DDR trent’anni dopo: la ricerca della stabilità di un popolo nel suo passato, presente e futuro attraverso le opere di Tellkamp, Zeh e Urban

Muro-di-Berlino-trenta-anni-dopo

Simone Caforio

Il 2019 è l’anno in cui si celebra l’anniversario dei trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino avvenuta nella notte del 9 novembre 1989. Durante questi trent’anni numerosi sono gli autori, che si sono cimentati nella narrazione di eventi che, in un modo o nell’altro, fossero legati al non più esistente Stato costituito dalla DDR. In Ein weites Feld (1995) Günter Grass è riuscito a riprodurre l’atmosfera di una passeggiata verso la porta di Brandeburgo di due personaggi, Fonty e Hoftaller, allegorie dei due stati tedeschi ormai riunificati. E ancora, solo per fare qualche esempio, Der geteilte Himmel (1963) di Christa Wolf, Simple Storys. Ein Roman aus der ostdeutschen Provinz (1998), una raccolta di racconti di Ingo Schulze, così come Helden Wie Wir (1995) di Thomas Brussig, un romanzo incentrato sulla vita di un ragazzo, Klaus, sulla sua giovinezza e sulla sua formazione fino alla fatidica notte della caduta del muro.

Così come tre sono i decenni ormai trascorsi dalla notte della Wende, tre sono i romanzi, che vengono presi in analisi in quest’articolo, per descrivere l’esperienza della DDR in tre diversi lassi temporali: il passato, il presente e il futuro. Continue reading

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Call for Papers: Forms, History, Narrations, Big Data: Morphology and Historical Seqeuence. Torino, 21-22 novembre 2019

Pubblichiamo di seguito la Call for Papers del Convegno Forms, History, Narrations, Big Data: Morphology and Historical Seqeuence, organizzato dal Centro Studi Arti della Modernità, che si svolgerà a Torino il 21 e il 22 novembre 2019.

INTERNATIONAL CONFERENCE

FORMS, HISTORY, NARRATIONS, BIG DATA:
MORPHOLOGY AND HISTORICAL SEQUENCE

FORME, STORIA, NARRAZIONI, BIG DATA:
MORFOLOGIA E DIACRONIA

Centro Studi “Arti della Modernità”

November 21-22, 2019 – Torino (Italy)

CALL FOR PAPERS

PDF VERSION: CSAM – Morphology and Historical Sequence – CFP

Historical explanation, explanation seen as a linear hypothesis, is just one way of gathering data – their schema. One can equally well consider data in their reciprocal relation and summarize them in a general image regardless of the form of a chronological development. Wittgenstein’s remarks on Sir James Frazer’s The Golden Bough, echoes similar stances coming from different fields of enquiry, such as Propp’s Morphology of the Folktale (1928) and André Jolles’ Einfache Formen (1930). They open up an on-going critical debate about how to study historical phenomena.  Continue reading

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Ladri di identità. Il nuovo libro di Alessandro Costazza sulla letteratura tedesca della Shoah

Attorno alla Giornata della memoria 2019 esce il corposo volume monografico di Alessandro Costazza sui Ladri di identità, dedicato al delicato e complesso rapporto tra la finzionalità della testimonianza e la testimonialità della finzione letteraria e centrato su quattro esempi paradigmatici della letteratura tedesca contemporanea. “il quadrifoglio tedesco” si arricchisce così di un ulteriore contributo alla riflessione su identità, testimonianza e memoria, filo rosso di molti dei volumi pubblicati a partire dall’esordio della collana con Mia sorella Antigone di Grete Weil.

