La Venezia di Georg Trakl

[Questo saggio di Dario Borso è uscito nel volume Il marmo, la fontana, il precipizio. Poesie tedesche sull’Italia, a cura di Bernhald Arnold Kruse e Vivetta Vivarelli, Firenze, Le Lettere, 2013Immagine via the22magazine. M.S.]

Dario Borso

In una lettera a Ludwig von Ficker del primo luglio 1913, Carl Dallago, analizzando il verso «si cade in ginocchio commossi» di Unterwegs, poesia di Trakl uscita giorni prima sul «Brenner», eligeva l’autore a poeta del “Verfall” e obiettava: «c’è però differenza se a cadere in ginocchio è qualcosa di forte o qualcosa che sempre oscilla e barcolla».

Giusto due anni prima Dallago aveva pubblicato un lungo saggio, Der Verfall, dove impiegava alternativamente «Dekadenz» con riferimento esplicito all’ultimo Nietzsche, di cui replicava pure la distinzione «schwach» / «stark». E ancora nel maggio 1912, sempre sul «Brenner», pubblicava Nietzsche und die Landschaft, dove l’avvio è dato da un passo di Jenseits von Gut und Böse, § 255: «Posto che uno ami il Sud come lo amo io, come una grande scuola di risanamento per lo spirito e per i sensi, come un’incontenibile pienezza e trasfigurazione solare che si estende su un’esistenza sovrana, fiduciosa di sé»…

Trakl non aveva ancor mai varcato le Alpi, nel luglio 1913 stazionava a Vienna senza soldi, senza lavoro e con nessuna voglia di ottenerlo. Così, dopo aver cercato d’imbarcarsi per le Americhe, accolse l’invito di Adolf Loos per una vacanza a Venezia. Il giorno prima di partire, 15 agosto 1913, a un amico d’infanzia scrive, parodiando Dante: «Il mondo è rotondo. Sabato cado giù a Venezia. Sempre avanti – alle stelle». La comitiva, comprendente l’amante di Loos e Kraus, si sparpagliò tra vari hotel della città per una dozzina di giorni, a metà dei quali fu raggiunta da Ficker e consorte. Continua a leggere in pdf

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