Heißer Sommer – Perspektive 3

Heißer Sommer – Perspektive 3                                                                 Matteo Galli

Confesso che fino a pochi giorni fa al titolo Heißer Sommer collegavo soltanto il primo romanzo di Uwe Timm, ambientato nel periodo del movimento studentesco. E invece Heißer Sommer è anche il titolo di un film di Joachim Hasler prodotto in DDR in quello stesso 1968 in cui si svolge il romanzo di Timm e, per certi aspetti, col romanzo il film ha anche qualcosa in comune. Non mi risulta che ricorra un particolare anniversario per la riproposizione di questo film, eppure in questi giorni lo si può vedere al “Kino in der Brotfabrik”, al confine fra Prenzlauer Berg e Weißensee. Sulla facciata del cinema è apposta una lapide in cui si fa riferimento al fatto che qui avrebbe avuto luogo la prima di Das Kabinett des Doktor Caligari. Non è vero. La prima del film, nel febbraio del 1920, ebbe luogo sul Kudamm, al Marmorhaus. Quel che invece è vero, è che il Caligari venne girato a breve distanza da qui negli studi Lixie presi in gestione, fra gli altri, dalla Decla di Erich Pommer. Nell’edificio, fino al 1952, si è fatto solamente il pane. Allorché l’ultimo titolare della fabbrica scappa a Berlino Ovest, l’edificio si trasforma in un magazzino. Solo nel 1985 l’accademia di belle arti di Weißensee comincia a interessarsi di quell’edificio abbandonato per farci un centro di aggregazione giovanile. L’inaugurazione avviene all’inizio del 1986 ma già due mesi dopo lo chiudono per ragioni politiche. Riaprirà già nel 1987 e da allora la “Brotfabrik” fra alterne vicende è rimasta fedele alla propria identità di luogo di produzione culturale. Allo stato attuale ci sono, appunto, il cinema con 55 posti, un teatrino off, uno spazio espositivo, un caffè. Nel 2001 un’iniziativa civica promuove l’idea di battezzare la – fin qui senza nome – piazzetta su cui si affaccia l’edificio all’incrocio fra la Prenzlauer Promenade e la Heinersdorferstraße con il nome “Caligariplatz”.

Come molti cinema d’essai della parte orientale della città, anche il “Kino in der Brotfabrik” è votato fra le altre cose al recupero di film della DEFA che non sono entrati, per le ragioni più diverse, nel canone. L’anno scorso ci vidi Tauben auf dem Dach di Iris Gusner, importante film del 1973 proibito e distrutto e solo di recente restaurato su una base di una “brutta copia” ritrovata per caso.

Heißer Sommer non fu affatto proibito, tutt’altro. Fu il secondo maggior incasso del 1968, superato solo da un “Indianerfilm”, intitolato Spur der Falken. Se non è entrato nel canone dei film DEFA (insieme a quelli di Frank Beyer, Konrad Wolf, ai “Berlin-Filme” di Klein/Kohlhaase, ad alcuni “Kaninchenfilme”, a Die Legende von Paul und Paula, ad alcune, poche “Literaturverfilmungen”), lo si deve al fatto che, a distanza di 44 anni, è semplicemente inguardabile. Chi lo vuol nobilitare lo chiama musical e va in cerca di cripto-citazioni da West Side Story, chi invece dice le cose come stanno non può che chiamarlo un musicarello, paragonabile ai film che si giravano in Italia più o meno in quegli stessi anni con protagonisti Gianni Morandi, Al Bano e Caterina Caselli, che – peraltro – mi sono visti tutti in cinema fiorentini nel frattempo spariti.

La storia, esilissima, è presto raccontata: 10 ragazzi di Karl-Marx-Stadt e 11 ragazze di Lipsia si ritrovano a fare l’autostop sulla strada che porta al Baltico e negoziano in modo conflittuale la loro reciproca attrazione erotica con dispettucci e scaramucce. Fin quando non arrivano a destinazione, alle bianche scogliere di Rügen, e fra mille turbolenze si sviluppa un triangolo amoroso che degenera nell’appropriazione indebita di una barca gestita dalla locale cooperativa, l’intervento del poliziotto di quartiere – figura tipologica dei film DEFA, da Berlin Ecke-Schönhauser fino a Sonnenallee – che perdona gli scavezzacollo, anche se quella fuga in mare aperto avrebbe potuto condurre anche in acque molto pericolose.

E’ vero che il film si presterebbe ad una approfondita analisi relativa alla ri-negoziazione dei generi hollywoodiani nel cinema della DEFA (insieme, appunto, ai film western, gli “Indianerfilme”, oppure ai film di Sci-Fi) nel quadro di una politica culturale al contempo volta alla produzione di svago e distrazione e alla riaffermazione di valori dominanti (qui, come spesso accade, la solidarietà, il “collettivo”); è vero che il film si presterebbe ad una approfondita analisi sul tema del “disagio” giovanile nel cinema della DDR, di nuovo a partire dai film di Klein/Kohlhaase, passando attraverso molti dei “Kaninchenfilme” che spesso di nient’altro trattano, per arrivare, se vogliamo, ai film degli ultimi anni ’80 – qui esemplati attraverso l’insofferenza nei confronti delle attribuzioni di genere, delle aspettative professionali, delle regole comportamentali imposte dal sistema e attraverso l’adozione, nei momenti più ribellistici del film, di modelli musicali tipicamente occidentali (il rock and roll avanti a tutti, sia pur un po’ fuori tempo massimo, nel 1968…); è vero che il film si presterebbe ad una approfondita analisi dello star system DDR e dei modelli produttivi multimediali anche questi di matrice occidentale – qui fungono da traino le due star musicali Frank Schöbel e Chris Doerk, ultranote a tutto il pubblico giovanile tedesco-orientale, il film esce accompagnato dallo LP con la colonna sonora presso la casa discografica “Amiga”; è vero che il film si presterebbe ad un’approfondita analisi delle strategie di auto-promozione relative ai risultati raggiunti dalla DDR sul piano urbanistico – qui, per esempio, in uno dei frequentissimi numeri musicali, il protagonista danza sui tetti della Karl-Marx-Allee di Berlino e s’intravede la facciata del cinema “International” e il caffè “Moskau”, due fra i più noti edifici dell’architettura di rappresentanza DDR.

Ma il film è davvero inguardabile, forse né più né meno di quanto lo sarebbero oggi Nessuno mi può giudicare con Caterina Caselli, Nel sole con Al Bano e Non son degno di te con Gianni Morandi.

Matteo Galli

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