QT38_Costazza_copertinaLe opere prese in considerazione sono in due casi testimonianze – vere o false – della Shoah, e in altri tre casi romanzi, vale a dire finzioni dichiarate sulla Shoah. Quattro di queste opere furono al centro di veri e propri scandali letterari, che fecero molto scalpore e occuparono a lungo le pagine culturali dei giornali e la critica internazionale. Il filo rosso che unisce queste opere è rappresentato dal furto d’identità e quindi dalla falsa testimonianza: in due casi l’argomento è oggetto della rappresentazione letteraria (La tela, di Benjamin Stein e Il nazista e il barbiere, di Edgar Hilsenrath), mentre in altre due occasioni è l’autore stesso a essersi appropriato attraverso la scrittura di un’identità non sua (Frantumi, di Binjamin Wilkomirski e La tana di fango, di Wolfgang Koeppen).

L’immagine di copertina obbedisce ironicamente al titolo del celebre quadro di René Magritte Riproduzione vietata (1937) e lo adatta alle riflessioni del volume. L’immagine mostra, scrive l’autore nella PremessaContinue reading

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Un companion italiano su Durs Grünbein

Esce ne “il quadrifoglio tedesco” la prima raccolta di studi in lingua italiana su Durs Grünbein, nato a Dresda nel 1962 e voce più nota della poesia tedesca contemporanea. Ad aprire il volume, curato da Daniele Vecchiato, è la Ouverture a posteriori, un testo dello stesso Grünbein qui per la prima volta versato in italiano.

I sQT39_Vecchiato_copertinaaggi di Anna Maria Carpi, Anne Fuchs, Matteo Galli, Joanna Jabłkowska, Fabian Lampart, Albert Meier, Ernst Osterkamp, Italo Testa, Amelia Valtolina, Michele Vangi e Daniele Vecchiato offrono attraverso percorsi di lettura tematici e per opere una panoramica sulla poesia e la saggistica di Grünbein, esplorando i nuclei essenziali della sua produzione: il corpo, la storia, la memoria, il dialogo con la filosofia e le arti. Al contempo, i nuovi contributi ampliano l’orizzonte su territori critici nuovi e su testi più recenti. Il volume si chiude con una sezione dedicata alle poesie “italiane” di Grünbein, alla sua ricezione nel nostro paese e al suo rapporto con la tradizione letteraria italiana.

Leggiamo dalle osservazioni conclusive di Anna Maria Carpi, che ci regala una nuova traduzione

Così pensavo di tanto in tanto stendendo questa mia riflessione di traduttrice, cui devo ora invece aggiungere, ancora non formulabili, il mio stupore e il mio plauso per la raccolta Zündkerzen (“Candele di accensione”, 2017) che contiene qualche testo già noto ma moltissimi nuovi: certo, è sempre più prosa che poesia, se poesia volesse dire canto, ma è uno squarcio grandioso sul mondo, aggiornato sul nostro ultimo oggi. Leggiamo per esempio il testo d’apertura, intitolato Aus einem Buch der Schwächen (“Da un libro delle debolezze”)

Agenda gigantesca questa vita –
ben diversa all’arrivo, poi così.
Se chiudiamo gli occhi ci vediamo
su un ascensore: conta gli anni come
i piani della casa. In mezzo smonta
qualcuno e va per l’andito al suo doppio.
Per metà inciampa e bussa a porte sbagliate
perché fuori c’era dipinto un cuore. E poi –
questo crollare dalla stanchezza, che fa così bene.
Ora di giorno in giorno cade un petalo
dal folle mazzo che ancor ieri enorme
quasi faceva esplodere il suo vaso.
Ortensia blu anemone selvaggio tulipano nero –
e come suona d’improvvisazione:
studi per un pianoforte-giocattolo – un verso senz’aggrappo.
Senz’aggrappo vuol dire: moriamo e non si nota
e a un tratto ci rallegra
di vivere come fossimo immortali,
intanto ad arginarci è la scrittura e ogni
parola singola è centrale. Su, mettiti,
scrivi il libro delle tue quotidiane debolezze.

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Simon Urban, Piano D

Simone Caforio

Simon Urban è un germanista e copywriter che nel 2011 concepisce il suo romanzo d’esordio Piano D. Si tratta di un romanzo pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Schöffling & Co. che ha dovuto aspettare sei anni per vedere l’uscita della sua traduzione italiana a cura di Keller Editore del 2017.

Piano D è un thriller, che scorre lungo i binari di un’indagine della polizia impegnata in un caso di omicidio. Il cadavere di un uomo è stato rinvenuto impiccato ad un gasdotto nella periferia di Berlino a poche settimane da importanti consultazioni politiche, durante le quali si discuterà del futuro energetico della Germania. Tutto sommato si presenta come un classico giallo con tanto di omicidio, che fa subito pensare a implicazioni politiche. Piano D si limiterebbe a questo, se il futuro delle risorse energetiche non si riferisse al futuro dell’attuale Germania, bensì ad una Germania ancora divisa dal muro, dove l’omicidio riporta i segni dei servizi segreti della Stasi, stringhe legate fra loro e otto nodi sul cappio. Continue reading

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Juli Zeh, Turbine

Juli Zeh,

Simone Caforio

Turbine di Juli Zeh narra le vicende degli abitanti di Unterleuten, nome simbolico di un fittizio paese di campagna, poco distante da Berlino. Juli Zeh è la figlia dell’ex direttore del Bundestag Wolfgang Zeh e, nonostante questo suo forte background politico alle spalle, riesce a creare l’atmosfera di un paese che rifugge completamente la politica. Il distretto di Berlino sembra non occuparsi di Unterleuten, così come i cittadini di Unterleuten non si interessano minimamente alle decisioni prese in città.

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Bertold Brecht, Il romanzo dei tui

Brecht- romanzo dei tui Salvatore Spampinato

Il romanzo dei tui, al quale Brecht lavorò tra il 1931 e il 1942, colma un vuoto importante nella produzione di un autore di cui in Italia è stato pubblicato quasi tutto. È un testo singolare, incompiuto e frammentario, del quale la bella introduzione di Marco Federici Solari restituisce la complessità stilistica, ideologica e filologica; un vero e proprio insieme di Versuche che ci proietta nella fucina dello scrittore tedesco e ce ne mostra gli attrezzi finissimi, le intemperanze, l’abrasivo umorismo.

Il tui, abbreviazione di «Tellekt-uell-in», è «l’intellettuale nell’epoca delle merci», emblema di una società capovolta che pone l’astratto spirito a base di ogni cosa, fino a trasformarlo in una seconda realtà che occulta i materiali rapporti produttivi di oppressione. L’umanesimo del tui, un «pensiero inefficace» fatto di generici «valori», è complementare alla «democrazia formale» delle moderne società liberali fondate sul diritto di stampo illuminista, come la Repubblica di Weimar. Ad accomunarli è l’idea, già derisa da Marx nella Questione ebraica, che il conflitto politico sia un conflitto tra visioni del mondo, svincolato dagli interessi privati. Dunque i tui «al momento pratico non sono altro che degli avvocati». Ma la pretesa di interpretare la società e la Storia a partire da istanze extrasociali ed extrastoriche si rivela estremamente pericolosa, al punto da condurre all’autosoppressione della democrazia. Anche Hitler è infatti un tui, «ma è un tui depravato»: mentre i tui istituzionali lo irridono per i suoi errori grammaticali, lui si muove da campione tra i discorsi, gioca con le frasi come si fa con un pallone, disputando «una partita di calcio straordinaria».

L’altra parola presente nel titolo oltre a tui è «romanzo». Ma il romanzo di cosa? Il protagonista qui non è più un individuo, ma la Storia, e la Storia vuole essere giudicata con estrema distanza. Per questo Brecht opera su questa materia per lui pure così calda (si pensi alla repressione della rivolta spartachista) una doppia operazione di straniamento.

Da un lato, tutta la vicenda è straniata attraverso la sua collocazione in una atemporale «Cima», impero di burocrati e funzionari, per cui tutti i nomi sono per così dire tradotti in «cimese»: abbiamo un Jü (Guglielmo II), un Ka-meh (Marx) e un Gogher Gogh (Hitler), tanto per citare i più noti. D’altro lato, rifiutato il modello del romanzo ottocentesco, la narrazione è spezzata attraverso il montaggio di capitoli quanto mai eterogenei in cui si recuperano le forme letterarie più svariate: così, oltre alla centrale Storia della repubblica dei tui, sono presenti una raccolta di versi, dei trattati, una serie di Storie di tui, barzellette, parabole, riflessioni. Data anche l’incompiutezza dell’opera, sembra di leggere un manoscritto dissepolto dalle profondità di un passato che ancora chiede risposta, proiettando il nostro presente nel suo orizzonte.

Brecht è quanto mai inattuale dopo che il tramonto delle ideologie è diventato l’unica ideologia accettabile. Ma forse proprio in questa inattualità risiede, oggi, la sua vera forza. Al di là della satira del tui radical chic, ogni pagina di questo libro mostra come tuismo e fascismo facciano parte dello stesso processo dialettico, siano due bocche dello stesso mostro. Ad essere paragonato a Denke, il contadino-killer che fabbricava utensili con i cadaveri delle sue vittime, non è Hitler, ma la classe dirigente della Germania degli anni ’10; a difendere «con l’artiglieria» la libertà d’espressione delle élite contro le manifestazioni operaie non sono i nazisti, ma i socialdemocratici. E allora, lette in maniera diversa, certe pagine del Romanzo dei tui porterebbero forse a diverse e più insidiose analogie: «Sostenevano che l’umanità si sarebbe ribellata all’ingiustizia non appena si fosse smesso di discorrere sulla giustizia. Ma in realtà di giustizia si era continuato a parlare. Solo, erano stati inventati nuovi discorsi per accompagnare le ingiustizie di sempre». L’ombra di Denke incombe ancora sulle nostre magnifiche sorti e progressive.

Bertolt Brecht, Il romanzo dei tui, trad. it. di M. Federici Solari, L’orma, Roma 2016. Questa recensione è uscita sul numero 76 di Allegoria.

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La letteratura tradotta in Italia

Walter Nardon

Nell’ambito degli studi letterari, lo sviluppo di un’impresa che si propone di mettere a punto uno strumento istituzionale, destinato a tutti, può suscitare una certa partecipazione emotiva, tanto più che questi fenomeni nella maggior parte dei casi avvengono in modo quasi impercettibile. Ciò che si prova davanti a un progetto come questo, infatti, è dovuto sia alla fiducia nel futuro degli studi che l’impresa esprime – fatto già di per sé non scontato –, sia alla dedizione degli attori in gioco, che come quasi sempre accade nell’attività di ricerca devono lavorare con silenziosa assiduità prima di poter conseguire e pubblicare i risultati di un progetto destinato a dare frutto soprattutto nel lungo periodo.

Se vi interessa lo studio della letteratura, andate a dare un’occhiata a questo sito: www.ltit.it il portale LTit – Letteratura tradotta in Italia. Si tratta di una banca dati digitale, ancora in via di sistemazione, dedicata alla letteratura tradotta in Italia nel Novecento, che mette in rapporto le opere originali con le varie traduzioni uscite nel corso di questo secolo. Per essere più chiari, se vi interessa capire che cosa ne sia stato nel nostro paese del Faust di Goethe o del racconto A Painful Case dai Dubliners di Joyce, nel portale potete trovare le date e le sedi di pubblicazione delle varie traduzioni, i nomi dei traduttori, le edizioni in volume, come pure sintetici profili sull’attività dei traduttori e mediatori culturali. Naturalmente, il portale non mette a disposizione i testi (va tenuto conto che molte traduzioni, opportunamente riviste, sono ancora in commercio) ma non è difficile orientarsi: alcuni possono addirittura essere reperiti con grande agio e legalmente in rete, ad esempio sul portale LiberLiber del Progetto Manuzio, dove potrete consultare un’edizione della traduzione del Faust del 1960. Come detto, il lavoro è in corso d’opera: per la letteratura tedesca arriva fino al 1950, mentre per le altre letterature i dati sono in via di inserimento. Continua a leggere su iuncturae

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Cesare Cases, «The whole man». Ritratto di Lichtenberg

Michele Sisto

Illuminista tra i più avvertiti delle potenziali involuzioni dialettiche dell’illuminismo, Lichtenberg è uno degli autori frequentati da Cesare Cases fin da ragazzo, quando pensa di tradurne i saggi sulla fisiognomica. È quasi certamente su suo consiglio che nel 1966 l’Einaudi pubblica Osservazioni e pensieri, una selezione curata da Nello Sàito dei Sudelbücher. E quando nel ’68 è finalmente chiamato come professore ordinario di letteratura tedesca, a Pavia, sceglie di dedicare la sua prolusione a questo cattedratico assai poco accademico, scienziato e polemista, pioniere delle ricerche sull’elettricità e redattore di vendutissimi e battaglieri almanacchi. Seguono poi la recensione, bonariamente severa, al volume di Anacleto Verrecchia L’eretico dello spirito tedesco (1970, su «Belfagor»), e gli studi La devozione mattutina di Amintore (1972) e Goethe e Lichtenberg, ovvero massima e aforisma (1986). Ora Giulia Cantarutti cura la ristampa della prolusione pavese e la traduzione – con testo a fronte – della cosiddetta «piccola fisiognomica», uno dei tre testi in cui, nel corso del 1778, Lichtenberg polemizza contro le teorie di Lavater: due libretti che si leggono in un sol fiato.

«The whole man must move together» era il motto dello «Spectator», annotato più volte da Lichtenberg nei Sudelbücher e fondamentale per tutta la linea illuministica più cara a Cases, che va da Lessing e Goethe a Hebel e Seume, fino a includere i «fari» novecenteschi Kraus e Brecht. Proprio una citazione goethiana, riportata da Cases in apertura, ne rivela il senso profondo: «Tutto ciò che l’uomo imprende a compiere, sia prodotto mediante l’azione o la parola o altro, deve scaturire da tutte le forze riunite; ogni elemento isolato è da respingere». Sulla base di questo principio Lichtenberg combatte «l’idea estremamente sconsiderata e annichilente» – diffusa dal devotissimo ed esaltato Lavater e accolta da un pubblico straordinariamente irriguardoso di ogni «esperienza» – «che l’anima più bella abiti il corpo più bello e l’anima più brutta il corpo più brutto». Non mette conto, oggi, ripercorrere gli argomenti con cui questo scienziato sperimentale confuta una pseudoscienza tutta ideologica (basti una battuta: con la stessa logica si potrebbe dire «che l’anima più grande abiti il corpo più grande e quella più sana il corpo più sano»). Ciò che oggi mantiene intatta la sua attualità è l’umanesimo integrale che consente a Lichtenberg di scorgere immediatamente le derive di un razionalismo astratto che rischia di rovesciarsi nel suo contrario, in un determinismo irrazionale e disumano: «L’uomo non si riconosce dalle sue fattezze, ma dalle sue opere», chiosa Cases richiamando Hegel. Continue reading

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Convegno: Spazi e figure del politico nell’opera di Thomas Mann

Räume und Figuren des Politischen im Werk Thomas Manns
Schreiben und politisches Engagement zwischen Europa und den USA

Spazi e figure del politico nell’opera di Thomas Mann
Scrittura e impegno politico tra Europa e USA

Istituto Italiano di Studi Germanici
Villa Sciarra sul Gianicolo
Via Calandrelli 25, Roma
11 – 13 ottobre 2018

