Il Lenz di Büchner per una nuova casa editrice

copertina-STAMPA4[Nel dicembre dello scorso anno gli editori Giometti & Antonello di Macerata hanno inaugurato il loro catalogo con il Lenz di Georg Büchner, splendidamente illustrato da Giuditta Chiaraluce. Scrivono nell’introduzione: “Per noi, casa editrice nascente, al cuore del cui programma ci saranno testi che sfuggono di mano al loro autore, pagine postume – se possiamo usare questa formula – che spesso però sono state pubblicate in vita, per noi Büchner è un paradigma, e per questo gli consacriamo questa nostra prima pubblicazione, accompagnata da due testi finora inediti in italiano: i discorsi di Gottfried Benn e di Martin Walser tenuti rispettivamente nel 1951 e nel 1981 in occasione del conferimento del premio Büchner”. La traduzione è quella storica di Alberto Spaini, apparsa la prima volta per Carabba alla fine degli anni ’20 e riproposta da Rosa e Ballo nel 1944. Ne riprendiamo qui un breve brano (pp. 47-48). I testi di Benn e Walser sono tradotti da Manlio Mosella. M.S.]

A tavola Lenz riacquistò il suo buon umore: parlarono di letteratura, egli era nel suo campo. Cominciava allora il periodo idealistico; Kaufmann ne era un adepto, Lenz, invece, decisamente contrario. Disse che i poeti dei quali si dice che riproducono la realtà, non ne hanno invece neanche una lontana idea; ma tuttavia sono sempre più sopportabili di quelli che vorrebbero dare una realtà trasfigurata. Disse: il buon Dio ha certamente fatto il mondo così come deve essere e noi non possiamo scarabocchiare niente di meglio; tutti i nostri sforzi possono tutt’al più mirare a imitarlo un poco. In ogni opera io richiedo la vita, la possibilità di essere reale; e se c’è questa possibilità, va bene; non dobbiamo poi domandare se è bella o brutta. Il sentimento che ciò che è stato fatto, ha vita, sta al di sopra di questi due concetti, ed è l’unico criterio che valga in fatto d’arte. Del resto lo si incontra molto raramente: lo troviamo in Shakespeare, e risuona sempre nei canti popolari, talora in Goethe; tutto il resto si può buttarlo nel fuoco. Certa gente non sa disegnare neppure un canile, e invece vorrebbero creare creature idealistiche, ma tutto quello che ho visto di loro, sono marionette di legno. Questa sorta di idealismo significa un ignominioso disprezzo per la natura umana. Bisogna provare almeno una volta a sprofondarsi nella vita dell’uomo più umile, e riprodurla nei suoi sussulti, negli accenni, nel più sottile, appena percettibile gioco della mimica. Egli aveva tentato qualche cosa del genere nel Precettore e nei Soldati. Costoro sono le creature più prosaiche di questo mondo; ma la vena del sentimento è uguale in quasi tutti gli uomini, solo la scorza attraverso la quale deve venire la luce, è più o meno grossa. Però bisogna avere occhi ed orecchi capaci di riconoscerla. Ieri, mentre risalivo la valle, ho veduto due ragazze sedute sopra un sasso: una si pettinava, l’altra l’aiutava; i capelli biondi che pendevano, ed un volto pallido e assorto eppure tanto giovane, ed i vestiti neri, e l’altra, così attenta e premurosa. I quadri più belli e più intimi dell’antica scuola tedesca possono appena dare un’idea simile. Qualche volta si vorrebbe possedere la testa di Medusa per cambiare in pietra un gruppo come quello, e chiamare la gente ad ammirarlo. Poi si alzarono, il bel gruppo fu distrutto; ma come incominciarono a scendere in mezzo alle rocce, si formò un altro quadro.

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I quadri più belli, i suoni più ricchi si raggruppano, si dissolvono nello stesso modo. Solo una cosa rimane: un’infinita bellezza che passa da una forma all’altra, eternamente riveduta, immutabile. Certo non è sempre possibile trattenerla e collocarla in un museo e catalogarla, e poi far venire giovani e vecchi e seccarli costringendoli a entusiasmarsi. Bisogna amare l’umanità per penetrare nel carattere proprio di ognuno; nessuno deve sembrare troppo mediocre, troppo brutto, e allora solamente lo si può comprendere; il volto più insignificante fa una impressione più profonda che una pura sensazione della bellezza, e si possono anche trovare le immagini dentro se stesso, senza bisogno di copiare qualcosa dal mondo esteriore, se fuori di sé non si sentono gonfiarsi e pulsare la vita, i muscoli, il sangue.

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