Dario Borso
Appartiene ai tratti essenziali del poetare sapersi
esposto al malinteso. Con ciò esso si sa in cammino
verso quanti sono ancora disposti a mettersi in gioco.
P. C.
Una breve stroncatura di Luca Crescenzi alla mia recente edizione dei Microliti su Alias del 30 giugno e una mia brevissima replica sempre lì la settimana dopo hanno lasciata inevasa una domanda che andrebbe preliminarmente posta, soprattutto nel caso di Celan: cosa significa tradurre? Parrebbe il gioco dell’oca, non fosse che la stroncatura, articolata in quattro esempi, mi dà l’opportunità di rispondere coi fatti, ossia facendo, o meglio rifacendo in accelerata il percorso che mi aveva condotto alle scelte contestate. Gli esempi della mia insensibilità “nel rendere gli scambi, i giochi, le sostituzioni, le deformazioni che danno forma all’antilingua di Celan”, sono nell’ordine:
1. Il primo proviene dalla Storia dello scoiattolo che desiderava un guscio di vetro e da ultimo l’ottenne, del 1949. “Scoiattolo” si dice in tedesco Eichhörnchen, cioè letteralmente “cornetto della quercia”. Celan popola la sua storia anche di inesistenti e fiabeschi Erlhörnchen, Eibhörnchen, Haselhörnchen, cioè cornetti dell’ontano, del tasso e del leucisco[1]. Forse per mantenere l’unità della parola, Borso procede per sottrazione, facendo dei tre scoiattoli rispettivamente un “coiattolo”, uno “iattolo” e un “attolo”. Non sarebbe stato più semplice e rispondente allo stilema fiabesco chiamare questi strani esseri “scoiattolo della quercia, dell’ontano, del tasso” e così via?
Il titolo del microlito annuncia una fiaba a lieto fine, sennonché già l’incipit delude parzialmente l’attesa: “Però era vecchio e cieco, quando infine l’ottenne”. C’è un doch, un piccolo particolare minaccioso, in grado cioè di destabilizzare il tutto[2]. E infatti: il vecchio cieco non crede sia di vetro, vuole una prova sonora i.e. che sia fatta cadere, ma i tre consimili si negano e lui muore d’incredulità. Lieto fine tristissimo quindi, non fosse sopravanzato da un ulteriore, definitivo ribaltamento: il guscio di noce “desiderava uno scoiattolo. Ma non l’ottenne” – con finalissimo commento dell’autore: “Meno male!”, che attenua solo un poco la tristezza.
Un’antifiaba, dunque, sorretta da una logica iperdialettica, iperparadossale del ribaltamento continuo che ha radici profonde nella bucarestina belle saison des calembours[3].
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