Christa Wolf, Trama d’infanzia

[Continua il nostro viaggio nel continente letterario di Christa Wolf. Riproponiamo la recensione a Kindheitsmuster (Trama d’infanzia, 1976) di Rossana Rossanda apparsa su L’Indice nel 1992. Un romanzo in cui la scrittrice guarda al passato, quello della propria infanzia, vissuto all’ombra della croce uncinata, per indagare il presente di un’intellettuale che vive e si confronta con gli anni Settanta di Honecker. Incontro e scontro di ieri e di oggi, dunque, a cui l’immagine, tratta dallo spettacolo di teatro-danza Kassandra di Michele Lucenti, sembra richiamarsi. C.M.]

Rossana Rossanda

Un curioso avvertimento si trova in testa a Trama d’infanzia di Christa Wolf, che esce adesso in Italia: “Tutti i personaggi di questo libro sono invenzioni della narratrice… altrettanto poco gli episodi descritti coincidono con fatti realmente accaduti”. Somiglierebbe all’avviso che precede i film a scanso di noie legali, se non terminasse con l’osservazione che, se qualcuno riconoscerà nei personaggi se stesso o altri, “farebbe bene a riflettere sulla singolare mancanza di originalità che il comportamento di molti nostri contemporanei presenta” e se questa non vada “attribuita alla situazione in cui viviamo”. Nulla insomma in Trama d’infanzia fuorché l’essenziale. E’ la storia della formazione di una donna dagli anni trenta al primo dopoguerra, rivisitata in un breve ritorno alla cittadina di nascita al confine orientale della Germania, molti anni dopo, nel 1972: Kindheitsmuster esce nel 1976.

La bambina e poi giovane donna è molto simile a Christa Wolf, forse è quel che ormai ritrova di una se stessa che, nata nel 1929, ha dieci anni quando scoppia la guerra, sedici quando finisce – nel tempestoso spostamento di popolazioni e confini sotto gli eserciti di occupazione americano, poi inglese e poi russo – e poco più di quaranta quando torna, per meno di due giorni, nella città natale ridiventata polacca. Un ritorno che rimette in moto il passato e interroga la memoria. Che cosa ricordiamo dell’infanzia? Il passato è altro da noi, non tanto “passato” o “morto” quanto “estraneo”, da riesaminare come se fosse un altro, o di un altro. Christa Wolf, che è l’io narrante, guarda dunque dall’esterno e in terza persona la bambina e poi ragazza di Landsberg an der Warthe, che chiama Nelly, mentre si ritrova nel duplice tempo della visita oltre frontiera e della scrittura. Questo avviene, del resto, nel ripensarci: una parte di noi si è staccata e si fissa, quasi deprivata di risonanza emotiva, mentre nei tempi più vicini ci percepiamo ancora legati dal cordone ombelicale con quel che siamo adesso, quando essere e pensarsi confondono. E più frastornante è lo scenario che ci circonda, non ancora ordinato nella memoria collettiva, bombardato da quel che sta avvenendo, le domande ancora grezze e le priorità non ancora selezionate del tempo. Continua a leggere sul sito de L’Indice

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