Nuovi poeti di Berlino 6: Monika Rinck

Theresia Prammer

È stato un saggio poetico a portare l’attenzione del mondo letterario non soltanto berlinese sulla qualità davvero notevole della scrittura di Monika Rinck, senza dubbio una delle figure più convincenti nel panorama della poesia tedesca contemporanea. La sua raccolta poetica d’esordio, Verzückte Distanzen (“Distanze estasiate”, 2004), fu infatti seguita nel 2006 da Ah, das Love-Ding (“La cosa-amore”), un volume saggistico che approfondisce la dimensione dell’eros e del desiderio come premessa per la costruzione di un’opera comune, esistenziale e artistica insieme. E questa specie di colloquio infinito, di salotto letterario, di trattato filosofico, o ancora di documentazione in presa diretta del corso altalenante del pensiero, probabilmente rimane a tutt’oggi il suo libro più letto e apprezzato. In realtà, sono ormai due decenni che la Rinck si sta dedicando a un impegnativo lavoro interdisciplinare, radicato nell’ambito della riflessione filosofica e della teoria della comunicazione mediatica. Un esercizio approdato quasi naturalmente all’indagine sulla parola poetica, svolta sempre in strettissima connessione con l’attività saggistica e la speculazione teorica. A conferma di questo, si può subito fare riferimento al suo accattivante e ormai pluriennale work in progress interattivo intitolato Atelier dei concetti (lo si può vedere su www.begriffsstudio.de).

I versi di questa poetessa estremamente preparata dal punto di vista letterario e culturale, sono però fortemente intrisi di cultura popolare. Nella sua poesia citazioni da Rilke o da Gottfried Benn si trovano così affiancate a riferimenti a Johnny Cash oppure al ciclismo o ad altre discipline sportive. Ma innanzitutto i suoi testi si distinguono per una tessitura timbrica finissima, quasi un ondeggiamento ritmico colto all’incrocio di diversi codici o ambiti espressivi: animali, uomini, apparizioni, riferimenti biblici, parties, colloqui culturali e teoremi mediatici. Dietro le quinte di questa totalità di voci, e poi sempre presente un “io lirico” in atteggiamento di continua attenzione e ricettività, ma anche di comprensione intellettuale e d’interpretazione. È così che le sue figurazioni prendono l’aspetto di tante piccole allegorie conoscitive. […] (da (Ricostruzioni. Nuovi poeti di Berlino, a cura di Theresia Prammer, Milano, Libri Scheiwiller, 2011, pp. 297-298).

Teich

sagt er: das leid ist ein teich.
sag ich: ja, das leid ist ein teich.
weil das leid von fischen durchschossen
in einer mulde liegt und faulig riecht.
sagt er: und die schuld ist ein teich.
sag ich: ja, die schuld auch teich.
weil die schuld in einer senke schwappt
und mir bei hochgerecktem arm bereits
zur aufgedehnten achselhöhle reicht.
sagt er: die lüge ist ein teich.
sag ich: ja die lüge ebenso teich.
weil man im sommer des nachts
am ufer der lüge picknicken kann
und immer dort etwas vergißt.

Stagno

lui dice: il dolore è uno stagno.
io dico: sì, il dolore è uno stagno.
perché il dolore crivellato dai pesci
giace in una conca e odora di marcio.
lui dice: e la colpa è uno stagno.
io dico: sì, la colpa anche lei stagno.
perché in un incavo la colpa sciaborda
e malgrado il braccio proteso
mi arriva già all’ascella ritorta.
lui dice: la menzogna è uno stagno.
io dico: sì, la menzogna stagno pure lei.
perché in estate, di notte
sulle sponde della menzogna si può fare un picnic
e qualcosa laggiù sempre si scorda.

(D. Capaldi/T. Prammer)

Verlängerungen

so sind wir dagestanden, wir, die gruppe
als die wolken endlich kamen: den kopf zurück,
die arme ausgestreckt wie äste, das herz noch
offen und gedehnt vom reden in der wärme
auf den wiesen, in den nächten, in den bergen.

in den großen ferienorten, la grande motte bei montpellier
muß man jetzt millionen läden schließen, die waben dicht
gemacht von innen für den frost, den es im süden gar nicht gibt.

himmel, diese geraden rücken, dieses warten,
wir, als gruppe haben uns ganz lang gemacht,
so lang der sommer war – haben wir auch
angst gehabt? angst nicht, vergangenheiten
hatten wir, große und erinnerungen, jeder seine,
die das heute, das, was jetzt heißt, in die enge treiben,
wo in der andren ecke schon der winter hockt.

ab jetzt hat alles konsequenzen. gehört zu uns
viel deutlicher. haben wir, hat unsre gruppe,
denn wirklich lange ausgehalten, wirklich alles
ausgemacht? ist wirklich nichts mehr übrig?
longing, sagt man anderswo und weiß es schon,
daß sehnsucht eine form der verlängerung ist.

Prolungamenti

così siamo rimasti, noi, il gruppo
quando finalmente le nuvole sono arrivate: la testa all’indietro,
le braccia stese come rami, il cuore ancora
aperto e dilatato da discorsi al caldo
sui prati, nelle notti, in montagna.

nei grandi luoghi di villeggiatura, la grande motte, vicino a montpellier
dovranno chiudere milioni di persiane, rafforzare i favi
da dentro per il gelo, che al sud nemmeno si avverte.

cielo, queste schiene così dritte, quest’attesa,
noi, come gruppo, c’eravamo allungati,
lungo quanto è stata l’estate – e siamo stati anche
angosciati? angosciati no, ma avevamo passati
alle spalle, grandi, e ricordi, ciascuno il suo,
che mettono alle strette ciò che chiamiamo oggi, adesso,
lì dove nell’altro angolo sta già in agguato l’inverno.

d’ora in poi ogni cosa avrà conseguenze. ci apparterrà
più distintamente. abbiamo noi, il nostro gruppo,
davvero resistito a lungo, davvero tutto
è stato deciso? nulla è rimasto irrisolto?
longing, dicono in altri luoghi, perché sanno
che il desiderio è una forma di prolungamento.

(D. Capaldi/T. Prammer)

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