Giansiro Ferrata traduce Büchner

Parlava un giorno con Oberlin; il gatto era disteso, su un seggiola, presso a loro. Gli occhi di Lenz s’irrigidirono, si tesero immobilmente verso la bestia; poi, egli scivolò con lentezza dalla sedia avvicinando sempre più quella presenza che l’incantava, e anch’essa era incantata dal suo sguardo, in un terrore crescente il gatto inarcava la schiena, Lenz imitava quello spavento, il suo viso era orribile, – si scagliarono l’uno addosso all’altro, quasi nel medesimo istante. La signora Oberlin poté a stento dividerli. Lenz provò vergogna di questo, ma ogni notte scendeva un poco più nel buio che l’attendeva. Si addormentava a gran fatica dopo aver tentato invano di colmare il vuoto; tra veglia e sonno lo afferravano crisi tremende, balzava sopra oggetti che gli sembravano sinistri, gridava, tutto in sudore, e correva per la stanza. Doveva riprendere dalle cose più semplici per tornare in se stesso, quando un istinto di conservazione si sostituiva alla volontà. Recitando poesie, a volte, riusciva a calmarsi.

Georg Büchner, Lenz, traduzione di Giansiro Ferrata, in Germanica. Raccolta di narratori dalle origini ai giorni nostri, a cura di Leone Traverso, Milano, Bompiani, 1942, pp. 784-785.

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