Monica Bassi, Le marionette di Richard Teschner

[Ripendiamo dall’ultimo numero di Comunicare letteratura l’articolo di Monica Bassi Poetica del silenzio e anime letterarie nel teatro per marionette di Richard Teschner. A Teschner dedica una retrospettiva il Theatermuseum di Vienna, aperta fino al 10 febbraio 2014. Immagine via 50Watts. M.S.]

Monica Bassi

Accostarsi ad un artista eccentrico come Richard Teschner significa vedere e poter ritrovare, inconsapevolmente manipolato nel suo Figurenspiegel e nella forma della pantomima, il fascino mitico dell’origine artistica dell’ombra. Dalle marionette preistoriche alle rozze baracche delle fiere e delle piazze fino agli eleganti teatrini barocchi di carta, illuminati dalla tenue luce delle candele, la storia delle ombre e delle marionette attraversa i secoli. Più di recente figure e ombre, nella loro anfibia consistenza, hanno ispirato artisti come Lotte Reiniger, regista del cinema d’animazione, che negli anni Venti del Novecento lavora a un recupero poetico e ironico delle silhouettes animate riproponendo il mondo della tradizione favolistica classica con stile colto e raffinato o ancora come lo statunitense Alexander Calder che nel 1926, con il proprio famoso Circo, approda ad una scultura alternativa, fatta di materiali poveri e di recupero, ma non per questo meno priva di una grazia sottile nei contorni di figurine dai movimenti aleatori e dai sottili equilibri.

Ma l’immagine inquietante dell’ombra come sostanza del doppio porta con sé inevitabilmente anche tutto il potere demiurgico, che vive nella creazione plastica di simulacri ed automi, oltre a quell’aspetto consolatorio che ognuno di noi può sperimentare nell’esperienza estetica, sia scenica che letteraria. Perciò Richard Teschner, rimasto in disparte rispetto a contemporanei ben più famosi e celebrati, esige di essere riscoperto, recuperandone l’importanza e il pregio non solo come artista, ma soprattutto come interprete di quel complesso mondo viennese che è stato la fin de siècle.

Le parole di uno studioso e appassionato collezionista come Mario Verdone sono la sintesi più appropriata per una definizione delle marionette di Teschner:

Veri e propri gioielli scultorei, dove la miniatura, il talento costumistico, e dell’orafo persino, si evidenziano con suprema eleganza.

Così il percorso artistico di Teschner, condotto con un fervore quasi sacerdotale, è rappresentato da un’opera-documento, il Figurenspiegel, che si inserisce a pieno titolo nella complessa vastità dell’arte del Novecento contribuendo a delinearla con una carica estetica assolutamente adeguata alla topografia artistica viennese e alla tensione tutta europea per la realizzazione di un Gesamtkunstwerk:

Le luci, l’apparato scenografico, l’accompagnamento musicale curato con carillons, l’aura mistica che Teschner sapeva creare attorno al suo spettacolo, conferivano alle “serate” il carattere di complete manifestazioni d’arte. Il sogno di Teschner sopravvive nella magica aspirazione di rendere visibili nel proprio microcosmo immagini fantastiche di mondi irreali, simboli del mistero dell’esistenza umana, per di più meravigliosamente rappresentati all’interno di uno “specchio”: il suo Figurenspiegel, testimonianza di un’epoca e un gusto. Nel 1937 il critico Joseph Gregor arrivò a scrivere:

Il teatro delle figure del Professor Richard Teschner oggi senza alcun dubbio il più coltoteatro di marionette del mondo, assai conosciuto grazie al periodo prolungato di esibizioni a Londra, anche quest’inverno ha un nuovo programma.

In questo caso un nuovo programma significa sempre un perfezionamento: non solo della tecnica, anche perché con le marionette non potrebbe essere diversamente, ma soprattutto
dell’arte del creatore.

Che un artista di tale rango viva con le sue piccole creature mute con una dedizione profonda, quasi claustrale, è già di per sé cosa rara, ma il pieno coinvolgimento in questo tema, l’incessante perfezionamento e miglioramento sono ancora più ammirevoli. Il modello
di Teschner ha raggiunto un fascino che nessun altro è riuscito a superare. Teschner lavora tutta la vita a un sogno, per la realizzazione di un’utopia. Trasforma il materiale narrativo a sua disposizione in uno spazio senza peso né consistenza dove le favole antiche della sua terra giungono nel tempo ad amalgamarsi con il folclore austriaco in una rivisitazione narrativa che raccoglie frammenti persino dai più lontani miti dell’Estremo Oriente.

Nessun’altra definizione lo descrive meglio di quanto su di lui Stefan Zweig il 30 dicembre del 1935 scrisse nel libro degli ospiti:

Niemals der gleiche, immer derselbe.

Parole che possono essere considerate la quintessenza delle recensioni finora pubblicate e che confermano l’inusuale particolarità della sua arte che conquistò persino collezionisti dell’élite viennese come i Wittgestein. Continua a leggere in pdf

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