Ervino Pocar, Dalla vita di un traduttore

Comunicare 5[Il numero 5 della rivista Comunicare letteratura ospita la conferenza Dalla vita di un traduttore di Ervino Pocar. Si tratta di un testo, scritto in tedesco e pervenuto in forma dattiloscritta con numerose correzioni a mano, fino a oggi inedito. Quando e in quale occasione la conferenza sia stata tenuta non è stato possibile determinarlo con certezza. È qui presentata per la prima volta in italiano e in forma integrale. Desidero sottolineare due dettagli, in apparenza marginali, che gettano una luce particolare su questo excursus biografico ricco di notazioni teoriche. È la prima volta che si pubblica un testo di tale lunghezza di Pocar. Il traduttore vi delinea una visione completa e articolata del suo fare cultura per il tramite della traduzione. Di norma Pocar viene citato, soprattutto nelle sue espressioni più aneddotiche, in forma del tutto decontestualizzata e tale utilizzo dei suoi scritti non rende agevole coglierne la ricchezza e la profondità del pensiero. In secondo luogo è di grande importanza il momento storico-culturale in cui Pocar scrive. Le sue tesi, maturate nella prima metà del Novecento e formulate con estrema lucidità e consapevolezza fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta del secolo scorso, lo collocano fra le voci coeve più innovative e moderne della realtà editoriale e linguistica non solo italiana, realmente interculturali nella consapevolezza della estrema necessità di
una mediazione non meramente legata al dettato verbale. P.M.F.]

Ervino Pocar

Gentili signore e signori, nel mentre ringrazio per il prestigioso invito ed esprimo la mia gioia di poter parlare in Loro presenza, desidero anche chiedere venia del fatto che parlerò molto di me e delle mie esperienze.
Importanti, infatti, mi paiono sempre le esperienze personali: altrimenti non se ne farebbero partecipi gli altri. Si pone ora la questione, se le considerazioni che in quest’ora desidererei esporre saranno sufficientemente interessanti per suscitare la Loro partecipe attenzione.
Principierò con il percorso traduttivo da me battuto. Quando ho cominciato a tradurre? Ora, solitamente il tradurre comincia con gli esercizi scolastici dal latino e dal greco. Per i bambini, però, che vivono in zone di confine questa attività comincia ben prima. E così è stato per me.
Nato in Istria, e precisamente a Pirano, la città natale del compositore e valente violinista Giuseppe Tartini, ho frequentato la scuola elementare a Gorizia, all’epoca aggregata al Litorale austriaco, dove ho cominciato a studiare tedesco a sette anni: mi dovevo preparare per il ginnasio, in cui la lingua d’insegnamento era appunto il tedesco e dove avevamo soltanto quattro ore in settimana di italiano. L’italiano era considerato lingua straniera.
Devo subito far presente che paradossalmente lo studio dell’italiano mi costava quasi più fatica dello studio del tedesco. Questo lo parlavamo infatti per tutta la settimana a scuola, a casa si parlava il dialetto veneziano: così era di necessità che imparassi la lingua scritta grazie a uno studio assiduo.
Arrivai al punto di seguire il consiglio di uno scrittore al tempo molto amato, Edmondo de Amicis, e mi misi a leggere, una colonna dopo l’altra, il vocabolario italiano: una lettura forse utile, di certo non avvincente per un ragazzo. Karl May sarebbe stato più divertente e stimolante, e tuttavia lessi il vocabolario!
Dopo otto anni di ginnasio venne il momento di scegliere l’università. Sarei andato volentieri a Firenze o Roma, come alcuni dei miei compagni di scuola, ma a causa della mia modesta situazione economica dovevo far conto su una borsa di studio statale che mi vincolava a un’istituzione austriaca. Scelsi la maggiore, ovvero Vienna, dove mi dedicai allo studio delle lettere classiche.
Premessa per la modesta fama da me raggiunta in Italia come traduttore sono proprio questi miei studi viennesi e soprattutto la confidenza con la lingua tedesca che maturai in quegli anni.
Durante la grande Guerra fui a Graz dove lavorai nella scuola media superiore per studenti italiani profughi. Un giorno, appassionatamente colpito dalla bella sonorità dei versi di Hofmannsthal, tradussi La Morte di Tiziano e inviai questo primo tentativo di traduzione nella mia madrelingua addirittura al poeta, a Rodaun.
Se egli l’abbia considerato valido quanto me, non lo so. Oggi posso solo ammirare il coraggio che ebbi nel mandargli quel lavoro di un principiante! A ogni buon conto ricevetti da lui una copia di Poesie e Piccoli drammi: a quel punto mi tuffai subito nei Piccoli drammi e ne tradussi tre.
Ma non mi era sufficiente: dal mio interesse per la filosofia venne la decisione di tradurre contemporaneamente anche un’opera di filosofia, ovvero la Philosophie der Gegenwart in Deutschland di Külpe. Il successivo autore con il quale misi alla prova le mie arti traduttorie era uno scrittore per nulla semplice: Kleist, che mi aveva conquistato con la sua prosa. E allora tradussi il Kohlhaas e quasi tutti gli altri racconti.

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