Scuola di Francoforte 2012: Adorno, Benjamin, Anders

Theodor W. Adorno

Note per la letteratura

Torino, Einaudi, 2012, XXVI-278 p.

nuova ed. ridotta rispetto a quella in due volumi apparsa negli Einaudi Paperbacks nel 1979

leggi un brano da Il saggio come forma

Indice: Il saggio come forma. La posizione del narratore nel romanzo contemporaneo. La ferita Heine. Interpunzione. L’artista come vicario. Sulla scena finale del Faust. Lettura di Balzac. Piccoli commenti a Proust. Tentativo di capire il Finale di partita. Per un ritratto di Thomas Mann. Impegno. Presupposti. Paratassi. George. È serena l’arte? Appunti su Kafka.

Walter Benjamin

L’opera d’arte
nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
Tre versioni (1936-39)

a cura di Fabrizio Desideri
traduzione di Massimo Baldi

Roma, Donzelli, 2012, LX-140 p.

Dalla presentazione editoriale: Tra il 1935 e il 1939 Benjamin lavorò a più riprese al suo saggio forse più celebre: L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Un vero e proprio cantiere, accompagnato da un’avventurosa e complicata vicenda editoriale, sino ad oggi colpevolmente trascurata. Questa edizione, curata da uno dei più importanti studiosi italiani di Benjamin, offre al lettore per la prima volta insieme la traduzione delle tre principali stesure del saggio: la versione francese uscita nel 1936, tradotta da Pierre Klossowski, con la decisiva supervisione dello stesso Benjamin, e le due versioni tedesche, una del 1936 e l’altra scritta tra l’estate del 1936 e il 1939, in ciascuna delle quali l’autore apporta sostanziali cambiamenti alla prima versione tedesca manoscritta del 1935, che rifluisce per intero nelle successive due. Fondamentale in questo senso poter entrare nel laboratorio Benjamin: l’unico modo per farlo è avere sotto gli occhi gli interventi del filosofo tedesco nelle due stesure. È questo il puntuale lavoro di ricostruzione a cui Fabrizio Desideri ha sottoposto i testi, evidenziando le cospicue varianti dell’uno rispetto all’altro direttamente nella tessitura della riflessione benjaminiana. E mostrando così come in realtà nessuna di queste versioni possa considerarsi quella definitiva. Ripensare questa «officina» significa rispondere all’esigenza di un’opera ancora alla ricerca di una lettura adeguata alla complessità e alla profondità della sua intuizione originaria. In anni tristissimi per l’Europa e per il mondo, Benjamin s’interrogava sul destino dell’arte nel contesto delle trasformazioni radicali indotte dall’invenzione e dalla diffusione di nuovi dispositivi tecnologici quali la fotografia e il cinema. Le nuove forme d’arte sono accomunate da uno stesso tratto: la riproducibilità tecnica capace di annullare la distinzione tra originale e
copia, sovvertendo il tradizionale rapporto tra il pubblico e i prodotti artistici. La profetica analisi di Benjamin, tuttavia, si spinge ben oltre l’estetica, per cogliere, con sguardo affine a quello di Charlie Chaplin, il ritmo tecno-politico dei «tempi moderni».

Günther Anders

Lo sguardo dalla torre
Favole con le illustrazioni di A. Paul Weber

a cura di Devis Colombo
prefazione di Goffredo Fofi

Milano, Mimesis, 2012, 196 p.

Dalla presentazione editoriale: Lo sguardo dalla torre raccoglie le favole che Günther Anders scrisse tra il 1931 e il ’68. In un tempo in cui l’umanità fatica a mantenere il passo con lo sviluppo della tecnica, occorre rivedere radicalmente il nostro modo di pensare, abbandonando le tradizionali categorie del discorso. Così questa scelta narrativa del filosofo tedesco non è dovuta a una semplice ragione di stile, ma a un’esigenza concreta di resistenza all’impoverimento del linguaggio che l’incontrastata proliferazione degli apparati tecnici porta con sé. Per far fronte al senso d’inferiorità originato dalla sempre più autonoma funzionalità dei prodotti da lui stesso creati – ciò che Anders definisce “vergogna prometeica” – l’uomo tende ad assorbire le modalità univoche e immediate dei segnali delle macchine, perdendo quella capacità dialogica e riflessiva di comunicare che costituisce il fondamento dell’essere umano, e dalla quale dipende la possibilità di immaginare e di provare sentimenti. Le favole diventano allora uno strumento, tanto critico quanto salvifico, di riflessione, a partire da uno sguardo rinvigorito, fantasioso quanto provocatorio che soltanto la forma favolistica è in grado di offrire.

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