Martin Walser per la prima volta sulle scene italiane

Walser a Catania

   Nadia Centorbi

Da oltre cinquant’anni Martin Walser domina la scena letteraria tedesca, imponendosi come voce autorevole atta a ridestare la coscienza dei suoi lettori, specie attraverso i suoi interventi saggistici e i discorsi tenuti in occasioni ufficiali. La versatilità e prolificità della sua penna sono ormai note al pubblico dei lettori tedeschi, adusi con scadenza annuale all’uscita di almeno un romanzo o di una raccolta di interventi in prosa. Anche come autore di teatro Walser è in Germania tutt’altro che sconosciuto: il suo Eiche und Angora. Eine deutsche Chronik del 1961 (Querce e conigli. Una cronaca tedesca), il primo dei suoi pezzi teatrali, è considerato oggi un classico del teatro tedesco contemporaneo. Tra i numerosi pezzi teatrali germinati nel corso della lunga e prolifica attività scrittoria dell’autore, la figura di Goethe prende corpo in due occasioni: nel dramma del 1982 In Goethes Hand (Nelle mani di Goethe) e più recentemente nella riduzione teatrale del romanzo di successo del 2008 Ein liebender Mann (Un uomo che ama). 

La decisione di proporre al pubblico italiano la messa in scena di quest’ultimo dramma è tutt’altro che fortuita. Essa nasce in primo luogo dalla volontà di estendere il raggio di interesse del pubblico italiano anche alla produzione drammaturgica di un autore, quale Walser, oggi più o meno noto nel Belpaese come romanziere ma sconosciuto nell’habitus di drammaturgo. La scelta del dramma da inscenare è stata poi condizionata dal successo del romanzo Un uomo che ama, tradotto nel 2009 da Francesco Coppellotti per la casa editrice SugarCo di Milano.

La storia dell’amore senile di Goethe per la diciannovenne contessina Ulrike von Levetzow ha consentito al romanziere la modulazione di sonorità difficilmente raggiunte in precedenza, calibrando sapientemente sentimento e affanno, lucidità e delirio, tragedia e farsa. Con tatto stilistico esemplare Walser incanta per lo sfruttamento di ogni gradazione di delicatezza narrativa, tanto che si è indotti a leggere l’ultimo delirio amoroso di Goethe con il trasporto della sonorità antropica: un’occasione, quella dell’amore contrastato dalla differenza d’età, che porta il segno dell’universalmente umano. Chi si accosterà all’ultimo delirio amoroso di Goethe sarà pervaso dalla sensazione che ai timbri elegiaci che ne scandiscono il tempus si sovrappongano più intense vibrazioni dai contrasti febbrili, languori e incandescenze, trasporti e sfinimenti: che sia la temperatura di un nuovo Werther? Se con il suo Werther Goethe magnetizzò un’epoca, il Goethe figurante come protagonista del romanzo di Walser conturba il lettore non meno della sua creatura. La storia dell’ultimo amore di Goethe, quello per la giovane Ulrike von Levetzow, non si esaurisce nel mesto dolore espresso dal ‘favorito degli Dei’ nella celebre elegia di Marienbad. La mestizia della più nota testimonianza poetica di questo amore crepuscolare costituisce nel romanzo di Walser e nel dramma solo un intermezzo: l’autore lascia muovere il suo protagonista oltre l’elegia, consapevole che le intensità vissute dal poeta, sciolte poi in essa, avrebbero conosciuto timbri più acuti, attese senza speranza, illusioni e disillusioni, delirio notturno, respiro mozzato, gelosia, angoscia. Su questi toni insiste la scrittura di Walser per ricostruire un retroscena convulso nel quale la sintomatologia amorosa riverbera con potenza folgorante.

Patente risulta l’intenzione dell’autore di sottrarre al suo protagonista l’aura olimpica, per rivestirlo di una non meno seducente umanità denudata: il lettore e lo spettatore non riscontreranno nella ricostruzione di Walser un solo passo che si pieghi a mummificare il sommo poeta. Walser scruta attraverso le fenditure della maschera compassata dell’Eccellenza di Weimar, apre varchi, affinché la maschera vada in frantumi e il volto sia scoperto. È un nudo Goethe quello offerto da Walser, e sulla nudità l’autore insiste in due scene topiche del romanzo e in una scena centrale del dramma con grande efficacia performativa. Non del tutto tragico e non del tutto comico, il Goethe amans che figura nel romanzo walseriano ha il privilegio di incantare il lettore (e ora anche lo spettatore) con la sua posa imponente provocatoriamente ‘messa a nudo’ da un Walser che non smentisce la sua vocazione alla Demaskierung.

La riduzione teatrale, messa a punto sulle scene tedesche con la regia di Ansgar Haag nell’autunno del 2010 presso il Meininger Theater, ha destato l’interesse della traduttrice che in collaborazione con l’autore ha pensato ad una versione italiana dell’opera teatrale. La versione drammatica ha implicato inoltre un completo stravolgimento della traduzione italiana del romanzo con la conseguente scelta di espedienti linguistici (vagliati in sintonia con l’autore) che meglio si prestino all’efficacia performativa del testo sulle scene italiane.

Le riflessioni del regista Elio Gimbo sulla messa in scena del testo lasciano intendere anche le ampie possibilità sperimentali offerte dall’opera di Walser: «Ma cosa può aggiungere il teatro, la messinscena ad un testo come Un uomo che ama? Il nostro contributo originale è stato di immaginare teatralmente la natura e l’unicità di un’esperienza simile: l’incontro tra la bellezza della gioventù e l’eternità della letteratura. Qualsiasi contatto con un artista della grandezza di Goethe non è solo il contatto con una persona ma con l’intera sua opera, che, come un fantasma, agita l’aria e lo spazio attorno al proprio autore. Nessun grande artista, in questo senso, è mai “solo”, ma immerso in una moltitudine bizzarra pencolante tra la fantasia e la realtà. L’arbitrarietà che può consentirsi un regista mi ha portato a scarnificare l’azione dei protagonisti ed a immergerla nel liquido amniotico della creazione letteraria, ricavando da qui la densità teatrale».

Nadia Centorbi

This entry was posted in Segnalazioni and tagged , , , , , , , . Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *