Konstantin Ulmer, VEB Luchterhand?

vebKonstantin Ulmer

VEB Luchterhand?
Ein Verlag im deutsch-deutschen
literarischen Leben

Berlin, Ch. Links, 2016

Paola Quadrelli

Nel 1954 Hans Mayer in occasione di un discorso pubblico tenuto per il 110° giubileo della casa editrice Rütten & Loening, auspicava il rafforzarsi di un approccio sociologico agli studi letterari che tenesse conto di generi letterari sino ad allora negletti, quali la produzione giornalistica e la letteratura di consumo, e che prestasse attenzione anche al contesto in cui la singola opera viene proposta e recepita: la storia delle grandi case editrici è dunque “parte costitutiva della storia letteraria in senso lato”, asseriva Mayer, il quale constatava, del resto, come basta pronunciare il nome di certe case editrici per evocare immediatamente determinate costellazioni letterarie e storico-letterarie.

Nei decenni più recenti, l’imporsi negli studi letterari del paradigma sociologico di Pierre Bourdieu ha comportato l’intensificarsi di studi legati alla storia delle case editrici, individuate come campi di forze in cui si incontrano e scontrano interessi estetici e commerciali, in cui si riverberano le tensioni sociali e storiche in atto e in cui il lavoro di traduttori, redattori e consulenti determina il contesto e definisce gli orizzonti interpretativi all’interno dei quali la singola opera letteraria viene recepita.

In ambito tedesco, il lettore disponeva già a partire dagli anni Novanta di mappature e ricognizioni relativi alla struttura, la rete di collaboratori e i programmi editoriali delle case editrici che ad Ovest e ad Est contribuirono a definire la storia letteraria del dopoguerra, da Suhrkamp a Rowohlt, da Fischer a Kiepenheuer e Hanser sino alle tedesco-orientali Aufbau e Volk und Welt. La casa editrice Luchterhand, che promosse la diffusione della letteratura tedesco-orientale nella Germania federale e favorì come poche altre case editrici il dialogo culturale tra le due Germanie non aveva ottenuto sinora un’attenzione adeguata da parte degli studiosi. Va dunque a colmare una evidente lacuna la recentissima monografia di Konstantin Ulmer, VEB Luchterhand? Ein Verlag im deutsch-deutschen literarischen Leben (Ch. Links, Berlin 2016, pp. 488), che si segnala per la stupefacente messe di informazioni, il rigore scientifico congiunto a un’esposizione chiara e appassionante, l’intelligente capacità di sintesi e l’originalità delle analisi.

Ulmer ripercorre le vicende della Luchterhand dalla fondazione nel 1924 sino alla vendita nel 1987 al gruppo olandese Kluwer e tramite l’analisi di “Fallbeispiele”, di casi esemplari, approfondisce il ruolo di mediazione svolto dalla casa editrice nei confronti della letteratura pubblicata nell’“altra” Germania. Analisi letteraria e contesto politico, dati economici e recensioni delle pagine culturali, lettere private e dibattiti pubblici, relazioni di spie della Stasi e interviste con testimoni dell’epoca si intrecciano nella trattazione di Ulmer e vanno a comporre un quadro originale e straordinariamente vivido dei rapporti culturali inter-tedeschi tra gli anni Sessanta-Ottanta del Novecento.

Gli esordi della Luchterhand, che dalla fine degli anni Cinquanta si sarebbe imposta sulla scena culturale tedesca come una casa editrice con una vocazione letteraria di carattere sperimentale e un profilo politico progressista, furono curiosamente contrassegnati dalla pubblicazione di testi fiscali e giuridici. Per i primi trent’anni di attività la casa editrice, fondata a Berlino da Hermann Luchterhand nel 1924, pubblicò infatti solamente tabelle per la rendicontazione fiscale, modulistica per gli uffici, manuali giuridici e codici legali. Nel 1953 Eduard Reifferscheid, che dal 1936, dopo il ritiro di Hermann Luchterhand a vita privata, era divenuto il proprietario di maggioranza, decise di aprire a Berlino una sezione letteraria, poi trasferita nel 1972 a Darmstadt (la sezione giuridica rimase nella filiale di Neuwied, già inaugurata nel 1948). Nel 1958 sarebbe seguita la fondazione di una sezione di studi sociologici, in cui sotto il lettorato del marxista Frank Benseler sarebbero usciti testi di filosofi del marxismo critico, come Lukács o Lucien Goldmann, e di pensatori vicini alla Scuola di Francoforte, quali Jürgen Habermas e Leo Löwenthal.

