Il romanzo tedesco del Novecento: un sondaggio

Nel 1973 Giuliano Baioni, Giuseppe Bevilacqua, Cesare Cases e Claudio Magris rendevano omaggio a Ladislao Mittner curando per Einaudi Il romanzo tedesco del Novecento. Per ciscuno dei romanzi allora considerati tra i più importanti della letteratura tedesca del XX secolo il volume contiene un saggio firmato da un germanista (ma partecipano anche Franco Fortini, lo storico Enzo Collotti, il filosofo Tito Perlini).

Emerge così la proposta di un canone, una proposta provvisoria, dei cui limiti avvertono i curatori stessi: “Ogni scelta – si legge nella Premessa – contiene un margine di arbitrio; così anche quella dei romanzi qui trattati. Altri avrebbero escluso alcuni titoli, accolto altri. Né a noi stessi fu sempre possibile risolvere l’equazione tra i titoli proposti e la disponibilità dei singoli contributori a farne argomento di un saggio. Di alcune (pochissime) rilevanti lacune […] chiediamo venia al lettore”.

I 43 titoli inclusi erano:

Th. Mann, I Buddenbrook (1901)
R. Musil, I turbamenti del giovane Törless (1906)
R. Walser, L’assistente (1907)
A. Schnitzler, Verso la liberazione (1908)
A. Kubin, L’altra parte (1909)
R.M. Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge (1910)
G. Hauptmann, Il folle in Cristo (1910)
H. v. Hofmannsthal, Andrea o I ricongiunti (1912-13)
G. Meyrink, Il Golem (1915)
H. Mann, Il suddito (1918)
F. Kafka, Il castello (1922)
A. Zweig, La questione del sergente Grischa (1927)
H. Hesse, Il lupo della steppa (1927)
A. Seghers, La rivolta dei pescatori di Santa Barbara (1928)
H.H. Jahnn, Perrudja (1929)
R. Musil, L’uomo senza qualità (1930-42)
F.C. Weiskopf, Il canto degli slavi (1931)
H. Broch, I sonnambuli (1931)
P. Kornfeld, Blanche o L’atelier nel giardino (1932)
J. Roth, La marcia di Radetzky (1932)
F. Werfel, I quaranta giorni del Mussa Dagh (1933)
Th. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli (1933-43)
B. Brecht, Il romanzo da tre soldi (1934)
E. Canetti, Auto da fé (1935)
E. Barlach, La luna rubata (1936-37)
E. Weiss, Io – Il testimone oculare (1939)
E. Jünger, Sulle scogliere di marmo (1939)
Th. Mann, Doktor Faustus (1947)
H. Broch, La morte di Virgilio (1947)
G. Benn, Romanzo del fenotipo (1947)
M. Frisch, Stiller (1954)
H. v. Doderer, I demoni (1956)
F. Dürrenmatt, La promessa (1958)
G. Grass, Il tamburo di latta (1959)
U. Johnson, Congetture su Jakob (1959)
P. Weiss, L’ombra del corpo del cocchiere (1960)
M. Walser, Dopo l’intervallo (1960)
A.P. Gütersloh, Sole e luna (1962)
H. Böll, Opinioni di un clown (1963)
K. Bayer, La testa di Vitus Bering (1965)
O. Wiener, Il miglioramento della Mitteleuropa (1967)
Th. Bernhard, Perturbazione (1967)
S. Lenz, Lezione di tedesco (1968)

A distanza di quarant’anni possiamo chiederci: che cosa manca? quali grandi romanzi non sono inclusi nell’elenco? ma anche: quali grandi romanzi sono stati scritti, in lingua tedesca, dopo il 1968?

Proprio in questi giorni L’Orma pubblica, a quasi quarant’anni dall’uscita dell’originale, il terzo volume della tetralogia di Uwe Johnson, e sulle Parole e le cose leggiamo: “I giorni e gli anni è, senza discussione, uno dei romanzi più importanti della letteratura tedesca del Novecento.” Quali sono “i romanzi più importanti della letteratura tedesca del Novecento”?

