Non è per forza uno svantaggio

Questo libro è stato scritto in condizioni piuttosto difficili. A quel tempo venivo sempre più emarginato, o anzi, isolato, dalla comunità accademica. Questo non è per forza uno svantaggio. Nell’università di oggi, l’ordinariato, il riconoscimento da parte dei colleghi, l’assistenza e gli allori che possono conferirci, non di rado sono sintomi di opportunismo e di un mediocre convenzionalismo. Fino a un certo punto, l’essere esclusi, costretti a stare fuori da questo mondo, può essere una delle condizioni necessarie per un lavoro valido. La ricerca e i progressi scientifici dipendono in gran parte, logicamente, dalla collaborazione. Ma nelle scienze umane, nelle discipline del discorso intuitivo, i comitati, i colloqui, il circuito delle conferenze sono una maledizione. Niente è più ridicolo dell’elenco di colleghi universitari e degli sponsor che vengono ringraziati nelle note in calce a lavori banali. In poetica, in filosofia e in ermeneutica, i lavori degli di essere compiuti vengono spesso prodotti contro corrente e nell’emarginazione.

George Steiner, Dopo Babele, trad. di Ruggiero Bianchi, Milano, Garzanti, 1994, p. 9 (Prefazione alla seconda edizione, 1991)

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