I cento anni di George Tabori

Copertina TaboriIn questo maggio 2014, per l’esattezza il 24, George Tabori avrebbe compiuto cent’anni.

Il Berliner Ensemble lo ricorda da domenica 18 fino al giorno del compleanno con una settimana di presentazioni, spettacoli, filmati ed eventi. Già qualche settimana fa ha debuttato una nuova produzione della pièce che lo rese famoso a fine anni Sessanta, Die Kannibalen (la contrita regia di Thiedemann, devo dire, non ha convinto pienamente). La ripresa di messinscene di repertorio (imperdibile fra le altre quella dell’esilarante e nerissimo Mein Kampf), spettacoli ospiti (c’è attesa per Die Demonstration, che arriva dal Théâtre  National du Luxembourg dove andò nel 2011 in prima assoluta), l’esecuzione di audiodrammi, la proiezione di pellicole e materiali d’archivio, una mostra fotografica si susseguono e sovrappongono fino alla festa-omaggio di sabato 24.

Tabori campeggia in questi mesi anche in altri teatri tedeschi, trasmissioni radiofoniche lo ricordano, sia Wagenbach che Steidl hanno (ri)stampato i suoi testi narrativi e drammatici (almeno le pagine autobiografiche di Autodafé sarebbero certamente da tradurre in italiano).

In Italia Tabori ha una sua nicchia di estimatori ma non ha finora conosciuto un vero e proprio successo. Laura Forti, drammaturga e regista che ha messo in scena i Cannibali e curato per Einaudi sia quel dramma che Mein Kampf, prosegue indefessa nella sua opera artistica e culturale di mediazione ma i teatri nostrani paiono spesso sordi al richiamo fortissimo (troppo forte?) della drammaturgia taboriana, che sospesa tra orrore ed umorismo affonda con spietata leggiadria nella carne viva della memoria e del rimosso, del pregiudizio e del paradosso. Si ride moltissimo, leggendo, ascoltando e guardando Tabori — talvolta un riso a due passi dall’abisso, sempre un riso a cuore aperto che non si dimentica più.

Vale la pena “fallire, fallire sempre, fallire ancora, fallire
meglio”, avrebbe detto Tabori rimodulando Beckett, e perciò ci si riprova, a portare la sua voce nel Bel paese.

E’ in libreria in questi giorni la traduzione delle Variazioni Goldberg, curata da Laura Forti e da me, e nei prossimi mesi (dopo l’anteprima alla Festa del libro Ebraico di Ferrara lo scorso 1 maggio) tra Firenze e Milano sono in preparazione eventi taboriani. Ci siamo divertiti tantissimo, a tradurre la pièce, e crediamo che il pubblico italiano possa divertirsi altrettanto quando, lo speriamo, arriverà sulla scena.

Riporto in calce la quarta del volume, uscito nella collana Percorsi di Editoria & Spettacolo  ISBN: 978-88-97276-50-0.

Qui, infine si può leggere un mio saggio del 2011 sul teatro di Tabori (uscito su “Altre Modernità”) che toccava alcuni dei drammi citati e si concentrava poi proprio sulle Variazioni Goldberg.

George Tabori (1914-2007), scrittore e regista ebreo di origine ungherese, passaporto britannico, vagabondaggi americani e successi austro-tedeschi, è stato uno dei grandi protagonisti del teatro del Novecento. Noto al pubblico italiano per la “messa nera” I Cannibali e la farsa grottesca Mein Kampf, Tabori schiude con le armi del Witz le segrete dell’anima europea, obbligandoci a un
lavoro senza sconti su coscienza e memoria, tabù e pregiudizi di ieri e di oggi.
Come un midrash laico, Le Variazioni Goldberg rientra perfettamente nella tradizione di un dialogo appassionato tra uomo e Dio, fatto d’ironia, a volte di cinismo e sempre di umorismo. Proprio l’umorismo, in questa pièce (che qualcuno non a torto ha visto come una sorta di Rumori fuori scena in salsa yiddish), raggiunge picchi altissimi e si rivela essere una volta ancora la cifra stilistica dell’autore.

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