Uwe Johnson, La maturità del 1953

[Il 2014-2015 segna un meritorio ritorno d’interesse degli editori italiani per Uwe Johnson. Mentre L’Orma prosegue la pubblicazione della tetralogia I giorni e gli anni, ora giunta al terzo volume, Keller  dà alle stampe nella traduzione di Fabrizio Cambi il suo primo romanzo, La maturità del 1953 (Ingrid Babendererde. Reifeprüfung 1953), scritto tra il ’53 e il ’57 e uscito postumo soltanto nel 1985. Pubblichiamo qui la prefazione del traduttore. M.S.]
Fabrizio Cambi

L’epilogo del romanzo è esplicitato già nell’incipit, nel primo dei cinque capitoli in corsivo che descrivono il dopo, gli effetti di una decisione presa da due studenti, Klaus Niebuhr e Ingrid Babendererde, di lasciare nel 1953 la DDR, quattro anni dopo la sua fondazione, il giorno prima del loro esame di maturità. Un treno rapido li porta a Berlino dove saliranno su aerei diversi per destinazioni diverse nella Repubblica Federale. La narrazione, mimetizzata proiezione autobiografica, anticipa il viaggio di non ritorno dell’autore Uwe Johnson (1934-1984) che, ignorato e boicottato, abbandona la DDR nel 1959 portando con sé il manoscritto del romanzo Congetture su Jakob, pubblicato nello stesso anno da Suhrkamp, il cui successo immediato è equivalente alla contemporanea uscita de Il tamburo di latta di Günter Grass.