 AISMANN Associazione Italiana di Studi Manniani
DEUTSCHE THOMAS MANN-GESELLSCHAFT

Comitato organizzativo e scientifico / Organisationskomitee:
Simone Costagli, Luca Crescenzi, Elisabeth Galvan, Francesco Rossi
scarica il programma
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Turbine di Juli Zeh a Milano

Mercoledì 26 settembre ore 19.00
Goethe Institut, Via San Paolo 10, Milano

Per il Gruppo di Lettura del Goethe Institut

Chiara Di Domenico e Roberta Gado
raccontano
Turbine di Juli Zeh (Fazi editore)

A Unterleuten bere e fumare erano considerati più hobby che vizi.
Una questione di soldi, non di salute. 

Un piccolo paese che è un (falso) idillio, i lasciti della DDR e del socialismo reale, gli hipster in fuga da Berlino e dall’iperconnettività, la ricerca spasmodica di nuovi modi di essere “umani”, compresa la guerra: questi gli ingredienti di Turbine di Juli Zeh, un romanzo-affresco che ha tutte le caratteristiche della più alta letteratura. Il Gruppo di Lettura del Goethe Institut Mailand ne parla insieme a Chiara Di Domenico, scrittrice ed esperta di comunicazione editoriale, e Roberta Gado, traduttrice di Turbine.

Ingresso gratuito e bollicine, per favorire lo spirito dell’incontro.

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Karl Kraus, In questa grande epoca

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In questa grande epoca

a cura di Irene Fantappiè

con testo a fronte

Venezia, Marsilio editore, Gli anemoni, 2018, 101 pp.

(Di seguito un estratto dall’Introduzione)

La guerra si capisce solo comprendendo il modo in cui se ne parla. La guerra si evita solo smettendo di parlarne nel modo in cui al momento se ne parla: quello mistificatorio della stampa e degli scrittori che a essa si sono venduti. Di questo modo di parlare, dove l’aura idealizzante della cultura e quella falsamente oggettiva del dato tecnico si alleano per mascherare gli interessi economici del potere e per acquisire completo predominio sull’immaginazione dell’uomo, la guerra non è neppure la peggiore delle conseguenze.
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“Ulivo e salice”. Il Mediterraneo di Peter Huchel

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Sul numero in edicola del mensile “Poesia” (luglio-agosto 2018, Crocetti editore) è uscito un servizio su Peter Huchel curato da Paola Quadrelli.
Qualificato dalla critica come eminente „poeta della Marca“ in virtù delle sue poesie giovanili ambientate esclusivamente nelle brughiere e tra i canneti della nativa Marca del Brandeburgo, Peter Huchel (Berlin 1903- Stauffen in Breisgau 1981) ha rivolto tuttavia a partire dagli anni Cinquanta insistita attenzione anche al paesaggio meridionale, conosciuto direttamente grazie a diversi viaggi in Italia, rivisitato attraverso il filtro delle letture omeriche, del mito e della Bibbia e trasformato in paesaggio dell’anima, cifra di una condizione esistenziale di lutto e smarrimento.
Il servizio comprende oltre a un saggio introduttivo la traduzione delle seguenti poesie: Elegie, Verona, Monterosso, San Michele, Haus bei Olmitello, Südliche Insel, Chiesa del Soccorso, Abend in Vernazza, Sibylle des Sommers, Hinter den weißen Netzen des Mittags, Der Garten des Theophrast, Pensione Cigolini, Venedig im Regen, Mittag in Succhivo, Subiaco, Ölbaum und Weide, Odysseus und die Circe, Das Grab des Odysseus, Ein Toscaner, Rom.
Si riportano qui di seguito nel testo originale e in traduzione Sibylle des Sommers, Der Garten des Theophrast e Das Grab des Odysseus.

