Nuovi poeti di Berlino 5: Marion Poschmann

Theresia Prammer

Marion Poschmann ha saputo associare come pochi altri poeti coetanei la coerenza tematica e la profondità concettuale a una disposizione fortemente lirica e sensoriale. Va subito detto che per diversi motivi ha preferito rimanere sempre un po’ in disparte rispetto al continuo interscambio e alla sintonia operativa del gruppo più affiatato e compatto dei giovani poeti berlinesi. Tuttavia, in accordo coi migliori e più consapevoli della sua generazione, possiede una profondità speculativa e poetologica senz’altro notevoli, così da offrire nei suoi scritti teorici degli elementi preziosi per la comprensione della sua stessa poesia, incentrata fondamentalmente sulla questione del vedere. Ecco allora che la Poschmann, che ha offerto tra l’altro delle valide prove narrative, ha paragonato le poesie a fulmini che possono colpire il bersaglio soltanto se l’ambiente circostante e il soggetto dell’azione interagiscono alla perfezione. In relazione a tali premesse, ha spiegato l’autrice, l’attenzione e il confronto con oggetti quotidiani di varia natura, o perfino con studi e soggetti apparentemente inutili, può diventare un combustibile fondamentale della poesia. Qualcosa di simile accade appunto nei suoi versi, in cui è anzitutto quello che potrebbe essere definito come secondario o trascurabile a fondare un ricco e vario repertorio poetico fatto di forme, colori, atmosfere, situazioni e oggetti definiti con inusuale evidenza, come se l’intelligenza intrinseca della rappresentazione fosse la prima condizione della consistenza stessa del soggetto rappresentato. Così il lettore può assistere direttamente alla formazione di una trama poetica stabilita in modo per così dire processuale, perche ogni acquisizione, tematica o formale che sia, offre a sua volta gli elementi per uno svolgimento ulteriore del discorso poetico. […] (da Ricostruzioni. Nuovi poeti di Berlino, a cura di Theresia Prammer, Milano, Libri Scheiwiller, 2011, pp. 253-254)

Hirschübung

über die Landstraße treibende Streifen,
durch Wälder geflößtes, sehr streng
bemessenes Weiß,
und wir folgten den Sprüngen, den Streckungen
dieser durchbrochenen Linie, Wildwechsel,
Glätte, Gefälle, an Rastplätzen lagen
bedingungslos schlafende Bänke, von Nässe
gequollenes Holz, und die braunen gebogenen
Rücken der Berge verwundete Fellflächen,
Kahlschlag, verendete Pfade, und wir
mit Karacho, wie Simulationen von Wind
zwischen brusthohen Zweigen,
Geweihen in Wattejacken verpackt,
mattes Hirngespinst (Fallträume),
Fünfender, Fingerzeig:
…………………..aber
…………………..wir rochen nach Seife
…………………..nach Veilchen und Teichwasser, vor uns
…………………..die furchtbare Vollständigkeit des Kommenden

bald harthufig der Frost

Esercizio del cervo

lungo la strada derive di strisce
per i boschi, precisamente calcolato
un canale di biancore,
e noi seguivamo i sussulti, le distese
di questa linea spezzata, passo di selvaggina,
dislivelli, slittamenti, nelle piazzole giacevano
panche dormienti illimitatamente, legno
macerato di umido, e i curvi dorsi
bruniti dei monti feriti piani di pelame,
disboscamenti, morti sentieri, e noi
irruenti, come finzioni di vento
tra i rami fino al petto,
corna ravvolte in giacche d’ovatta,
opaca chimera (sogni a precipizio),
cinque punte, cenno di dito:
…………………….ma
…………………….noi odoravamo di sapone
…………………….di viola e di stagno, davanti a noi
…………………….la spaventosa totalità dell’avvenire

subito ungulato il gelo

(D. Capaldi / T. Prammer)

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