Sezione letteraria e sezione giuridica avrebbero convissuto nei successivi decenni non senza tensioni; alla linea politica di sinistra, seguita dalla sezione letteraria, si contrapponeva infatti l’atteggiamento più conservatore dei redattori e del pubblico della sezione giuridica. Si tratta di una contrapposizione esemplificata da un aneddoto ricordato da Ulmer: nel 1966 alcuni abbonati alle pubblicazioni giuridiche decisero di disdire l’abbonamento, indignati di fronte alla pubblicazione nella rivista “Luchterhand Loseblatt Lyrik” di una poesia di Grass dal contenuto osceno. D’altro canto le due sezioni si equilibravano sotto altri aspetti; la sezione giuridica compensava le perdite economiche di quella letteraria e forniva gli utili necessari alle pubblicazioni di romanzi e poesie, mentre la sezione letteraria procurava alla casa editrice prestigio e notorietà.

Per lanciare l’attività della sezione di “bellettristica” Reifferscheid si rivolse ad Alfred Andersch, all’epoca una delle personalità più influenti della scena culturale tedesco-federale, proponendogli di curare presso Luchterhand una rivista letteraria. La pubblicazione della rivista “Texte und Zeichen” – ne uscirono sedici numeri tra il 1955 e il 1957 che si contraddistinse per il profilo sperimentale, per la forte presenza di giovani talenti (tra cui Hans Magnus Enzensberger e Martin Walser) nonché per un’apertura internazionale inusuale per l’epoca rappresentò, nonostante l’insuccesso finanziario, peraltro preventivamente messo in conto da Reifferscheid, un’operazione pubblicitaria assai riuscita che valse alla casa editrice notorietà e prestigio nell’ambiente letterario e permise all’editore di acquisire una rete di contatti utili al futuro consolidamento del programma editoriale. Fu proprio grazie ad Alfred Andersch che Peter R. Frank, editor della sezione letteraria, poté partecipare agli incontri del Gruppo 47, dove ebbe modo di conoscere, tra gli altri, Günter Grass, futuro autore di spicco della casa editrice: lo straordinario successo della Blechtrommel, pubblicato da Luchterhand nel 1959, contribuì peraltro in maniera decisiva all’affermazione della casa editrice a livello internazionale.

Dalla disamina di Ulmer si evince come l’interesse della Luchterhand per la letteratura dell’“altra” Germania nacque anzitutto da motivazioni spirituali e culturali; sia Reifferscheid che il successivo direttore della sezione letteraria Hans Altenhein (1974-1987), oltre che molti autori della casa editrice, da Grass a Peter Härtling, erano infatti fedeli all’ideale della Germania come Kulturnation, e promuovevano pertanto un’attività di dialogo e mediazione in favore degli autori tedesco-orientali.

Un primo, coraggioso gesto di apertura nei confronti della letteratura della DDR risale al 1962 quando la decisione, assunta da Luchterhand a ridosso della costruzione del muro di Berlino, di pubblicare Das siebte Kreuz (Aufbau, Berlino Est 1946) di Anna Seghers, all’epoca Presidente dell’Unione degli scrittori della DDR, suscitò un vasto e animato dibattito pubblico che Ulmer ricostruisce con la consueta acribia definendolo una “pietra miliare nella storia degli scambi letterari inter-tedeschi”. La decisione di Luchterhand risultava tanto più clamorosa se si considera che dopo il 1949, ovvero dopo la fondazione dei due Stati tedeschi, l’opera della Seghers era stata sostanzialmente messa all’indice nella BRD, dove l’autrice, al di là dei suoi meriti come antifascista e autrice di importanti romanzi negli anni d’esilio, era ritenuta un’ossequente funzionaria di Partito e una fedele seguace del realismo socialista.

