Timur Vermes, Lui è tornato

Valentina Savietto

Timur Vermes, Lui è tornato, trad. di Francesca Gabelli, Milano, Bompiani, 2013, 448 p.

Lui è tornato

Dalla seconda di copertina (estratto): «È l’estate del 2011. Adolf Hitler si sveglia in uno di quei campi incolti e quasi abbandonati che ancora si possono incontrare nel centro di Berlino. Egli non può fare a meno di notare che la guerra sembra cessata; che intorno a lui non ci sono i suoi fedelissimi commilitoni; che non c’è traccia di Eva. Non può non sentire un forte odore di benzina esalare dalla sua divisa sudicia e logora; e non riesce a spiegarsi l’intorpidimento delle sue articolazioni e la difficoltà che prova nel muovere i primi passi in una città piuttosto diversa da come la ricordava. Regna infatti la pace; ci sono molti stranieri; e una donna (sì, proprio una donna, per giunta goffa), tale Angela Merkel, è alla guida del Reich. 66 anni dopo la sua fine nel Bunker, contro ogni previsione, Adolf inizia una nuova carriera, stavolta a partire dalla televisione. Questo nuovo Hitler non è, tuttavia, né un imitatore, né una controfigura. È proprio lui, e non fa né dice nulla per nasconderlo, anzi, è tremendamente reale. Eppure nessuno gli crede: tutti lo prendono per uno straordinario comico, tutti lo cercano, tutti lo vogliono, tutti lo imitano. Il mondo che Hitler incontra 66 anni dopo, infatti, è cinico, spudorato, bramoso di successo e incapace di opporre qualsiasi resistenza al “nuovo” demagogo. Al massimo riesce ad apporre il compulsivo “mi piace”/“non mi piace” dei social network.»

Per il lettore che dovesse recuperare qualche svista nella bacheca delle novità 2013, si segnala il romanzo d’esordio di Timur Vermes, giornalista e scrittore tedesco classe 1967, collaboratore dell’Abendzeitung di Monaco e dell’Express di Colonia, il quale, con questa satira contemporanea, è salito in vetta alle classifiche tedesche con oltre 600.000 copie vendute e può vantare di essere letto in traduzione in 38 lingue.

La formazione storico-politica di Vermes lascia in Lui è tornato tracce evidenti. In considerazione della riflessione estetico-letteraria circa la dimensione della Storia nella letteratura tedesca contemporanea, che viene trattata esemplarmente negli scritti di Herta Müller, come anche nella prosa di Ulla Hahn, il libro di Vermes ci pone criticamente di fronte ad un duplice piano temporale, che scorre parallelamente per tutta la trama: da un lato viene descritta la dinamica urbana dell’attuale capitale della Germania, dall’altro sono continui i riferimenti alla storia politica tedesca durante il Dodicennio Nero, e non manca qualche incursione negli «anni d’oro» della Repubblica di Weimar, allorché il NSDAP non era che un movimento fanatico di destra, concentrato principalmente in Baviera. Il punto d’intersezione fra i due piani narrativi è costituito dal protagonista, Adolf Hitler, che si risveglia, dopo un torpore durato 66 anni, in un parco di Berlino il 30 agosto 2011. Tale circostanza corrisponde alla lente straniante da cui fluisce la vena amara e paradossale del romanzo. Hitler, fisicamente integro, vegetariano, astemio, addirittura non-violento, come lo vorranno intendere i membri politici di ogni attuale partito in seguito ad un’aggressione alla fine del libro, viene ingaggiato dalla società televisiva Flashlight come comico, un comico tuttavia sopra le righe, un improvvisatore, il quale non desidera noie burocratiche (come ad esempio procurarsi dei documenti d’identità e procacciarsi una nuova residenza), ma pianifica minuto per minuto strategie militari, volte alla salvezza provvidenziale del popolo tedesco nell’era contemporanea. Ad ogni pagina si assiste all’attualizzazione del modus pensandi nazista, e ciò non provoca, come dovrebbe invece essere, sconcerto o repulsione da parte delle figure che ruotano attorno al personaggio principale, bensì una serie ininterrotta di tentativi di conciliazione che, fra incredulità e ilarità, si ricollegano almeno sul piano della reminiscenza storica allo stupore e allo scetticismo scatenati da Hitler all’inizio della sua impresa politica. Così, la pretesa di essere chiamato “Führer” dagli altri personaggi è esperita secondo categorie afferenti al teatro, che suscitano un irriverente sorriso in chi legge: «“E lei chi è?” “Vera Krömeier,” disse. “È davvero una figata. Posso chiederle una cosa? Quello che fa lei è method acting?” “Come scusi?” “Be’ sì, come fa anche de Niro. E pure Pacino. Method acting. Com’è che si dice quando ci si immedesima nella parte?” […] A quanto pareva dovevo proprio cominciare dall’inizio. “Innanzitutto, non si dice ‘Mister’, bensì ‘Führer’,” dissi. “E più precisamente ‘Mein Führer’ se lo desidera. Inoltre pretendo che mi saluti correttamente, quando entra qui dentro!” “Salutare?” “Con il saluto nazista naturalmente! E il braccio destro alzato”. Quando finalmente capì, il suo viso si illuminò. La ragazza balzò in piedi: “Lo sapevo. È proprio questo che intendevo: Method acting! Vuole che lo faccia subito?”» (pp. 120-121).

L’infitto del dialogo funge da essenziale contraltare rispetto alle parti più discorsive del libro, spesso costituite da lunghi monologhi in cui Hitler dimostra di rapportarsi alle novità sociali o tecnologiche che lo circondano. Così come impara ad usare il telecomando per la televisione, il computer e l’Internetz, oppure ancora lo smartphone, egli riflette sul nesso fra gioventù e iPod, congetturando una strategia di manipolazione dell’educazione degli stranieri, oppure, al contrario, una tecnica particolare d’indottrinamento della gioventù germanica attraverso cuffie colorate. Il Führer è tornato e mette impietosamente a nudo la condizione attuale della politica tedesca: «Davvero sconvolgente era, tuttavia, la situazione politica della Germania di oggi. Al vertice del paese c’era una donna tozza, che infondeva lo stesso ottimismo di un salice piangente. Aveva vissuto nella Germania dell’Est, sotto lo spettro del bolscevismo, ma nessuno si era accorto che ne avesse sofferto: questo fatto da solo bastava a squalificarla. Il partito della donna tarchiata si era alleato con un gruppo di benpensanti bevitori bavaresi, che mi parevano una pessima copia del nazionalsocialismo. Questi signori, invece di rafforzare le loro tiepide idee con i principi nazionalisti, le avevano ingentilite sottomettendosi al Vaticano, secondo la tradizione ultramontana già sostenuta ai miei tempi dal Partito di centro. I rimanenti buchi del programma politico erano riempiti da folcloristiche associazioni di montanari e bande musicali […].» (p. 139).

Nel complesso, Hitler si rapporta all’oggi con estremo e fanatico rigore e ne diventa, anche agli occhi dei suoi numerosissimi fan, che ne diffondono la popolarità attraverso YouTube e social network vari, il principale critico. Attraverso il gioco continuo di travisamenti e straniamenti, quali il Leitmotiv «il tema ‘ebrei’ non è divertente», il romanzo evoca ed insinua un certo senso di ciò che Freud avrebbe definito unheimlich, perturbante. Attraverso il filo narrativo, Timur Vermes invita di conseguenza a meditare, una volta di più, sui limiti di una visione buonistico-democratica della politica e della società, ossia egli, all’interno del romanzo, apre il dibattito su un potenziale terzo livello temporale: il (nostro) futuro. Al termine di questa sua avventura contemporanea, Hitler potrà infatti ripensare alla costituzione di un nuovo partito politico, il cui slogan, racchiudendo «in sé i vecchi meriti, i vecchi dubbi e per giunta […] una sfumatura umoristica e conciliante che può attirare […] quei Pirati e altri giovani» (p. 387), recita «Non tutto era sbagliato» (ibid.). Rispetto dunque all’orizzonte di riflessione insito nel sarcasmo corrosivo di quest’ultima battuta, che riassume l’intera struttura polare del romanzo, si può, proprio come conclude il libro, «cominciare da questo» (ibid.).

Si segnala infine l’appendice a cura dell’autore stesso, il quale spiega il suo approccio alle fonti (essenzialmente La mia battaglia e Monologhi dal quartier generale del Führer) e il rapporto biografico fra Hitler personaggio e Hitler storico, inserendo poi vari aneddoti circa la vita del Führer o note a proposito di episodi di guerra realmente accaduti.

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