Proviamo, se non a completarne, ad arricchirne l’elenco? Qui, nei commenti a questo post. Proponendo nomi, titoli, date di pubblicazione, e magari (ma non è obbligatorio) brevi recensioni che spieghino perché quel tale romanzo andrebbe incluso nell’elenco. Avete voglia? (M.S.)

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11 Responses to Il romanzo tedesco del Novecento: un sondaggio

  1. Fabrizio Cambi says:

    Impressioni a caldo. Risfogliando il volume Il romanzo tedesco del Novecento, a più di quarant’anni dalla sua pubblicazione, si resta ancora oggi positivamente sorpresi dal livello di presenza di opere chiave della narrativa in lingua tedesca e di una sostanziale ‘copertura’ del panorama letterario dal 1900 alla fine degli anni Sessanta. Ogni scelta si presta in quanto tale a possibili confutazioni. Al di là dell’inevitabile tasso di ‘arbitrarietà’, ammesso nell’introduzione, e di contingenza ‒ non so come si configurava l’iniziale piano editoriale dell’opera e in che misura sia stato poi rispettato a seguito di defezioni e di cambiamenti in itinere ‒ è interessante chiedersi se e come un ‘canone’ allora così costruito, composto di opere in gran parte coeve rispetto ai contributori, sia oggi ancora complessivamente valido e rispondente alle mutate prospettive metodologiche di accostamento al testo e al suo contesto. La ricezione della letteratura nei decenni seguenti ha determinato la valorizzazione, se non scoperte, di opere allora considerate meno rappresentative di uno stesso autore e di un’epoca.

    Faccio degli esempi a caldo scorrendo l’indice: Musil è, giustamente, presente con i suoi due romanzi, mentre Kafka solo con Il castello. Ci saremmo probabilmente attesi la presenza di almeno un’altra sua opera, come Il processo. Ma è anche vero che Kafka si impone in tutta la sua forza e validità proprio negli anni (a partire dal fatidico 1963) in cui si chiude questa raccolta critica. Non stupisce la presenza di tre romanzi di Thomas Mann. Se mai sorprende l’assenza della Montagna magica che avrebbe potuto prendere il posto di Giuseppe e i suoi fratelli, di magistrale affabulazione ma certo meno rilevante sotto molti aspetti. Avrei poi preso in considerazione Riflessioni su Christa T. di Wolf, tenuto conto che nel volume mancano opere di autori della DDR (della Seghers è presente La rivolta dei pescatori di Santa Barbara del 1928) e un’opera narrativa di Peter Handke cui lo stesso Mittner riesce a dare un significativo profilo a chiusura della sua storia letteraria. Questo avrebbe rafforzato il percorso, elaborato dai curatori, dall’“epos del ‘mondo di ieri’ alla dissoluzione del romanzo, sino alla più recente sperimentazione”.

    Di fronte a una rassegna di romanzi tanto noti, di autori per lo più notissimi, fatta forse eccezione di Oswald Wiener, la questione che si pone è la loro ‘effettiva’ incidenza sulla ricostruzione del tessuto connettivo di un’epoca storico-culturale e letteraria contrassegnata da due guerre mondiali e dal Nazionalsocialismo. Certamente i saggi monografici aiutano in questa direzione, ma soprattutto invitano a un dibattito di stretta attualità.

  2. Michele Sisto says:

    A una prima impressione credo proprio che Il processo e La montagna incantata (resto legato al vecchio titolo!) siano le principali tra le “(pochissime) rilevanti lacune” a cui si accenna nell’introduzione. Conoscendo le predilezioni di Mittner e dei quattro curatori escluderei che proprio questi romanzi non fossero inclusi nel piano dell’opera. Sarebbe, anzi, divertente scoprire chi siano i responsabili della mancata consegna!

    Anche a me pare che Wolf e Handke avrebbero potuto essere inclusi. Ma nel ’70 Handke, che Magris teneva già sotto osservazione, era noto soprattutto come poeta e drammaturgo (e i due primi brevi romanzi apparivano molto legati alla moda del nouveau roman), mentre la Wolf non piaceva a Cases, che cambiò idea solo più tardi.

