Paul Celan-Vittorio Sereni, Carteggio (1962-1967)

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[Riprendiamo da Le parole e le cose: È uscito da poco, per le Edizioni L’Obliquo di Brescia, il Carteggio (1962-1967) tra Paul Celan e Vittorio Sereni. Il volume, curato e annotato da Giovanna Cordibella, contiene anche, in appendice, uno scambio epistolare tra Sereni e Andrea Zanzotto e un saggio traduttorio di Giuseppe Bevilacqua, con interventi di Zanzotto. Pubblichiamo una lettera di Celan a Sereni e, di seguito, un estratto dell’introduzione di Giovanna Cordibella].

Parigi, 22 febbraio 1962

Caro Signor Vittorio Sereni,

la ringrazio della sua gentile lettera del 19 di questo mese e mi premuro di rispondervi.

Mi rallegro particolarmente di poter rivolgere queste righe al traduttore italiano dei Feuillets d’Hypnos: tradurli in tedesco è stato, per me, rendere omaggio a quel poeta e a quella poesia, e, al contempo, alla Resistenza. (Al pari di come, traducendo Ossip Mandel’štamm, ho creduto di poter rendere omaggio a quell’uomo, a quell’opera, alle vittime dello stalinismo).

Resto certamente del tutto disposto, in linea di principio, a affidare alle Edizioni Mondadori la cura della pubblicazione di una scelta italiana delle mie poesie. Ma tra i problemi da risolvere vi è soprattutto quello – maggiore – della traduzione che mi preoccupa.

Personalmente non mi sono mai cimentato, in materia di poesia, col tradurre nient’altro che ciò che, come si dice nella mia lingua, mi parla («was mich anspricht»[1]), e immagino che le sue personali esperienze debbano essere analoghe alle mie.

Vi si aggiunga che, proprio recentemente, mi sono potuto rendere conto, in occasione della comparsa di una “traduzione” da me non autorizzata (nella «Fiera Letteraria» del 14.1.62) e accompagnata da un assai curioso “commento”*,[2] della sorte a cui alcuni intendono destinare i miei scritti.

Ma spero di poter trovare, grazie al vostro aiuto, un vero traduttore.

Molto sinceramente vostro

Paul Celan

* Nessuno che abbia letto ciò che ho pubblicato può, in effetti, ignorare che sono ebreo.

[1] In tedesco nel testo: «ciò che mi parla».

[2] Il riferimento è qui alla versione P. Celan, Matière de Bretagne, traduz. it. di D. De Tuoni e alla nota critica D. De Tuoni, Poesia tedesca d’avanguardia – Paul Celan, in «La fiera letteraria», XVII, 2, 14 gennaio 1962, p. 3. Gli scritti vengono anche segnalati da Celan in una lettera a Theodor W. Adorno del 26 gennaio 1962, dove Celan deplora il mancato riconoscimento da parte del critico italiano del proprio ebraismo, così come l’adozione di una linea interpretativa del tutto inappropriata. Portato all’attenzione di Adorno è il seguente passo dello scritto di De Tuoni: «Amico del lirico francese Jean Cayrol, anche il Celan ha un’arte d’ispirazione cristiana e di tendenza progressista, densa di misticismo, che affonda le sue radici nel solco tracciato da Rimbaud. L’allucinazione, il ragionamento disordinato, infondono alla realtà ispiratrice una pregnanza lirica intensa, alla volte sconcertante […]». Cfr. P. Celan – Die Goll-Affäre. Dokumente zu einer «Infamie», a cura di B. Wiedemann, Frankfurt a. M., Suhrkamp 2000, pp. 551-553.

* * *

Leggi un estratto dell’introduzione di Giovanna Cordibella su Le parole e le cose

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