Cresciuto a Güstrow nel Meclemburgo, il giovane Johnson studia germanistica all’università di Rostock e, dal 1954, a Lipsia dove segue le lezioni di Ernst Bloch e si laurea con Hans Mayer discutendo una tesi sull’espressionista Ernst Barlach, suo conterraneo. Gli anni decisivi si collocano fra il 1953 e il 1956, fra i moti berlinesi, i programmi e gli obiettivi del “nuovo corso” e i fatti d’Ungheria nell’ottobre ’56. Proprio nel 1953 Johnson completa la prima redazione del romanzo Ingrid Babendererde. Reifeprüfung 1953 come reazione alla campagna repressiva, avviata nel 1952 nella seconda conferenza della SED, il Partito socialista unificato, contro le organizzazioni giovanili delle Chiese evangeliche presenti nei circa 7000 gruppi dell’associazione “Junge Gemeinde”. Johnson denuncia pubblicamente la violazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione sulla libertà di espressione religiosa. L’azione di laicizzazione forzata impressa nel maggio 1953 da Walter Ulbricht, segretario generale della SED, che condanna la “Junge Gemeinde” come organizzazione illegale, proibendo ai suoi membri di iscriversi all’università, causa in pochi mesi l’arresto di molti giovani e di oltre 70 teologi e l’espulsione di circa 3000 studenti.
Johnson continua nel frattempo a lavorare al suo romanzo di cui si susseguono tre stesure. Fra il 1956 e il 1957 falliscono i tentativi di farlo pubblicare dalle case editrici tedesco-orientali Aufbau, Carl Hinstorff, List e Mitteldeutscher Verlag, ma anche dalla casa editrice tedesco-occidentale Suhrkamp che lo darà finalmente alle stampe nel 1985 sulla base di una quarta redazione manoscritta, reperita nella casa dello scrittore a Sheerness on Sea il 17 marzo 1984, poco dopo la sua morte, dall’editore Siegfried Unseld, autore di un’illuminante postfazione.
Il romanzo è la prima testimonianza di “letteratura di confine” e la cronaca letteraria delle dinamiche conseguenti alla divisione della Germania in due stati diversamente costituiti e orientati nella fase della ricostruzione materiale e morale dalle rovine causate dal nazionalsocialismo e dalla guerra. Le divisioni e le contrapposizioni ideologiche sono rappresentate nella realtà di una classe di undici studenti del Liceo Gustav Adolf pochi giorni prima dall’esame di maturità. L’azione narrativa si svolge in una cittadina del Meclemburgo sudorientale il cui paesaggio lacustre ricorda quello dei dintorni di Güstrow dove Johnson aveva frequentato il liceo, nella John Brinckmann Oberschule, negli anni dell’occupazione sovietica e poi della DDR, conseguendo la maturità il 18 giugno 1952.
L’autobiografismo dello scrittore è filtrato e rielaborato in una polifonica composizione narrativa di cui gli studenti sono attori, protagonisti e vittime di un sistema educativo dai contenuti radicalmente rivoluzionati, gestito più da burocrati che da insegnanti nelle vuote e altisonanti ritualità imposte dal regime. Nella cornice dura, amaramente appesantita da miopi chiusure ideologiche, si sviluppano le schermaglie dei compagni di classe, scandite dalla noia della routine scolastica, mosse da speranze e aspettative per il loro futuro, ma caratterizzate soprattutto dalla contrapposizione tra la “Freie Deutsche Jugend”, l’organizzazione giovanile di partito, e la “Junge Gemeinde”.
La vigilia dell’esame si consuma in un pubblico processo fra le pareti della scuola contro chi non si allinea alle direttive del Partito e non opta per la sua tessera. Nel microcosmo di una classe di maturandi si denunciano già i limiti di un progetto socialista che risulta forzato e posticcio, non debitamente declinato in adeguati programmi scolastici, incapaci di inquadrare in modo critico e formativo la letteratura del passato, da Shakespeare a Schiller. Al di là dei finestroni dell’aula, in cui gli studenti sono quasi sempre occupati a contare i minuti che li separano dalla fine delle lezioni, gli sguardi si volgono all’esterno, alla piazza del duomo e ai tetti luminosi immersi nella canicola di un’estate precoce. Si consuma così l’attesa di Klaus Niebuhr e Ingrid Babendererde, legati da una simpatia che potrebbe sbocciare in amore, ma soprattutto da un consonante e inquieto anelito di libertà che respirano nelle loro pomeridiane escursioni con la barca a vela, già metafora di fuga e rifugio nelle acque del lago, sentito come disintossicante antidoto alla storia presente.
Nel remoto eppur vivo mondo rurale del Meclemburgo, le cui figure conservano le loro radici con i frequenti dialoghi in dialetto basso tedesco, reso nella traduzione con un registro colloquiale, i riflessi dei drammatici eventi e mutamenti storici e politici occupano le menti di una nuova generazione di ventenni chiamati a scelte di vita più pilotate che autonome. Nel gioco degli sguardi e dei gesti, delle parole non dette, nel rallentato iperdescrittivismo combinato con un realismo minimalistico, nelle asimmetrie sintattiche, negli incastri di discorso diretto e indiretto, Johnson traspone la sua esperienza giovanile rappresentando il clima conflittuale nella DDR dei primi anni Cinquanta.
Più che uno Schulroman, come spesso e riduttivamente lo si è definito, l’autore ci consegna uno Zeitroman, una preziosa testimonianza documentaria e un archivio frammentario di elementi storici che il lettore di oggi è chiamato a recuperare o a scoprire. Lo scrittore descrive le ragioni di una fuga, o meglio di un congedo di due giovani da una società nella quale il nascente progetto socialista, imposto e non frutto di condivisione, si rivela asfittico e illiberale, in definitiva un’occasione perduta in partenza nell’amara percezione provata da alcuni liceali che otto anni prima della costruzione del Muro scelgono un’altra strada, quella del salto “dall’altra parte” del confine, del cielo diviso, in un mondo comunque ignoto e feticisticamente votato alla competizione e al consumismo.L’opera prima di Johnson, per un paradosso delle circostanze pubblicata postuma, presenta già, pur con i suoi squilibri compositivi e le ruvidità formali riconosciuti dallo stesso autore, quell’impianto morale, refrattario a ogni ideologia, che guiderà lo scrittore anche oltre la Repubblica Federale, quando, trasferitosi nel 1967 a New York, compone la monumentale opera in quattro parti I giorni e gli anni. Il programma poetologico di documentare la vita secondo i canoni e le cronologiche scansioni giornalistiche del «New York Times» si traduce nell’azione narrativa di personaggi, come Gesine Cresspahl, ereditati da romanzi del passato. Al presente si intreccia una memoria tragica legata ancora alla terra d’origine del Meclemburgo, con i suoi laghi e le sue brughiere, là dove Klaus Niebuhr e Ingrid Babendererde nelle loro scorribande con la barca a vela avevano inseguito inquieti un reale approdo alla libertà.
Fabrizio Cambi
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