Lo staff editoriale di Luchterhand, di cui facevano parte lettori quali Franz Schonauer, Peter R. Frank, Elisabeth Borchers e Klaus R. Roehler, svolse negli anni Sessanta un attento lavoro di scouting, contribuendo alla scoperta di giovani autori invisi all’establishment politico di Berlino Est ed esercitando una sorta di pressione nei confronti delle autorità tedesco-orientali affinché rilasciassero la necessaria “Druckgenehmigung”, ovvero l’autorizzazione alla stampa. Fu proprio l’interesse manifestato da Luchterhand per il romanzo picaresco di Manfred Bieler, Der Matrose in der Flasche (1963) a indurre l’editore Aufbau e le autorità tedesco-orientali a concedere il permesso di pubblicazione al romanzo di Bieler, per il resto giudicato come formalistico e portatore di una visuale soggettiva e anarchica. La ricezione del romanzo, che fu pubblicato contemporaneamente da Aufbau a Est e da Luchterhand a Ovest in un processo di “co-pubblicazione”, fu peraltro boicottata nella DDR; lo scarso successo di pubblico e le modeste vendite del libro impedirono un’ulteriore collaborazione di Bieler con la Luchterhand, mentre le vessazioni e i divieti cui Bieler fu sottoposto in patria costrinsero l’autore a emigrare nella BRD nel 1968.

La specifica attenzione rivolta alla lirica da parte di Elisabeth Borchers, che alla professione di editor affiancava un’importante attività come poetessa, nonché il crescente prestigio della lirica tedesco-orientale, in particolare di quegli autori poi raccolti sotto la dicitura di “Sächsische Schule”, quali Rainer Kirsch, Sarah Kirsch, Volker Braun, Bernd Jentzsch, furono determinanti nella decisione di pubblicare il primo volume di liriche di Helga M. Novak, Ballade von der reisenden Anna (1965), già edito pochi anni prima dall’autrice in Islanda con il titolo Ostdeutsch. I toni fortemente critici nei confronti della società della DDR espressi nelle liriche della Novak, in cui la poetessa condanna la militarizzazione dell’educazione, le ristrettezze economiche, la burocratizzazione della società e persino il perfido sistema di delazione e di spionaggio messo in piedi dal governo della DDR, testimoniavano un atteggiamento di dissenso da parte dell’autrice sfociato nel decreto di espatrio del 1966 con cui le autorità della DDR, dieci anni prima dell’espulsione di Wolf Biermann, privavano la Novak della cittadinanza tedesco-orientale. Konstantin Ulmer mostra, documenti della Stasi alla mano, come la pubblicazione delle poesie di Helga M. Novak, che avrebbe pubblicato peraltro molti volumi con la Luchterhand anche negli anni successivi, costituì un motivo di frizione tra la casa editrice e le autorità editoriali della DDR (nello specifico la “Hauptverwaltung Verlage und Buchhandel”, organo posto sotto il diretto controllo del Ministero della Cultura).

Il sarcastico e velenoso soprannome coniato da Bernd Jentzsch a proposito della Luchterhand, “VEB Luchterhand”1, e citato da Ulmer nel titolo della sua monografia seguito da un opportuno punto di domanda, si rivela dunque riduttivo e ingiusto qualora si consideri l’ampia presenza nel catalogo della casa editrice di autori invisi alle autorità politiche della DDR, da Lukács a Grass, alla Novak, appunto, sino al dissidente sovietico per antonomasia, ovvero Solženicyn, le traduzioni delle cui opere entrarono nel catalogo della casa editrice nel 1971 grazie a Otto F. Walter, libraio ed editore svizzero approdato a Luchterhand nel 1967 con la carica di coeditore.

La sfaccettata disamina di Ulmer mostra, però, come il rapporto di dipendenza politico-letteraria ed economica dalla DDR che contrassegnò una casa editrice come Luchterhand, depositaria dei diritti di pubblicazione a Ovest di autori quali Christa Wolf ed Hermann Kant, finì per condizionarne le scelte e per condurre anche a casi di censura preventiva. Così, il progetto di un’antologia di poesie di Biermann naufragò per l’opposizione delle autorità tedesco-orientali, mentre Versuchte Nähe, il volume di racconti di Hans-Joachim Schädlich, scrittore fortemente critico nei confronti del regime di Berlino Est, fu rifiutato da Luchterhand per il timore di ritorsioni e ripercussioni negative da parte delle autorità della DDR, nonostante l’energico sostegno di Günter Grass, che aveva conosciuto Schädlich negli incontri del cosiddetto “Gruppo 74”, incontri informali a cadenza irregolare che si tenevano in case private di Berlino Est e che vedevano coinvolti scrittori della Bundesrepublik e della DDR.

