Sonja Heiss, Quando, qualche tempo fa, sono volata via

Death by smarties (via sienhere)

Sonja Heiss

Il bambino grida, l’appartamento è un putiferio, il marito in viaggio di lavoro.
Qual è il desiderio struggente della moglie?

Un racconto breve

Con il coltello gratto via le caramelline di zucchero colorato dagli interstizi tra le assi. Mikka ce le ha appena infilate dentro, con molto amore. Di slancio butto le caramelle in direzione del secchio dell’immondizia ma finiscono fuori, sul contenitore del vetro e, per un attimo, ho la sensazione che cadano anche sulla mia vita. Riprendo il coltello e la paletta, ma chinandomi scopro che c’è dell’acqua sotto il tavolo della cucina. Asciugo le pozze con lo straccio, faccio in fretta perché Mikka mi sta chiamando impaziente da sopra, vuole del multaminico (il succo multivitaminico) e dei Martis (gli Smarties). Lotta e la sua amica litigano. Tutti questi decibel aumentano il mio stress. Batto la testa contro il tavolo e irritata scaravento a terra lo straccio. Do a Mikka il suo bicchiere di multaminico e cerco di rifilargli un po’ di frutta. Lui la butta per terra. Poi mi sforzo di trovare un compromesso per Lotta e la sua amica che si contendono il ruolo della principessa Lilli-Fee, ma senza successo. Provo a distoglierle dal loro problema con dei cracker e delle fette di cetriolo. Ma mia figlia ha ormai quattro anni e non è più così facile farle dimenticare i suoi dispiaceri.

Entro nella stanza dei bambini e mi cade l’occhio sull’armadio. Subito mi chiedo perché non sia pieno come al solito: calze e pantaloni, guanti, pannolini, sciarpine colorate sono semplicemente sparpagliati in giro per la stanza.

Mi siedo sul tappeto chiaro, di lana, i pelucchi mi si attaccano ai pantaloni neri. Guardo l’armadio come se fosse colpa sua.

Poi fisso a lungo il tappeto. Vedo un’autostrada che lo attraversa. Mi vedo viaggiare nella notte, aria calda entra dal finestrino leggermente aperto. C’è odore di pini, gomme e benzina. Le stazioni di benzina illuminate mi scivolano accanto, piccole Peugeot e Renault squadrate mi superano, i contorni di un paesaggio meridionale compaiono tra i centri commerciali. Cerco di individuare il luogo in cui scenderò, ma non lo vedo. Viaggiare in auto nel sud è infinitamente più bello di un luogo. Ma viaggiare in auto non è una soluzione.

Potrei volare, così se non altro dovrei per forza scendere da qualche parte. Un luogo con tanto sole.

È bello il mare delle Figi. Sono sola. Il mare rumoreggia delicatamente. Leggo un libro, rientro un attimo nella mia casetta per prendermi un bicchiere di vino bianco. Sul divano sta sdraiato un indigeno carino, e io, lì, mi ritrovo fuori. Sembra che non voglia l’abitante delle Figi. Lascio velocemente la casa e all’improvviso splende quel sole di Philipe Djiane, quella luce malinconica dell’Atlantico. Un sole triste, solitario e noioso.

Apro gli occhi e osservo l’armadio. In fondo vorrei solo stare in un posto dove questo armadio non ci sia.

Potrei tenere le mani sugli occhi per l’eternità. Ma prima o poi dovrei comunque alzarmi e guardarmi intorno, e lui sarebbe ancora lì. E con lui tutto il resto.

Mi chiedo se dovrei piangere un po’, quando improvvisamente mi viene in mente il marito di Olivia Newton-John. È sparito mentre pescava e non è mai più ricomparso. Si pensa però che sia vivo. Provo a pensare come mi chiamerei se dovessi vivere in clandestinità. Ma non c’è un altro nome, a parte il mio, che vada bene per me. È tipico delle donne: loro non possono semplicemente sparire, come fanno gli uomini. Loro si arrovellano su ogni cosa. Un uomo si chiamerebbe Jimmy e basta. Io invece non posso assolutamente chiamarmi Sandra, posso solo chiamarmi Sabine, perché sono Sabine.

Più di tutto vorrei sparire dentro la mia stessa vita. Dimenticare tutto, magari per una commozione cerebrale. Chi sono io, a chi appartiene questo armadio, chi è mio marito che si trova di nuovo in viaggio per lavoro e perché i miei bambini litigano. Affronterei tutto questo con stupore e curiosità e non ricorderei più il mio Io, quell’Io che per dieci ore al giorno educa i figli come un disco rotto.

I bambini si sono zittiti, sento solo, in lontananza, la voce di Topolino. Mi torna in mente che un’ora fa volevo raccogliere le caramelline di zucchero cadute fuori dalla pattumiera. Vado in cucina e mi metto al lavoro. L’appartamento è ancora avvolto nel silenzio. Penso al fatto che i bambini sono un po’ come dei viaggi. Basta poco e ci si ricorda solo il bello. Si dimentica il cantiere che c’era vicino all’albergo e la voglia di tornarsene a casa che ti prende al mattino. Rimangono solo la spiaggia e l’azzurro dell’acqua.

Nella maggior parte dei casi ci vuole un po’ di tempo prima che la memoria rimuova le cose sgradevoli. Se si tratta dei bambini a volte basta solo qualche minuto e i momenti difficili svaniscono. D’improvviso sento una voce acuta e penetrante: «Ancora multaminico, mamma!»

 Sonja Heiss

Sonja Heiss, 35 anni è regista e scrittrice. Il suo primo film Hotel Very Welcome (Berlinale 2007) è stato accolto con entusiasmo dalla critica. Nel 2011 è uscita la sua prima raccolta di racconti Das Glück geht aus  [La felicità finisce].
La traduzione di questo racconto apparso sull’inserto del settimanale “Die Zeit” del 29. 12. 2011 con il titolo Als ich neulich davonflog è stata realizzata dalle studentesse Francesca Carnini, Elisa Caruso, Valentina Farinacci, Scilla Forti, Francesca Maccioni, Francesca Rolando nell’ambito del Master di traduzione di Milano Lingue (http://www.fondazionemilano.eu/lingue/).
This entry was posted in Traduzioni and tagged , , , . Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *