Cesare Cases, Scegliendo e scartando

Stefano Zangrando

In settembre avrei dovuto presentare a Trento, assieme a Giuliano Geri e al curatore Michele Sisto, il libro Scegliendo e scartando (Nino Aragno Editore, Torino 2013) che raccoglie duecentocinquanta pareri di lettura redatti da Cesare Cases per la casa editrice Einaudi fra il 1953 e il 1973. In quell’occasione avrei potuto trarre informazioni preziose non tanto dal curatore del volume, che ha già dato il meglio nel ricco saggio introduttivo e nella perizia filologica dell’antologia, quanto da quella tormentata forza della natura e della cultura che è Giuliano Geri, di cui un giorno qualcuno, se non lo fa lui stesso, dovrà pur raccontare la romanzesca parabola nel mondo dell’editoria, dalla promettente gavetta in un’importante casa milanese a fianco di un noto slavista, passando per l’inspiegabile trasferimento ai piedi delle Dolomiti e le prime delusioni da mobbato nei sotterranei di un grande impresario di libri pseudoscientifici, fino agli anni gloriosi e fetenti presso il piccolo editore di provincia con grandi pretese culturali e però costretto troppo presto a confrontarsi con le difficoltà del mercato librario, tanto da sacrificare, alla prima crisi, proprio uno dei suoi uomini migliori, l’appassionato primus artifex del suo onorevole catalogo. Il quale, fra l’altro, a un certo punto aveva coinvolto anche me nel suo fervore, invitandomi a cimentarmi per la prima volta in un genere, quello della scheda di lettura, che fino a quel momento mi era estraneo.

Ma alla presentazione non sono potuto intervenire, impedito all’ultimo momento da un impegno di lavoro. Così, in mancanza di informazioni autorevoli, oltre che di un’adeguata conoscenza storica dell’editoria italiana che permetterebbe di rendere giustizia al valore di questo libro entro il suo contesto di maggior pertinenza, mi tocca ripiegare su un close reading un po’ impressionistico. Pardon.

Dirò dunque come la lettura di questo volume di oltre seicento pagine mi abbia presto distolto dal mio primo proposito, che era quello, molto banale ed egoistico, di confrontarmi con i pareri di lettura di un’auctoritas come Cesare Cases per capire se avevo lavorato bene nelle schede per Geri. E questo semplicemente perché i pareri di Cases, come i pareri di lettura in genere, non sono apprezzabili autonomamente, cioè al di fuori del contesto in cui vengono scritti. Continua a leggere su Doppiozero

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