Mutamenti nel campo letterario italiano 1956-1968: Feltrinelli, Einaudi e la letteratura tedesca contemporanea

Cesare Cases ed Enrico Filippini accanto a Friedrich Dürrenmatt
alla presentazione del volume Il giudice e il suo boia a Milano nel 1960
(dal Catalogo Feltrinelli 1955/1995)

Michele Sisto

A Riccardo Bonavita
in memoria

1. «Sono i nuovi entranti a creare il movimento»: l’editore Feltrinelli

Gli anni Sessanta sono l’epoca d’oro della letteratura tedesca in Italia. Nel generale riassestamento seguito alla seconda guerra mondiale, che vede la letteratura americana contendere alla francese la posizione dominante nel campo letterario internazionale, anche la letteratura di lingua tedesca vede aprirsi nuovi spazi per rinegoziare la propria posizione.
Scomparsi i grandi protagonisti del dopoguerra – Thomas Mann (1875-1955), Gottfried Benn (1886-1956) e Bertolt Brecht (1898-1956) – e ricostituita l’autonomia relativa del campo letterario nella Repubblica Federale attraverso l’azione del Gruppo 47, si creano le condizioni per la consacrazione di una nuova leva di autori, tra i quali Günter Grass (1927),
Martin Walser (1927), Hans Magnus Enzensberger (1929), Uwe Johnson (1934). L’anno della svolta è il 1959, quando alla Fiera del libro di Francoforte Il tamburo di latta di Grass e le Congetture su Jakob di Johnson, insieme a Biliardo alle nove e mezzo del più anziano Heinrich Böll, fanno esplodere un caso letterario e politico, affrontando con originali soluzioni di scrittura due temi tabù per la società adenaueriana: il rapporto col passato nazista e la divisione delle due Germanie.

Vista dall’Italia, questa nuova letteratura tedesca appare sdoppiata: di alcuni autori, per lo più romanzieri come Johnson o Grass, si evidenziano il legame con l’espressionismo e l’opzione per una scrittura «pura», non sottomessa agli imperativi immediati della politica; di altri, per lo più dediti al teatro come Peter Weiss, si percepiscono soprattutto la discendenza da Brecht e lo sforzo di rinnovare la tradizione dell’engagement. “Avanguardisti” e “brechtiani” li definisce rispettivamente, con la consueta ironia, Cesare Cases nei pareri di lettura che scrive per l’editore Einaudi. Continua a leggere il pdf sul sito di Allegoria

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