Reinhard Kleist, Castro

(immagine via reinhard-kleist.de)

Manuela Poggi

Il mondo dei fumetti è strano. Chi ci vive non riesce a sottrarsi, in modo quasi preventivo, alla tentazione di parlare del ruolo che esso svolge nella cultura contemporanea e dei parametri estetici che ne giustificano l’esistenza quale autonomo genere letterario o artistico. Il successo di critica e vendite (fino a ventimila copie a libro) che un pluripremiato autore di fumetti sta riscuotendo da qualche anno in Germania riporta in auge la discussione attorno alla funzione estetica e, nel caso specifico, politica e sociale, del fumetto. Reinhard Kleist, classe 1970, autore di testi e disegni e attivo da un quindicennio circa sulla scena editoriale tedesca e internazionale, nel 2008 è partito per un soggiorno di quattro settimane alla volta di Cuba, mosso dall’«urgenza di farsi un’immagine di quel paese e della sua gente, e per vedere come e se davvero fosse cambiata la situazione dopo il ritiro di Fidel Castro». Da questa esperienza è nato il reportage giornalistico a fumetti Habana (2011), diario di viaggio e necessario studio preparatorio al successivo Castro, biografia (anch’essa a fumetti) non autorizzata del líder máximo (traduzione di Anna Zuliani, Black Velvet, pp. 288 € 19). Attraverso l’espediente del racconto fatto in prima persona dal giovane reporter tedesco Karl Martens, arrivato sull’isola di Cuba per intervistare Fidel Castro nei giorni cruciali della lotta armata contro la dittatura di Batista, ripercorriamo la storia personale del caudillo Castro e le tappe più importanti della storia dell’isola di Cuba dalla Rivoluzione fino ai giorni nostri. Di Castro vengono rappresentate la forza politica e la potenza carismatica attraverso gli eventi rivoluzionari che per la prima volta hanno restituito al popolo cubano dignità e identità nazionale, ed è difficile sottrarsi al coinvolgimento emotivo che la potenza del racconto iconografico impone, senza tuttavia nulla togliere al potere icastico della parola. La vittoria della Rivoluzione e la lotta all’imperialismo statunitense con l’esproprio dei beni americani sull’isola e il fallimento dell’invasione della Baia dei Porci nel ’61, l’alleanza con l’URSS e il ruolo di Cuba nella guerra fredda, la sopravvivenza del regime nonostante i lunghi decenni di embargo imposto dagli Stati Uniti: i successi del líder máximo vengono rappresentati con vivido, inedito realismo in strisce che raccontano, parallelamente agli eventi della collettività, il destino di singoli cittadini cubani, dapprima entusiasti, poi delusi, arrabbiati o rassegnati.

Non ci sono retorica né toni nostalgici in Kleist, che studia, disegna e scrive con disincanto, e ricerca con un puntiglioso accanimento – con cui non si può che simpatizzare  – le radici della fascinazione europea per la rivoluzione cubana e i suoi miti (non da ultimo l’icona del Che cui l’autore restituisce dignità dopo tanta mortificazione pop), cercando spiegazioni ai limiti di un modello politico che non sembra rassegnarsi a definire come fallito ma su cui non riesce tuttavia a dare un giudizio definitivo.

 Manuela Poggi

da: Alias-D (il manifesto), 6 maggio 2012

This entry was posted in Immagini, Manuela Poggi, Recensioni and tagged , , , . Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *