Letteratura ebraica ‘al femminile’

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È  online da oggi il numero speciale di Altre Modernità. Rivista di studi letterari e culturali. Nei venticinque saggi (qui il sommario), che spaziano nelle culture e letterature di tutto il mondo inseguendo la scrittura ‘al femminile’ di autrici ebree di vari tempi e luoghi, sono naturalmente molte le voci di lingua tedesca.

Riporto qui, del mio saggio su Generazioni. Memoria, identità e scrittura in Grete Weil, i primi capoversi, in cui mi provo in un posizionamento dell’autrice monacense nella costellazione ebraico-tedesca, aggiungendo il collegamento ai relativi contributi di colleghe e colleghi milanesi.

Grete Weil, scomparsa il 14 maggio 1999 all’età di novantatre anni, occupa nella letteratura e cultura del suo tempo una posizione per molti versi liminare, anche con rispetto alla scrittura ebraico-tedesca e della shoah ‘al femminile’ nel cui alveo certamente può essere inserita. La nascita nei primi lustri del Novecento l’accomuna ad Anna Seghers (1901-83) e Mascha Kaléko (1907-75), su cui si possono leggere in questa stessa sede le riflessioni di Birge Gilardoni-Büch, a Rose Ausländer (1901-88), al centro della disamina di Paola Bozzi, a Hilde Domin (1912-2006) e ad altre ancora. Prima del passaggio di secolo, invece, sono nate Vicki Baum (1888-1960) e Veza Canetti (1897-1969), su cui scrivono rispettivamente Chiara Buglioni e Miriam Bertocchi, come anche altre importanti voci quali Nelly Sachs (1891-1970) e Ilse Blumenthal-Weiss (1899-1987); in pieno Ottocento, ancora, visse la sua infanzia e giovinezza Else Lasker-Schüler (1869-1945), alla quale sono dedicate le pagine di Moira Paleari. Alla generazione, idealmente, delle sorelle minori o delle figlie di Weil appartengono invece Ruth Klüger (1931) e altre esponenti della scrittura della shoah che hanno vissuto la persecuzione da giovani, adolescenti o addirittura bambine – penso a Ruth Elias (1922-2008), a Dagmar Nick (1926-) e a Hilda Stern-Cohen (1924-97) come anche a Cordelia Edvarson, nata a Monaco come Maria Heller, che scriverà però come noto in svedese (1929-2012). Dopo la frattura della shoah, infine, la memoria si fa postmemoria (Hirsch): ecco fra le altre le tre autrici di seconda generazione che Alessandro Costazza discute nel suo contributo (Lea Fleischmann, 1947; Barbara Honigmann, 1949; Esther Dischereit, 1952), portatrici di una “memoria ereditaria” e della “nuova identità ebraica” (Calabrese 2005, Costazza 2005) – si discute nel frattempo di una terza generazione, quella delle nipoti o, nelle parole di Raffaella Di Castro (2008), delle “testimoni del non-provato”.

In questo panorama, come accennato in apertura, Weil rimane eccentrica. Ciascuna delle vite e delle scritture qui evocate, naturalmente, ha la propria specifica traiettoria; nel caso di Weil sono ad ogni modo numerosi gli elementi che permettono di parlare di una spiccata alterità, nelle scelte tematiche e poetologiche. Uno dei maggiori studiosi dell’autrice, Stephan Braese (2001), ha incentrato proprio su questo aspetto la sua analisi di due romanzi weiliani in un volume intitolato non a caso L’altra memoria. D’altro canto, proprio tale posizione eccentrica – che determina in larga misura le strategie narrative della sua scrittura e influisce fortemente sulla sua così particolare ricezione – fa per certi versi dell’opera di Weil un trait d’union fra le diverse generazioni di scrittrici ebree di lingua tedesca. Rita Calabrese (2004: 114ss.), ad esempio, individua nel più noto romanzo di Weil, Mia Sorella Antigone (Weil 1980), una sorta di prefigurazione della svolta nelle strategie di rappresentazione letteraria della shoah che si affermerà con e dopo Ruth Klüger e il suo Vivere ancora (1992).

L’elemento che spicca maggiormente, quello a partire dal quale pare meglio emergere la particolare posizione di Weil, è il ritardo con il quale interviene il pieno riconoscimento della sua opera presso critica e pubblico. Un ritardo che è in gran parte dovuto all’incrocio, inizialmente problematico, fra le scelte tematiche e poetologiche di Weil e il campo letterario tedesco-occidentale del secondo Novecento, come può risultare chiaro da una presentazione della carriera letteraria dell’autrice, nata il 18 luglio 1906 come Margarete Elisabeth Dispeker e cresciuta a Monaco di Baviera.

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