Ulmer evidenzia come lo scambio letterario tra Est e Ovest fu condizionato in misura decisiva proprio dai rapporti privati interpersonali; al di là di procedure burocratiche ed amministrative e di protocolli codificati, furono amicizie personali, incontri informali, frequentazioni private e interessi e passioni letterarie dei singoli editor a determinare la pubblicazione di un libro. In alcuni casi il legame di stima e amicizia personale istituitosi tra editor e scrittore era tale da superare il rapporto di lealtà con la casa editrice; così, autori come Jurek e Becker e Franz Fühmann seguirono Elisabeth Borchers, quando quest’ultima si trasferì da Suhrkamp – il grande concorrente di Luchterhand nell’acquisizione di autori della DDR – e la decisione da parte di Luchterhand di mantenere la costosa dépendance di Berlino Ovest era motivata proprio dalla necessità per Ingrid Krüger, che era succeduta alla Borchers nel 1972, di frequentare l’ambiente letterario di Berlino Est.

All’impegno della Krüger si deve il rilancio del programma editoriale relativo alla letteratura della DDR nella seconda metà degli anni Settanta, che si concretizzò specificamente nella pubblicazione di testi della Frauenliteratur, un filone specifico della prosa tedesco-orientale di quegli anni in cui le istanze femministe di emancipazione si intersecavano al dissenso politico e all’insofferenza per la moderna società burocratizzata. Dopo aver proposto al pubblico tedesco-occidentale Karen W. di Gerti Tetzner e il romanzo fantastico di Irmtraud Morgner Leben und Abenteuer der Trobadora Beatriz, Ingrid Krüger acquisì ancora prima della pubblicazione a Est i diritti di Guten Morgen, du Schöne di Maxie Wander. Il volume, in cui l’autrice riportava in presa diretta testimonianze personali di donne della DDR di diversa età ed estrazione sociale e professionale, e che Luchterhand pubblicò in licenza nel 1978, sarebbe diventato un best seller e, in assoluto, uno dei titoli di maggiore successo della casa editrice.

L’analisi comparata intentata da Ulmer della edizione orientale e di quella occidentale del libro di Maxie Wander, con le sue soppressioni e modifiche, mostra come la pubblicazione di un libro – i tagli, la scelta dei titoli dei singoli capitoli e dei paratesti – costituisca un’operazione culturale complessa che incide in maniera duratura sulla ricezione di un libro, modificandone l’orizzonte interpretativo (che, nel caso della edizione occidentale, era la sottolineatura del carattere documentario del libro e la focalizzazione sulla realtà attuale della DDR).2

Ancor più significative ed emblematiche del diverso contesto letterario e politico vigente nei due Stati sono le divergenze tra l’edizione originale e quella in licenza di due libri, usciti nei primi anni Ottanta, di Hermann Kant e Christa Wolf, entrambi autori storici della Luchterhand dall’inizio degli anni Settanta.

La modifica del titolo della raccolta di saggi di Kant, che nell’originale si intitolava Zu den Unterlagen. Publizistik 1957-1980, e che Luchterhand propose con il titolo Unterlagen zur Literatur und Politik (1982) cercava, tramite l’accostamento di “Literatur” e “Politik”, di armonizzare la duplice nomea di cui Kant godeva a Ovest come apprezzato autore di romanzi e al contempo intransigente funzionario di Partito. Il volume Luchterhand, il cui numero di pagine era di due terzi inferiore rispetto all’originale, presentava un Kant in versione “light”, come annota ironicamente Ulmer, avendo espunto gli interventi più marcatamente polemici degli anni Cinquanta e i controversi discorsi su letteratura e lotta di classe del Kant militante.

Più note sono le vicende editoriali delle lezioni francofortesi di Christa Wolf, uscite contemporaneamente nel 1983 da Aufbau e da Luchterhand; a Ovest la terza lezione apparve nella versione originale, ovvero corredata di quelle righe, censurate nella edizione Aufbau, in cui la Wolf, condannando la politica degli armamenti perseguita sia dai Paesi della NATO che da quelli del Patto di Varsavia, istituiva una indebita equiparazione tra i due blocchi e anteponeva le aspirazioni pacifiste al necessario schieramento partitico.

