Friedrich Christian Delius, La ballata di Ribbeck

Mimmo Mugnolo

Siamo poco dopo l’unificazione tedesca, un numeroso gruppo di gitanti venuti da quella che era stata Berlino ovest “invade” inaspettatamente le strade della cittadina di Ribbeck, inaccessibile a loro fino a poco prima, offrendo a tutti gli abitanti würstel, birra, palloncini colorati, penne a sfera e altro. Il pretesto per questa festa collettiva improvvisata è un omaggio allo scrittore Theodor Fontane il quale, un secolo esatto prima della caduta del Muro, nel 1889, aveva celebrato in una ballata la generosità sempre ammantata di discrezione di un nobile prussiano, il signore di Ribbeck, solito regalare le pere del suo giardino ai bambini del villaggio; Fontane fa chiedere in punto di morte all’uomo, il quale ben conosce i suoi eredi, di portare con sé nella tomba una pera: da essa germoglierà un albero grazie al quale i bambini continueranno a godere dei dolci frutti, a dispetto dell’avarizia dei nuovi signori di Ribbeck. La generosità del vecchio, in verità modesta, merita di essere celebrata soprattutto in virtù di quel gesto di opposizione alla grettezza degli eredi.

La generosità di quelli che intendono rendere omaggio a Fontane è in verità tutt’altro che discreta, ma che importa? C’è da bere, mangiare, ricevere doni, c’è da festeggiare la libertà e l’unità della nazione, da poco riconquistate, e così tutti, ex occidentali ed ex orientali, si uniscono alla festa. Alla fine qualcuno è brillo. L’alcol scioglie la lingua e così un anonimo abitante della cittadina incomincia a raccontare della festa, ma nelle sue parole rivivono anche il passato prossimo e quello remoto. Al modo di narrare, apparentemente disordinato, di chi ha alzato un po’ troppo il gomito, corrisponde una struttura sintattica singolare: riprendendo un’idea impiegata qualche tempo prima da un altro scrittore tedesco, Volker Braun, Delius congegna un meccanismo narrativo che fa del tutto a meno di punti fermi, sicché l’intero testo si configura come un unico periodo, la cui cifra stilistica dominante diventa l’anacoluto.

Nelle parole di chi racconta, alle grandi questioni poste dalla riunificazione del paese, si accompagnano quelle apparentemente più modeste che suscita l’inusitata vicinanza fra tedeschi orientali e occidentali. Gli anni del socialismo reale vengono passati in rassegna dal punto di vista di chi vive nella provincia profonda e non si occupa di opzioni ideali e di coperture ideologiche, ma delle ripercussioni che le concrete misure di politica agricola, industriale ed economica hanno sulle condizioni di vita dei cittadini. Anche gli anni del nazismo vengono ricordati nella stessa prospettiva, così come quelli della prima guerra mondiale e come i decenni dell’impero guglielmino e come i secoli del dominio secolare sul paese dei signorotti di Ribbeck, ora in predicato di tornare a riappropriarsi, nella persona del loro attuale discendente, della terra di cui erano stati espropriati e che avevano abbandonato, giovandosi della fatica di chi è rimasto per decenni a coltivarla e migliorarla.

Acqua passata? Si fa presto a dirlo. La convivenza dei vincitori e degli sconfitti della storia, in Germania come altrove, rende sempre attuale un testo come La ballata di Ribbeck.

Mimmo Mugnolo

Friedrich Christian Delius, La ballata di Ribbeck, ed. orig. 1991, a cura di Karin Birge Gilardoni-Büch, trad. dal tedesco di Elena Bonetto, Mimesis, Milano-Udine, 2012, 99 p.

da: L’INDICE, novembre 2012

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