    Quanto ai decenni successivi, mi verrebbe, tanto per cominciare, da aggiungere alla lista questi titoli, scelti in modo del tutto idiosincratico (ma persuaso):

    Uwe Johnson, I giorni e gli anni (1970-83)
    Heinrich Böll, Foto di gruppo con signora (1971)
    Christa Wolf, Trama d’infanzia (1975)
    Peter Weiss, Estetica della resistenza (1975-81)
    Thomas Bernhard, Autobiografia (1975-82)
    Christa Wolf, Cassandra, incluse le Premesse (1983)
    Thomas Bernhard, Estinzione (1986)

    Sugli anni seguenti sono incerto. Qualcosa di Elfriede Jelinek? Di Ingo Schulze? Ci sono molti romanzi di grande valore documentario, che testimoniano efficacemente temi e stili dominanti in un certo periodo. Ma ritrovo opere durevoli solo a partire dai primi anni 2000: p.es. Austerlitz di Sebald, Rosso di Uwe Timm (2001), Tutti i giorni di Terézia Mora (2004) e La città degli angeli di Christa Wolf (2011), che secondo me è un capolavoro, un libro con molto passato e molto futuro.

  3. Daniela Fantoni says:

    Concordo su Christa Wolf, di cui inserirei senza dubbio le “Riflessioni su Christa T.” e “Cassandra”.
    Sempre in ambito DDR: Christoph Heim, “Der fremde Freund – Drachenblut”.
    Sono sorpresa nel non trovare proprio nulla di Ingeborg Bachmann. “Il caso Franza” meriterebbe un posto in lista, nonostante la frammentarietà.
    Guardando agli anni più recenti: Sibylle Lewitscharoff con il suo “Blumenberg” (che porta anche riferimenti al sopracitato “il caso Franza”).

  4. Michele Sisto says:

    Grazie, Daniela. Bachmann in effetti nel ’70 non aveva ancora pubblicato Malina e non poteva essere inclusa nel Romanzo tedesco del Novecento. Ma dopo quarant’anni possiamo fare giustizia ;-)

    Posso chiederle cosa l’ha colpita di Blumenberg? Lo sto leggendo proprio in questi giorni e non me ne sono ancora fatto un’idea.

    • Daniela Fantoni says:

      Intendevo dire che mi stupiva non trovare la Bachmann nei commenti che hanno integrato la lista del ’68. :-)

      Di “Blumenberg” mi ha colpito senza dubbio l’intreccio di riferimenti più e meno colti (dal quadro di Antonello da Messina all’incisione di Dürer, dall’Egitto del caso Franza all’Ammazonia di Herzog). Ma è secondo me la lingua a farne un romanzo degno di nota: l’uso di parole e sintassi che non si limita allo status quo della lingua tedesca di oggi ma che sembra volerla tirare, quasi fosse una materia elastica, a dire di più, a dire “oltre” (“habhaft, fellhaft, gelb” sembra un verso ben riuscito, “allumfassende Sorge” è di certo un’espressione potente). Infine, anche il pensiero forte e razionale, leonino, la fiducia in quella visione di razionalità, ne fa secondo me un’opera importante, anche se (forse) non rivoluzionaria.

  5. Michele Sisto says:

    Sì, anche se lo sto leggendo in italiano la fiducia in quella visione di razionalità si percepisce, e anche la tensione linguistica.

    Per Bachmann: avevo pensato di citarla, ma in effetti non è una mia autrice (non ancora, quantomeno). Spero comunque che i commenti siano solo all’inizio, e che l’elenco si allunghi parecchio!

  6. nadia centorbi says:

    Senza ragionarci troppo e solo leggendo l’elenco nella prima parte aggiungerei subito:

    – Hermann Broch, La morte di Virgilio (1945)
    – Klaus Mann, Mephisto (1936)
    – Lion Feuchtwanger, Exil (1940)
    – Alfred Döblin, Berlin Alexanderplatz (1929)
    – Erich Kästner, Fabian (1931)

    dagli anni Cinquanta in poi… l´elenco si farebbe troppo fitto e sono curiosa di vedere gli altri commenti – limito quindi la lista ad un´impressione a caldo di alcuni romanzi di cui ho subito sentito la mancanza scorrendo la lista all´inizio.

