Cinque tesi sulla traduzione in Fortini. Sélection e marquage in Il ladro di ciliegie

[Questo saggio è uscito nel volume Letteratura italiana e tedesca 1945-1970: campi, polisistemi, transfer / Deutsche und italienische Literatur 1945-1970: Felder, Polysysteme, Transfer, a cura di Irene Fantappiè e Michele Sisto, Roma, Istituto Italiano di Studi Germanici, 2013. M.S.]

Irene Fantappiè

«Le sens et la fonction d’une œuvre étrangère sont déterminés au moins autant par le champ d’accueil que par le champ d’origine»,[1] scrive Bourdieu in un suo saggio sulla circolazione internazionale delle idee. Nel campo letterario italiano del Novecento, pochi casi di transfer confermano quest’affermazione in modo esemplare come quelli legati alla figura di Franco Fortini. Le sue traduzioni da diverse lingue straniere e in particolare dal tedesco – soprattutto quelle celeberrime di Brecht, Enzensberger, Goethe – hanno dato luogo a casi di interferenza imprescindibili se vi vuole comprendere l’evoluzione della letteratura italiana.[2] Per essi l’affermazione di Bourdieu vale in maniera lampante ma, va precisato, in forme di volta in volta assai diverse. Nei transfer operati da Fortini, infatti, il modo in cui il campo letterario d’arrivo determina la funzione dell’opera straniera muta molto – sia qualitativamente che quantitativamente – a seconda del panorama storico-culturale, della traiettoria dell’autore e della collocazione editoriale della traduzione stessa, la quale in pubblicazioni diverse assume diversi significati. Le interferenze generate da Fortini hanno prodotto uno spettro di testi difficilmente raggruppabili sotto un’unica insegna, e parlare di ‘Fortini traduttore’ è utile ai biografi ma, in sede di analisi critica, può anche risultare foriero di fraintendimenti: ha meno senso istituire una correlazione tra la traduzione del Faust e quella di Brecht che mettere quest’ultima a confronto con le poesie di Una volta per sempre; così come la versione fortiniana del Lycidas di Milton ha relativamente poco a che vedere con quella dei racconti di Kafka, mentre è un perfetto pendant di alcune pagine su Sereni raccolte in Nuovi saggi italiani. I testi di Fortini – poesie, saggi, traduzioni – sono, per così dire, passeggiate sui crinali che separano queste tre categorie di testi. Esemplare in questo senso è uno scritto teorico uscito postumo, Lezioni sulla traduzione (2011), che tenta una sintesi tra le sue posizioni di traduttore, critico e poeta; prima di leggerlo al pubblico, a Napoli nel 1989, Fortini – lo testimoniano le registrazioni – esemplificò così quanto stava per fare: «Quando ero ragazzo ho visto una volta una vignetta che rappresentava un pittore che si apprestava a preparare una mostra e che aveva fatto un paesaggio lungo venti metri, una grande veduta, e poi la tagliava a fette – e con ognuna di queste faceva tanti quadri ed una mostra».[3]

Il nesso con la produzione critica e poetica è dunque il primo e più importante motivo della disomogeneità che caratterizza il corpus delle traduzioni fortiniane. In particolare, è proprio il grado di relazione col campo letterario d’arrivo a risultare di volta in volta diversissimo. Ciò spiega perché versioni come quella del Faust siano così distanti – non tanto nella lingua quanto come tipologia di testo – da altre traduzioni che sono in primis tentativi di «manipolazione»[4] interni al campo letterario italiano. Fermo restando che tutte le traduzioni di Fortini nascono anche dall’urgenza di prendere posizione nel campo italiano, e che tutte implicano comunque un’interferenza con un campo straniero, bisogna sottolineare che in certi casi la traduzione diventa, paradossalmente, un processo quasi completamente interno al campo culturale d’arrivo; e, quel che è più interessante, essa mette in discussione la distinzione tra letteratura al primo e al secondo grado, tra writing e rewriting[5], tra creazione e ricreazione. Di uno di questi casi trattano le pagine che seguono. Continua a leggere in pdf


[1] Pierre Bourdieu, Les conditions sociales de la circulation internationale des idées, in «Actes de la recherche en sciences sociales», 145 (2002), p. 4.

[2] È impossibile riportare qui la bibliografia degli studi sulle traduzioni di Fortini. Si vedano, tra le altre cose, Eva Maria Thüne, Un traduttore poco ortodosso. Fortini e la cultura tedesca, in «Allegoria», 21-22 (1996), pp. 178–195; Bertolt Brecht/Franco Fortini. Franco Fortini traduttore di Bertolt Brecht: atti del seminario, Siena, Centro Studi Franco Fortini 1998; Paola Maria Filippi, La traduzione strumento di modificazione di strutture linguistiche: l’esempio tedesco-italiano. Le traduzioni di Franco Fortini e Furio Jesi fra norma e innovazione, in Lingue di confine, confini di fenomeni linguistici. Grenzsprachen. Grenzen von linguistischen Phänomenen, a cura di Patrizia Cordin et al., Roma, Bulzoni 2002, pp. 335-49; Maria Vittoria Tirinato, “Larvatus prodeo”. Franco Fortini e la traduzione poetica, in Franco Fortini, Lezioni sulla traduzione, a cura di M. V. Tirinato, premessa di Luca Lenzini, Quodlibet, Macerata 2011, pp. 11-43; Irene Fantappiè, Franco Fortini als Lyrik-Übersetzer und Übersetzungstheoretiker, in Lyrik-Übersetzung zwischen imitatio und poetischem Transfer: Sprachen, Räume, Medien/La Traduction de la poésie entre imitatio et transfert poétique: langues, espaces, médias, a cura di Caroline Fischer e Beatrice Nickel, Stauffenburg, Tübingen 2012, pp. 75-86; L. Lenzini, Una antica promessa. Studi su Fortini, Quodlibet, Macerata 2013.

[3] Ringrazio Luca Lenzini e Elisabetta Nencini per avermi dato la possibilità di ascoltare tali registrazioni presso il Centro Studi Franco Fortini dell’Università di Siena.

[4] Theo Hermans parla di manipulation quale necessario e inevitabile mutamento dell’opera in traduzione, determinato da ragioni culturali, sociali, politiche. Cfr. The Manipulation of Literature. Studies in Literary Translation, a cura di T. Hermans, Croom Helm, London-Sydney 1985.

[5] Per il concetto di rewriting si vedano gli studi André Lefevere, in particolare Translation, Rewriting and the Manipulation of Literary Fame, Routledge, London-New York 1992.

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