Grübeln

immagine via Tr3s

Tommaso Mannicchi

La colpa, ovviamente, è del Berra – che con i suoi discorsi seri e inopportuni… ma questa volta non mi ha fatto sprecare, per fortuna!, nessuna occasione. Ma tutta una mattinata di ripensamenti, di grübeln, com’è che si dice in italiano? rimuginamenti, che neanche con le fidanzate dopo che litighi. Per un’ora e fischia al telefono, lì prestino, che non erano neanche le nove, ma io non ci pensavo, che stavo lì a rimescolare nel mio torbido di pensieri che persino la notte, nel mio santo lettino, mi tormentano, sulle cose che faccio e non dovrei, sulle cose che dovrei e non faccio, e mi era venuta quella voglia improvvisa di sentire il Berra, e lui dopo vari e vari squilli non mi risponde tutto impastato, e fa anche il carino?, no, non stavo dormendo – mi crogiolavo, e poi giù tutta una telefonata fittissima, che a un certo punto ridevo pensandomelo in pigiama, in quella casa nel waste land, contornata idealmente di monti, che non ho mai visto ma mi posso immaginare, con la cornetta all’orecchio, cioè il cellulare, spettinato con i suoi riccioli neri e la barba, affacciato a una finestra a guardare il mattino, ancora senza occhiali. E parlare con il Berra è così, che ci si sente un po’ come l’io di Malina, e c’è Ivan che per lei è un’iniezione di realtà, ma bella e positiva, come dire: che io nella mia vile pigrizia non è che ci arrivo più in là di tanto, e lui sta lì a parlarti di come il nostro lavoro di compara- e germanisti non dovrebbe servire solo a costruire la tua carriera, che scrivi il tuo articolo che leggeranno in dieci, ma alla fine non cambia le cose; ecco, il Berra è uno che sogna, che è una delle sue cose più belle, che sogna di cambiare le cose. E ti parla della stanchezza che avverte in sé, intorno a sé, delle frustrazioni a tutti i livelli, di tutta la gente che ogni mattina si alza e va in un posto dove le logoreranno il sistema nervoso per un numero impressionante di ore; e solo quelli molto fortunati alla fine avranno anche uno stipendio sicuro.

E io mi accorgo di come sono alienato e narcotizzato, io che del Berra starei anche meglio, diciamo come posizione sociale (diciamo che ho uno stipendio fisso e vari benefit, tipo dei bambini e una casa mia proprio mia) (cioè al 50 per cento è dell’Ada, ma insomma sempre una casa è) (e a dire il vero per un buon 30 per cento è ancora della banca che ci ha concesso gentilmente il mutuo), e lui sta sempre lì a pensare, io fatico, fatico, e il mio guscio è stretto e non ne esco, faccio le mie cosine, vivacchio. Cambiare le cose: tipo, siamo arrivati a un certo punto a dire, cambiare i desideri, questa sarebbe una rivoluzione doverosa. Com’è che in Brasile, in India sono più dinamici? Eh, ma loro hanno di fronte lo sviluppo, noi qua in Europa siamo una roccaforte che difendiamo l’esistente, non abbiamo prospettive. Ma mica possiamo permetterci tutto il mondo di avere uno sviluppo infinito, cioè, c’è un limite abbastanza chiaro, che avremmo poi anche quasi superato; e la gente qui è insoddisfatta perché non riesce a procurarsi la seconda macchina, il terzo smartphone. E allora dovremmo lavorare prima di tutto a cambiare i desideri. Bella lì, cambiare i desideri.

Poi ti dice quelle cose pazzesche, che anche tu che in fondo ti potresti persino definire un addetto ai lavori ci resti secco: Metti la letteratura tedesca del secondo Novecento, non è che sia sto granché. E allora bon, decidiamo quali sono gli autori che vale la pena studiare per capire il presente e il futuro, che sta cambiando, il mondo sta cambiando, lasciamo perdere la pletora di pubblicazioni e autori inutili, e prendiamo quei cinque o sei, prendiamo Kleist, prendiamo Goethe, Brecht, Heiner Müller, la Wolf buonanima: cosa ci dicono per l’oggi, per il nostro domani? Anche con gli studenti, a scuola, all’università, rimettiamoci a leggerli non per metterli dentro uno schema consolatorio, ordinatino, borghese, ma per usarli come leve, come fasci di luce che illuminano problemi attuali, brucianti, anche come clave contro cose come Amici, poi il Berra c’ha sta fissa dei paradigmi, roba sociologica che ogni volta che lo sento parlare mi dico accidenti (o meglio espressioni gergali certo più pregnanti, ma inadatte al colto pubblico di questo blog), dice l’università sta cambiando, dice il mondo editoriale sta cambiando, e tu ti senti tipo il Bastiano Baldassare Bucci di Ende, che sta arrivando il Nulla a mangiarsi il tuo mondo. Ma per fortuna c’è il Berra che ti rincuora.

Tommaso Mannicchi

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