  7. Solo limitandosi al Novecento – il XXI secolo è, già nei primi suoi quattordici anni, ricco di titoli che non possono essere ignorati – accolgo l’elenco del 1973 come ottimo punto di partenza, saluto con riconoscenza tutte le proposte di integrazione qui fatte nei commenti e aggiungo, notando con un po’ di stupore (come mi è capitato di fare qualche tempo fa, in occasione del centenario della loro nascita) l’assenza di Arno Schmidt e Alfred Andersch:

    Hans Fallada, Ognuno muore solo (1947)
    Hugo Loetscher, L’ispettore delle fogne (1963)
    Irmtraud Morgner, Nozze a Costantinopoli (1968)
    Günter De Bruyn, L’asino di Buridano (1968)
    Sten Nadolny, La scoperta della lentezza (1983)
    Ingo Schulze, Semplici storie (1999)

    Un romanzo storico che andrebbe senz’altro tradotto in italiano è a mio parere “Gestern war heute” (1968) di Ingeborg Drewitz; ancora, andrebbe reso accessibile ai lettori italiani anche “Die Welt ist groß und Rettung lauert überall” (1996) di Ilija Trojanow (l’autore del “Collezionista di mondi” del 2006).

  8. marco says:

    Faccio un paio di digressioni non richieste.
    Capisco l’importanza storica del romanzo, ma preferirei un po’ più di libertà; l’opera in lingua tedesca che mi ha più colpito negli ultimi 2-3 anni è un libriccino minuscolo arrivato su un mercatino dell’usato vicino a me attraverso chissà quale buco spazio-temporale, le Ausgewählte Erzählungen di Regina Ullmann (1979). Considerato che alcuni dei romanzi menzionati sopra sono abbastanza lontani dalla forma-romanzo classica, forse sarebbe più giusto considerare anche drammi o raccolte di racconti.
    In secondo luogo, ci sono autori di cui è facile indicare un singolo romanzo, altri per cui scegliere fra diversi sembra discutibile. Della Seghers, ad esempio fa strano vedere i pescatori di Santa Barbara e non Transito o La Settima Croce; dovessi scegliere un romanzo per Bernhard cambierei a seconda di come mi sveglio; per quel che riguarda la Bachmann poi è particolarmente difficile estrarre una singola opera, perché mi sembrano tutte parte di un unico discorso che andrebbe considerato globalmente – lo stesso Caso Franza appare molto meno mutilo se letto nel contesto delle altre opere.

    Mi piacerebbe di più insomma indicare un nome e un romanzo, restando intesi che questo è indicativo ma non necessariamente esaustivo dell’autore, un po’ come fa il Nobel (o il Büchner)
    Detto ciò, qualche nome in più:

    Annemarie Schwarzenbach – Das glückliche Tal ?-2001-postumo
    Arno Schmidt – Schwarze Spiegel 1951
    Marlen Haushofer – Die Wand 1963
    Irmtraud Morgner – Leben und Abenteuer der Trobadora Beatriz nach Zeugnissen ihrer Spielfrau Laura 1974
    Brigitte Reimann – Franziska Linkerhand 1974-1998-postumo
    Ingerborg Bachmann – Il Caso Franza 1978-postumo
    Elfriede Jelinek – La Pianista 1983
    Birgit Vanderbeke – Das Muschelessen 1990
    W G Sebald – Gli Anelli di Saturno 1995
    Reinhard Jirgl – Abschied von den Feinden 1995
    F C Delius – Der Spaziergang von Rostock nach Syrakus 1995
    Jenny Erpenbeck – Heimsuchung 2008

  9. db says:

    per fortuna c’è il canone tedesco, con Arno Schmidt tra i primi sei (v. sondaggio recente su 350 critici letterari autoctoni).
    canonizzare comunque e a doppio senso (a taglio unico):
    autori canonizzati/catalogati da canonizzanti che canonizzano/catechizzano lettori

  10. db says:

    (ci vorrebbe un accento, ma funziona comunque)

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