Ostalgie come pratica della memoria nella Germania dopo l’89

Damnatio memoriae – immagine via: artribune.com 

Eva Banchelli

Concluse le celebrazioni che tra il 2009 e il 2010 hanno commemorato con enorme impegno di mezzi il ventennale della caduta del Muro e quello della riunificazione della Germania, un dato emerge con particolare evidenza dalla mole di inchieste, di studi e di racconti prodotti su entrambi questi eventi. La speranza che la memoria di quei giorni si costituisse in mito fondativo di una nuova identità nazionale tedesca è stata fino a oggi in gran parte delusa, nonostante il poderoso sforzo istituzionale di organizzare e dirigere il processo di elaborazione di questo nuovo passato per farne un patrimonio comune e condiviso. La soddisfazione per i molti traguardi raggiunti dopo l’’89 è, infatti, ancora offuscata, a est come a ovest, da quel fenomeno che Daniela Dahn – una delle commentatrici più critiche dell’ultimo ventennio vissuto dalla Germania – ha definito, evocando il celebre saggio di Freud, «il disagio nell’unità», ovvero il malessere diffuso tra i cittadini della ex DDR per le troppe promesse disattese riguardo allo sviluppo economico-sociale e all’integrazione reciproca tra le due parti del paese. La fine dell’oppressione e della penuria, la riconquistata libertà di movimento, di opinione, di comunicazione sono state accompagnate infatti da una sconosciuta precarietà sociale, dal discredito generalizzato del sistema socialista, dall’abuso di stereotipi discriminanti ai danni dei cittadini dell’Est e dallo smantellamento sistematico del loro intero universo di valori.

Il successo della rivoluzione pacifica dell’ ’89 e la scomparsa della cortina di ferro, acclamati dall’opinione pubblica internazionale e festeggiati con uno spettacolare dispiegamento mediatico, non si sono dunque sedimentati per ora in una memoria collettiva e in un patrimonio simbolico unificanti, sebbene questo capitolo di storia felicemente concluso sembrasse offrire ai tedeschi una possibile occasione di riscatto dall’estenuante confronto con gli spettri del nazionalsocialismo e del secondo conflitto mondiale. Così almeno si augurava, interpretando il desiderio di molti, un autorevole osservatore partecipe come Martin Walser davanti alle immagini delle folle di berlinesi esultanti la notte del 9 novembre del 1989. Clicca qui per leggere l’integrale del saggio

Tratto da: Eva Banchelli, Ostalgie come pratica della memoria nella Germania dopo l’89, in 1989-2009. La caduta del muro venti anni dopo. Atti del Convegno Internazionale di Studi Venezia 17-18 dicembre 2009, a cura di Iliana Krapova, Francesca Fornari, Alessandro Scarsella, Bologna, Archetipo 2011.

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