controllo censorio del regime abbia ostacolato la diffusione di un romanzo pacifista che condanna la guerra, dall’analisi comparativa del testo di partenza con la traduzione italiana, nonché attraverso lo studio dei brani eliminati e delle modifiche apportate, ci si rende conto facilmente che a essere edulcorate non furono le denunce delle atrocità della guerra o le pagine per altri versi scomode, come spesso era accaduto e sarebbe continuato ad accadere per altri romanzi tradotti in quegli anni. La carica pacifista del testo e il precedente divieto di pubblicazione del libro di Remarque non sono indizi rilevanti per ricostruire la storia di questo romanzo, la cui traduzione italiana fu decurtata di centoquaranta pagine rispetto all’originale.

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