Hugo von Hofmannsthal, Elettra

Anna Chiarloni

Continua presso Marsilio la meritoria riedizione di classici tedeschi e inglesi con testo a fronte, sempre corredati da una sapiente introduzione, commento e bibliografia aggiornata. Con l’ Elettra, la tragedia spesso ripresa da vari teatri europei, la collana diretta da Maria Fancelli raggiunge il quarantunesimo titolo a disposizione di lettori e studiosi.

Il contesto in cui matura il rapporto di Hofmannsthal con la tragedia di Sofocle è quello psicoanalitico, come ha ripetutamente notato la critica. Sono anni, quelli del primo Novecento, in cui le discipline si parlano come in un gioco di reciproci riflessi utilizzando la stessa memoria mitologica. In un saggio del 1913, Jung introdurrà il concetto di Elektrakomplex, teorizzando l’ostilità della femmina verso la madre a fronte di un forte attaccamento alla figura paterna. 

Con Hofmannsthal il teatro respira di nuovo l’atmosfera delle feste di Dioniso. Il poeta erotizza la sua Elettra, le dà un linguaggio di carne e sangue: il corpo si fa genesi di parola, architettura narrativa. Non più vergine algidamente platonica, sulla via di Nietzsche e di Strauss, Elettra esperisce la sua gaia scienza. Il nodo tragico è complesso: la figlia di Agamennone, se pur degradata da Clitennestra dal suo status di principessa reale, sente nel corpo le regole di appartenenza al ghenos. Ma l’impulso eversivo alla vendetta è dominante, e non deriva ‒ come nei classici ‒ da una volontà divina. Muove dalla sua dote di sventura, dalla sua anima che è “ incendio e ferita”, inalberandosi lungo una verticale di porpora e sangue con risonanze di estasi mistica.

Gheri ripercorre con acribia filologica la genesi del testo, collocandolo opportunamente nell’ambito del diverso rapporto con i classici che investe il Novecento. Il confronto con il testo originario di Sofocle si fa dirimente: il mito diventa nel giovane Hofmannsthal telaio narrativo per la messinscena delle pulsioni psichiche di un universo malato. Lo stesso elemento mimico traduce una “patologia soggettiva”, ovvero una forma di isteria che non trova sbocco nel linguaggio. La travolgente danza finale di Elettra diventa allora espressione di un secolo che vive la malattia come “essenza dell’esperienza tragica” della modernità.

Anna Chiarloni

 Hugo von Hofmannsthal, Elettra, trad. dal ted. di Nicoletta Giacon, con testo a fronte, intr. di Paola Gheri, Venezia, Marsilio, 2012, 193 p.

da: L’INDICE, giugno 2012

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