All’impegno personale di Ingrid Krüger si deve anche il successo dei primi romanzi di Christoph Hein nella Germania Ovest; nel caso di Horns Ende, la pubblicazione presso Luchterhand (1985) precedette addirittura la pubblicazione presso Aufbau, ritardata a causa del veto posto dall’ideologo di Partito, Kurt Hager, che contestava al romanzo una ricostruzione storica non corrispondente ai miti fondatori della DDR dominanti nella storiografia ufficiale. Il romanzo di Hein, che dipingeva gli abitanti di una cittadina della DDR negli anni Cinquanta come meschini piccolo-borghesi, rinchiusi in un guscio di solitudine, delazione e carrierismo, insinuava una sorta di continuità con il precedente dodicennio nazista e infrangeva dunque clamorosamente l’immagine trionfale dell’uomo nuovo socialista contraddicendo implicitamente la storiografia ufficiale, secondo la quale il 1945 e l’instaurazione del socialismo in terra tedesca avrebbero rappresentato una sorta di “ora zero” per la società tedesca. Il successo di pubblico e l’eco suscitato dal romanzo nella stampa occidentale costrinsero infine l’editore orientale alla distribuzione del romanzo. Il cedimento di Hager nonché la precedente pubblicazione di Der fremde Freund (edito da Luchterhand nel 1983 con il titolo Drachenblut), che aveva ottenuto il permesso di pubblicazione nonostante le tonalità nettamente nichilistiche, testimoniano peraltro quell’allentamento della censura negli anni della perestrojka sintomatico dell’imminente tracollo generale. Indicativa della glasnost in atto fu la pubblicazione nel 1984 presso Volk und Welt di due romanzi di Günter Grass, fino a quel momento inedito nella DDR e avversato dalle autorità di Berlino Est sia per le sua militanza nella SPD e le sue opinioni politiche, sia per le caratteristiche formali e contenutistiche dei suoi romanzi.

La collaborazione di Luchterhand con le case editrici orientali non si limitò infatti alla copubblicazione o all’acquisto delle licenze di autori della DDR, ma si concretizzò anche nella vendita dei diritti di pubblicazione relativi ai propri autori. Se la pubblicazione in Germania Est di opere di autori quali Günter Herburger, aderente al Partito comunista tedesco, o di Michael Scharang, membro del Partito Comunista austriaco, appaiono motivate da evidenti criteri di affiliazione politica, più complesse sono le circostanze – ricostruite da Ulmer in appositi capitoli – che condussero i funzionari culturali di Berlino Est a rilasciare a case editrici tedesco-orientali il permesso di pubblicazione per Eine Frau (1976) di Peter Härtling o del volume di liriche Augenspiel di Ernst Jandl (1981), entrato nella scuderia della Luchterhand con Otto Walter assieme ad altri poeti sperimentali quali Helmut Heißenbüttel e H.C. Artmann.

A interrompere il dialogo intertedesco intessuto da Luchterhand sopraggiunse, prima ancora della caduta del muro, la vendita della casa editrice al gruppo editoriale olandese Kluwer, decisa e attuata nel 1987 dal proprietario di maggioranza, l’ormai novantenne Eduard Reifferscheid. A nulla valsero le proteste degli autori, preoccupati per la cessione a una casa editrice quale Kluwer specializzata in testi giuridici ma poco o per nulla interessata alla sezione letteraria; gli scrittori che facevano parte del Beirat, il comitato attorno a cui si era strutturata la casa editrice negli anni Settanta, videro inoltre calpestate le prerogative di cogestione loro garantite dallo statuto originario, che si rivelarono di fatto cancellate da una revisione del contratto del 1984 di cui era a conoscenza solo la direzione della casa editrice.

Dalla lettura degli articoli di giornale dedicati alla vendita della Luchterhand emerge con chiarezza come i commentatori identificassero il tramonto di Luchterhand con la fine di una stagione culturale e merito marginale ma non irrilevante della eccellente monografia di Ulmer è ricordarci che è esistita un’epoca, cronologicamente vicina ma culturalmente ormai lontana, in cui gli scrittori svolgevano una funzione pubblica e gli editori concepivano il proprio lavoro come un contributo alla formazione della coscienza civile della nazione.

Paola Quadrelli

1 VEB è l’acronimo di Volkseigener Betrieb, azienda di proprietà del popolo, ed è la sigla che definiva le aziende statalizzate della DDR.

2 Nell’edizione in licenza fu soppresso, ad esempio, il lungo capitolo dedicato da Maxie Wander a una donna 92enne; la pubblicazione di un capitolo focalizzato contenutisticamente e cronologicamente sul periodo anteriore al 1945 avrebbe contraddetto infatti la natura propriamente “DDR” del libro, così come essa veniva sottolineata nel risvolto di copertina dell’edizione Luchterhand.

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