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Juli Zeh, Turbine (Unterleuten)

Juli Zeh

Turbine

traduzione di Riccardo Cravero e Roberta Gado
Roma, Fazi, 2018

Dalla presentazione editoriale: “Sembra proprio che Gerhard e Jule abbiano trovato un angolo di paradiso. È il villaggio di Unterleuten, poco lontano da Berlino. Romantici cottage, aperta campagna, aria pulita: un luogo dove la vita è autentica. Fin dal principio, però, si percepisce un’atmosfera cupa, qualcosa che minaccia la quiete, qualcosa che ribolle sotto la superficie e sta per esplodere… Quando una ditta decide d’impiantare un gruppo di turbine eoliche nelle immediate vicinanze del paesino, si delinea un conflitto che va ben oltre le vite private degli abitanti: si tratta di uno scontro tra generazioni, tra città e campagna, tra artificio e natura, tra perdenti e vincitori post-muro. Una vera e propria guerra di tutti contro tutti, in cui dietro alle ideologie si nascondono gli istinti più bassi mentre le dinamiche spietate della provincia non fanno che esasperare il bisogno quasi carnale di appropriarsi di un pezzo di terra. Un crescendo di tensione che sfocia nella nevrosi collettiva e in cui la certezza è una sola: non si salva nessuno.
Turbine, specchio perfetto della società contemporanea, racconta tutta la rabbia e la frustrazione di un mondo che fatica ad affrontare il cambiamento. Un romanzo brillante, intelligente come la migliore satira politica, avvincente come un giallo e umano come una confessione, che in Germania è stato un clamoroso caso letterario”.

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Clemens Meyer, Eravamo dei grandissimi

Michele Sisto

Come molti scrittori socializzati nella DDR, Clemens Meyer (Lipsia, 1977) ha una cultura letteraria eccezionale: autentico nerd della letteratura, può citare a memoria brani interi da Thomas Mann e Uwe Johnson come da autori di culto del sottobosco letterario, dal francofortese Jörg Fauser, di cui L’Orma ha appena pubblicato il bukowskiano Materia prima, al suo concittadino Wolfgang Hilbig, poeta e romanziere tra i più rispettati della Ostmoderne, il postmodernismo tedesco-orientale. Autore ad oggi di due romanzi, due raccolte di racconti e di un diario letterario, nel 2015 Meyer è stato invitato a Francoforte a tenere le prestigiose lezioni di poetica inaugurate da Ingeborg Bachmann nel ’60 e riservate a personalità del calibro di Böll, Grass, Johnson, Wolf, Hilbig, Timm o Terézia Mora. Il suo romanzo d’esordio, Als wir träumten (2006), che ora Keller propone in una traduzione coraggiosa e riuscita, è un’opera coltissima (non avrebbe sfigurato con l’austera sovraccoperta bianca di un Supercorallo Einaudi), che tuttavia non ha nulla dello snobismo di molta letteratura colta: la tecnica e la tradizione sono messe al servizio di una narrazione secca e dinamica, di cui Luca Crescenzi sul «manifesto» ha sottolineato la céliniana spietatezza. Il romanzo segue, dall’infanzia ai vent’anni (1985-95), le vicende di un gruppo di ragazzi di una specie di bronx comunista lipsiense, socialmente predestinati all’annientamento: Rico finisce in galera dopo una fallita carriera di pugile dilettante, Mark al cimitero consumato dall’eroina, Walter sfracellato contro un muro in una macchina rubata, Stefan detto Pitbull a spacciare (anche a Mark), Estrellita prostituta in un bordello, e Daniel, che l’ha silenziosamente adorata per tutta l’adolescenza, in un istituto di correzione. La caduta del muro, che taglia in due la loro giovinezza, non cambia nulla, se non le marche della birra e delle auto da rubare: socialismo o capitalismo, per chi sta ai margini non c’è riscatto. Con questo saremmo tutto sommato nell’orizzonte di un romanzo naturalista alla Zola. Continue reading

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