Conosci te stesso!

[Mi ha molto colpito per la sua attualità un brano del discorso pronunciato da Christa Wolf l’11 marzo 1985 a Vienna in occasione del conferimento del Premio dello Stato Austriaco per la letteratura europea. Lo trascrivo. C.M.]

ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ = Conosci te stesso via www.ernandes.net

Christa Wolf

Riflettendo sulle implicazioni di questo premio, mi ha colpito il fatto che esso riesce a radunare in una sola frase vocaboli come «Stato», «europeo» e «letteratura» – parole che messe insieme costituiscono per me subito un campo di tensione: la frase diventa avvincente. Essa infatti ha tratto i principali vocaboli da epoche differenti – come potrebbe ciascuno di essi non esser legato a una morale diversa? E tutte queste differenti figure morali vivono, più o meno sbiadite o intriganti, dentro di noi, posteri: quelle degli antenati primitivi le cui impronte digitali ci commuovono oggi sulla morbida argilla della grotta di Altamira, e quelle riproduzioni differenziate dell’individuo, molto recenti in confronto, nell’arte dei tempi moderni. Ormai da oltre due millenni e mezzo, eroiche apologie e descrizioni di battaglie si susseguono nella letteratura europea: la differenziazione dell’individuo europeo di cui parlavo, è stata accompagnata dalla colonizzazione di continenti remoti e di popoli stranieri e da orrori sul nostro continente, da cui sono scaturiti gli Stati odierni. La letteratura dell’Europa noi la valutiamo a partire dai poemi epici di Omero fino ai frammenti narrativi di Ingeborg Bachmann, per nominare un esempio che sento particolarmente vicino: fino a quel frammento di Franza del ciclo Modi di morire, nel cui finale c’è quel grido di spavento: arrivano i bianchi!; e qui si allude di nuovo a noi europei, i quali oggi, dice la Bachmann, colonizzano i cervelli, il pensiero e le aspirazioni dell’individuo in quel mondo che noi ci arroghiamo il diritto di chiamare «terzo», contagiandolo con la nostra tracotanza, col nostro sistema di valori, in cima ai quali – qualsiasi cosa comandino o in parte credano le nostre religioni e ideologie – troneggiano potere e proprietà, naturalmente nelle rispettive forme moderne.

Le forme peraltro, che una tale megalomania assume nella nostra società, non ha bisogno di nominarle; ma forse non è inutile ricordare che il fascismo, non a caso sorto nel centro dell’Europa, si distingue solo per gradi ma non fondamentalmente dal pensiero folle di coloro che, col proposito di distruggere il nemico precedentemente demonizzato, mettono in gioco l’esistenza del pianeta.

«Conosci te stesso!», il motto sovrastante il tempo di Delfi, da quando si è rivelato un’esortazione per i primi europei, viene fuggito accuratamente da costoro e dai loro posteri di tante generazioni, e più di tutti dai nostri contemporanei. Con velocità missilistica, noi cerchiamo di allontanarci da esso, di soverchiarlo dentro di noi a un volume parossistico. Esterrefatti, vediamo comparire sui nostri teleschermi televisivi i comandanti dei lager di un tempo, che tutt’oggi ritengono di essere brave persone, e che nella maggior parte dei casi probabilmente ci sbaglieremmo a liquidare come volgari mentitori. Costoro ignorano tutto di se stessi. Persone che nulla sanno di sé, sono gli obiettivi più sicuri per la demagogia e la follia di massa. È in tal modo che dall’uomo della strada è possibile cavar fuori il mostro. Le società industriali, organizzate secondo la divisione del lavoro, sono costrette a suddividere le capacità, le tendenze e le aspirazioni dei loro membri, secondo il punto di vista dell’efficienza, in «utili» e «inutili»: e qui mi riesce difficile evitare l’associazione con le situazioni tendenti a selezionare l’umanità in persone «utilizzabili» oppure «indegne di vivere». L’arte, oggi, è forse l’unico luogo, e al contempo quasi l’unico banco di prova, adeguato a prendere in considerazione la totalità dell’essere umano.

Per tale ragione, la letteratura – e comunque per me la scrittura – diventa sempre più uno strumento atto a schiudere e rivelare i territori inconsci, la via all’accumulo del proibito, del precocemente selezionato, non consentito, rimosso; la via alle fonti del sogno, dell’immaginazione e della soggettività – il che significa a un tempo che per me scrivere è un permanente confronto con quei legami, la cui definizione è affidata alle parole «Stato», «europeo» e «letteratura». La tensione che scaturisce da tale situazione conflittuale, non è – così spero – distruttiva, ma invece una piccola parte di quella energia che, nel nostro presente e anche per fortuna nel nostro vecchio continente, è rivolta ad assicurare la sopravvivenza mediante una nuova compagine di valori.

da Discorso di Vienna in Christa Wolf, Pini e sabbia del Brandeburgo. Saggi e colloqui, edizione italiana a cura di Maria Teresa Mandalari, Roma, Edizioni e/o 1990, pp. 189-90.

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