Ricostruzioni. Nuovi poeti di Berlino

Domenico Pinto

«Non sapersi orientare in una città non vuol dir molto. Ma smarrirsi in essa come ci si smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare.» Cominciava così il quadernino di tableaux che Benjamin mise insieme nell’Infanzia berlinese, il cuore segreto e favoloso della propria immagine da fanciullo. Il Tiergarten, la Colonna della Vittoria, il mercato di Piazza Magdeburgo, per un uomo cui le strade di questa città erano «familiari come i nomi della Genesi», appaiono ancora oggi nell’indistruttibile luce del sogno, irradiano fino a noi gli inizi del Novecento.

Com’è mutata Berlino, ora che da quei ricordi ci separa la distanza di un secolo, le guerre mondiali, i totalitarismi di carica contraria, adesso che la sua mente ha ripreso a comunicare fra i due emisferi? È noto che la città vive da tempo una stagione d’euforia, con una capillare circolazione di idee in ogni àmbito; si fondano teatri, animano riviste, e non è per avventura che Suhrkamp – l’editore di maggior tradizione – l’abbia scelta per trasferirvi la storica sede di Francoforte. Conosciamo le sue cupole strallate, la Museumsinsel, le sue università, gli artisti, le sue mostre. Ma come ci si smarrisce, veramente, in questa foresta? L’occasione è prestata dall’antologia a cura di Theresia Prammer (Ricostruzioni. Nuovi poeti di Berlino, Libri Scheiwiller 2011, p. 656), che per i tramiti della poesia disegna una minutissima mappa del pensiero e del milieu berlinese. Continua a leggere su Nazione Indiana

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