Thomas Bernhard, Autobiografia

Paola Quadrelli

„Frammenti della mia infanzia e della mia adolescenza“, „approssimazione“ alla verità, non esente da „lacune o addirittura errori“; con queste parole Thomas Bernhard commenta ne Il respiro il tentativo di esposizione autobiografica intrapreso in quelle pagine. Nei cinque romanzi (L’origine, La cantina, Il respiro, Il freddo, Un bambino) pubblicati a Salisburgo tra il 1976 e il 1982 e già editi singolarmente da Adelphi, affiorano altri commenti metaletterari, volti a mettere in guardia il lettore dinanzi a un’adesione immediata a quanto narrato e a dubitare della veridicità del racconto, in conformità peraltro a quello scetticismo nei confronti del linguaggio tipico della cultura austriaca novecentesca, e ben rappresentato da un filosofo caro a Bernhard, Ludwig Wittgenstein. „Noi vogliamo dire la verità, e tuttavia non diciamo la verità“, asserisce il narratore in un celebre passo de La cantina che culmina in un’affermazione sottile e ambigua: „Alla fin fine quello che importa è soltanto il contenuto di verità della menzogna“.

Il curatore Luigi Reitani, nel suo ricco saggio introduttivo, ricorda puntualmente le discordanze tra gli eventi della vita dell’autore e la narrazione autobiografica e legge l’autobiografia di Bernhard all’insegna di un’operazione di stilizzazione e costruzione del sé autobiografico come personaggio letterario. L’autobiografia di Bernhard, che a metà degli anni Settanta era già uno scrittore affermato ed esperto, consapevole delle insidie della scrittura, è senza dubbio una costruzione letteraria, in cui l’operazione di selezione e di montaggio di eventi del passato corrisponde di per sé a un’interpretazione soggettiva, effettuata ex post, e, come tale, non priva di forzature e di arbitri. La stessa esposizione degli eventi narrati non segue un ordine cronologico, giacché è solo l’ultimo romanzo, Un bambino, che ci illustra la prima infanzia dello scrittore, mentre la narrazione, che elude alcuni episodi e ne enfatizza altri, procede per quadri, secondo un procedimento che Reitani definisce „analogico“ anziché cronologico, e si dipana attraverso la narrazione di singoli eventi e la descrizione di luoghi e personaggi (molto opportuna in tal senso è la sezione del curatore dedicata a „figure e luoghi“ dell’autobiografia bernhardiana).

Il principio che informa l’intera narrazione può essere ravvisato nella volontà di autoaffermazione del protagonista che con determinazione eroica resiste alla miseria spirituale del collegio, cerca rifugio nella musica, abbandona il liceo per dedicarsi all’apprendistato nel commercio, decide per la vita contro la morte nei lunghi mesi di ricovero in ospedale e in sanatorio (non a caso il sottotitolo de Il respiro è proprio „Una decisione“). Bernhard ci racconta una giovinezza singolarmente sfortunata e dolorosa, segnata dall’abbandono del padre e da una perenne e umiliante indigenza, marchiata dalla guerra  – magistrali per efficacia e originalità sono le descrizioni degli attacchi aerei su Salisburgo in L’origine  – offesa dall’ottusità e dalla violenza repressiva delle istituzioni educative e straziata dalla malattia e dalla morte precoce della madre. Domina tra le figure familiari il nonno materno, intellettuale eccentrico e misantropo, prima figura di maestro per il piccolo Thomas, cui egli riserva una fiducia e un amore commoventi.

La scrittura di Bernhard, resa magnificamente nelle traduzioni italiane, si rivela in questi romanzi nella sua straordinaria ricchezza e duttilità: l’invettiva si mescola alla pietas, la tragedia si tinge di comicità involontaria, l’orrore per le bruttezze della vita si alterna al sereno riconoscimento dei fugaci momenti di felicità che la vita riserva, la cruda descrizione dei fatti cede a passi di struggente lirismo (si veda, ad esempio, quel passo de La cantina in cui l’autore si sofferma in un tappeto di foglie morte dinanzi al negozio di alimentari ormai abbandonato in cui egli aveva lavorato adolescente e si rivede affaccendato a servire i clienti). Difficile e forse inutile è dire quale di questi magnifici romanzi spicchi all’interno del ciclo autobiografico, ma la nostra predilezione va per La cantina, un romanzo che ogni adolescente dovrebbe leggere per l’intelligente anticonformismo con cui il narratore/protagonista imprime una svolta alla propria vita e per la fiducia nell’imprevedibilità della vita e degli uomini che l’autore sa trasfondere nella narrazione. Il finale del romanzo, costruito attorno all’incontro casuale a trent’anni di distanza tra l’autore e un ex-avventore del negozio, un uomo logorato dal lavoro e provato dalla vita, costituisce nella apparente banalità dell’episodio e delle parole scambiate e nella profonda comprensione della vita che in esse si cela, uno dei vertici della prosa di Bernhard.

Paola Quadrelli

Thomas Bernhard, Autobiografia, a cura di Luigi Reitani, trad. di Eugenio Bernardi, Renata Colorni, Umberto Gandini e Anna Ruchat, Milano, Adelphi, 2011, pp. 631

da: Pulp, marzo-aprile 2012

Immagine: Caricature of Thomas Bernhard by David Levine, 1990, kinkanon.blogspot.com

This entry was posted in Appunti, Recensioni and tagged , , , , , . Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *