“Ulivo e salice”. Il Mediterraneo di Peter Huchel

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Sul numero in edicola del mensile “Poesia” (luglio-agosto 2018, Crocetti editore) è uscito un servizio su Peter Huchel curato da Paola Quadrelli.
Qualificato dalla critica come eminente „poeta della Marca“ in virtù delle sue poesie giovanili ambientate esclusivamente nelle brughiere e tra i canneti della nativa Marca del Brandeburgo, Peter Huchel (Berlin 1903- Stauffen in Breisgau 1981) ha rivolto tuttavia a partire dagli anni Cinquanta insistita attenzione anche al paesaggio meridionale, conosciuto direttamente grazie a diversi viaggi in Italia, rivisitato attraverso il filtro delle letture omeriche, del mito e della Bibbia e trasformato in paesaggio dell’anima, cifra di una condizione esistenziale di lutto e smarrimento.
Il servizio comprende oltre a un saggio introduttivo la traduzione delle seguenti poesie: Elegie, Verona, Monterosso, San Michele, Haus bei Olmitello, Südliche Insel, Chiesa del Soccorso, Abend in Vernazza, Sibylle des Sommers, Hinter den weißen Netzen des Mittags, Der Garten des Theophrast, Pensione Cigolini, Venedig im Regen, Mittag in Succhivo, Subiaco, Ölbaum und Weide, Odysseus und die Circe, Das Grab des Odysseus, Ein Toscaner, Rom.
Si riportano qui di seguito nel testo originale e in traduzione Sibylle des Sommers, Der Garten des Theophrast e Das Grab des Odysseus.

Sibylle des Sommers

September schleudert die Wabe des Lichts
Weit über die felsigen Gärten aus.
Noch will die Sibylle des Sommers nicht sterben.
Den Fuß im Nebel und starren Gesichts
Bewacht sie das Feuer im laubigen Haus,
Wo Mandelschalen als Urnenscherben
Zersplittert im harten Weggras liegen.
Das Schilfblatt neigt sich, das Wasser zu kerben.
Die Spinnen reisen, die Fäden fliegen.
Noch will die Sibylle des Sommers nicht sterben.
Sie knotet ihr Haar in den Bäumen fest.
Die Feige leuchtet in klaffender Fäule.
Und weiß und rund wie das Ei der Eule
Glänzt abends der Mond im dünnen Geäst.

Sibilla dell’estate

Settembre scaglia il favo della luce
lontano oltre i giardini rocciosi.
Ancora non vuol morire la sibilla dell’estate.
Il piede nella nebbia e il volto duro
sorveglia il fuoco nella casa frondosa,
ove gusci di mandorle come urne infrante
cospargono la dura erba del sentiero.
La foglia del canneto si piega a intaccare l’acqua.
I ragni viaggiano, i fili volano.
Ancora non vuol morire la sibilla dell’estate.
Annoda stretti i suoi capelli agli alberi.
Il fico riluce in spalancata putredine.
E bianca e tonda come l’uovo della civetta
risplende a sera la luna nelle rade fronde.

Der Garten des Theophrast

Meinem Sohn

Wenn mittags das weiße Feuer
Der Verse über den Urnen tanzt,
Gedenke, mein Sohn. Gedenke derer,
Die einst Gespräche wie Bäume gepflanzt.
Tot ist der Garten, mein Atem wird schwerer,
Bewahre die Stunde, hier ging Theophrast,
Mit Eichenlohe zu düngen den Boden,
Die wunde Rinde zu binden mit Bast.
Ein Ölbaum spaltet das mürbe Gemäuer
Und ist noch Stimme im heißen Staub.
Sie gaben Befehl, die Wurzel zu roden.
Es sinkt dein Licht, schutzloses Laub.

Il giardino di Teofrasto

A mio figlio

Quando a mezzogiorno il bianco fuoco
dei versi danza sopra le urne,
ricorda, figlio mio. Ricorda chi
un tempo ha piantato conversazioni come alberi.
Morto è il giardino, il mio respiro si fa più greve,
serba quest’ora, qui andò Teofrasto
a concimare il terreno con cenere di quercia,
a legare con rafia la corteccia ferita.
Un olivo fende il muro diroccato
e c’è ancora voce nella polvere rovente.
L’ordine diedero di estirpare le radici.
La tua luce declina, fronda indifesa.

Das Grab des Odysseus

Niemand wird finden
das Grab des Odysseus,
kein Spatenstich
den krustigen Helm
im Dunst versteinerter Knochen.

Such nicht die Höhle,
wo unter die Erde hinab
ein wehender Ruß, ein Schatten nur,
vom Pech der Fackel versehrt,
zu seinen toten Gefährten ging,
die Hände hebend waffenlos,
bespritzt mit dem Blut geschlachteter Schafe.

Mein ist alles, sagte der Staub,
das Grab der Sonne hinter der Wüste,
die Riffe voller Wassergetöse,
der endlose Mittag, der immer noch warnt
den Seeräubersohn aus Ithaka,
das Steuerruder, schartig vom Salz,
die Karten und Schiffskataloge
des alten Homer.

La tomba di Odisseo

Nessuno troverà
la tomba di Odisseo,
né un colpo di vanga l’elmo incrostato
nella foschia di ossa pietrificate.

Non cercare l’antro
dove giù sotto terra
un soffio di fuliggine, un’ombra fuggitiva,
sfregiata dalla pece della fiaccola,
scese verso i compagni morti
sollevando inerme le mani
macchiate del sangue di pecore sgozzate.

Tutto è mio, disse la polvere,
la tomba del sole dietro al deserto,
le scogliere piene del fragore del mare,
il meriggio infinito, che ancora mette in allerta
il figlio dei pirati di Itaca,
il timone intaccato dal sale,
le mappe e i cataloghi nautici
del vecchio Omero.

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