Dicke Mädchen – Perspektive 5

Dicke Mädchen – Perspektive 5                                                              Matteo Galli

Parlavo ieri dei cinema all’aperto di Berlino. Su “Zitty” ne vengono segnalati non meno di dodici. Uno dei più popolari è quello che si trova all’interno del parco di Friedrichshain. Ieri sera ci sono andato, faceva un freddo boia. Maglietta, maglioncino e giubbotto jeans e malgrado questo: freddo. Ho deciso di sfidare le intemperie di questa monca estate berlinese perché mi incuriosiva il film in programma.

Intitolato Dicke Mädchen, cioè Ragazze grasse è il primo lungometraggio del trentenne regista Axel Ranisch, che ha studiato a Babelsberg, un film preceduto da una fama niente male. Innanzitutto si tratta di un film neanche definibile come low budget, ma proprio di un film no-budget, il film nel complesso è costato poco più di 500 euro, per la precisione 517,32 Euro, ed è stato girato con una Mini-DV. Ha vinto il primo premio al festival “Achtung Berlin” dello scorso aprile, il festival che presenta il meglio della produzione berlinese con larga predilezione per gli emergenti, mietendo a seguire un’importante serie di successi in festival minori. Il premio più curioso raccolto da Dicke Mädchen è il premio per la migliore sceneggiatura al festival di Lünen. Peccato che il film di sceneggiatura sia completamente privo, o meglio il regista, come ha confessato candidamente ieri sera, è partito da un brogliaccio di due pagine, come chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la drammaturgia cinematografica non può del resto non notare. Fra gli altri elementi che hanno contribuito alla fama del film: la protagonista della pellicola è Ruth Bickelhaupt, la nonna del regista, una arzilla ed agile vecchietta che a 89 anni ha debuttato al cinema e che ieri sera, scattante, è salita sul palcoscenico a salutare gli infreddoliti spettatori insieme al nipote un po’ sovrappeso e agli altri – pochi – membri del cast.

Solo un family movie? Nient’affatto, eppure sì. La vecchia madre Edeltraut è malata di Alzheimer, ad uno stadio ancora non gravissimo, ma comunque malata. Il figlio, Sven, clamorosamente sovrappeso, di mestiere bancario, vive con lei e dorme con lei. Il triangolo si completa col badante, anch’egli sovrappeso, che sostituisce il figlio nelle ore in cui lavora. Il badante si chiama Daniel, ed è sposato con un figlio, ma le cose in famiglia non vanno granché bene. Non ci crederete: ma il figlio s’innamora del badante e in qualche misura è anche ricambiato. Il film, piuttosto breve, è sostanzialmente diviso in due parti: la prima incentrata in prevalenza su Edeltraut e sugli episodi legati alla sua gaia demenza; la seconda – dopo che Edeltraut è morta nel sonno – sulla relazione fra i due uomini, le due “dicke Mädchen”. La prima parte funziona abbastanza, anche grazie alla presenza scenica della nonna, davvero bravissima. La seconda è un po’ troppo tirata per le lunghe, con alcune sequenze che tradiscono, come si diceva, la totale assenza di sceneggiatura. Il film contiene comunque scene memorabili: quella in cui Sven balla nudo sulle note del Bolero di Ravel, una gita in motoretta di madre e figlio e le mute sequenze a letto. Ma contiene anche inutili lungaggini, come un assurdo picnic al lago dei due protagonisti maschili, o una sequenza in cui Daniel viene visitato dal figlio (che nella realtà è il figlio dell’altro attore). A me ha molto ricordato, oltre all’obbligato Fassbinder evidentemente (il mélo, la malinconia dei corpi sformati, Volker Spengler faceva l’occhiolino dietro l’angolo), i primi film di Schlingensief, e pure Ciprì e Maresco, anche se forse il nume tutelare di Dicke Mädchen è Rosa von Praunheim, con cui Ranisch del resto ha studiato. E qua e là si avverte altresì un certo pauperismo alla Dresen (Halbe Treppe, Wolke 9), anche se le specifiche tecniche dei film “improvvisati” di Dresen sono decisamente più professionali. Ranisch non fa uso deliberatamente uso di luci e si vede, anzi, per meglio dire: non si vede, almeno in alcuni momenti. Da notare inoltre un uso marcatamente espressivo della colonna sonora, quasi del tutto pezzi di musica classica.

 

Quella di ieri sera è stata la prima proiezione fuori da un contesto festivaliero, dopodiché, incredibile a dirsi, il film, a partire da novembre, verrà regolarmente distribuito nei cinema. Lo stesso regista era incredulo. In Italia cose del genere non mi risulta che siano più capitate dai tempi di Io sono un autarchico di Nanni Moretti.

 

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