11 poesie di Richard Pietraß

Davide Racca

Richard Pietraß è nato nel 1946 a Lichtenstein (Sassonia, regione della ex-DDR). Laureato in Psicologia clinica a Berlino, è poeta e ha tradotto autori come Boris Pasternak e Seamus Heaney. Membro della Sächsische Akademie der Künste, è curatore dei quaderni di lirica “Poesiealbum” del MärkischerVerlag Wilhelmshorst. È presente, in traduzione italiana, nelle antologie Nuovi Poeti tedeschi, a cura di Anna Chiarloni (Einaudi, 1994), e in 100 POESIE DALLA DDR, curata da Christoph Buchwald e Klaus Wagenbach (Isbn, 2010).

La presente, piccola antologia si focalizza sul tema vita-morte, dove amore, passione, immaginazione, e dolore, disillusione e fredda enumerazione coabitano in una condizione esistenziale in movimento perenne.

La maggior parte dei testi qui selezionati provengono dalla raccolta Vorhimmel (2003), di cui la serie di poesie Letzte Gestalt dicono degli ultimi attimi della moglie Erika, nel complesso – atroce – intreccio di passato e futuro nel presente del dolore. Ringrazio Valentina Di Rosa per il dialogo e i preziosi suggerimenti.

da: Schattenwirtschaft (Economia di ombre), Faber&Faber, Leipzig 2002

Die Gewichte

Die Muttermilch und das Vatererbe.
Mein Hunger nach Leben und das Wissen zu sterben.
Der Gang zum Weib, der Hang zum Wort.
Der Keim der Reinheit und wie er langsam verdorrt.
Das Strohfeuer und der glimmende Docht.
Aufruhr, der auf Gesetze pocht.
Die heillose Fahne im bleiernen Rauch.
Galle, verschluckt im Schlemmerbauch.
Die Statuten des exemplarischen Falls.
Mein niemals vollgekriegter Hals.
Der säuernde Rahm, der flüchtige Ruhm.
Die Grube und die Gnade postum.

I pesi

Il latte materno e la paterna eredità.
La mia sete di vita e sapere di morire.
L’andare alla donna, l’inclinazione alla parola.
La gemma di purezza e come lentamente dissecca.
Il fuoco di paglia e il lucignolo ardente.
Rivolta, che batte sulle leggi.
L’atroce bandiera nel fumo di piombo.
Bile, inghiottita nel ventre dell’ingordo.
Gli statuti del caso esemplare.
La mia gola, mai paga.
La crema inacidita, la fama fugace.
La fossa e la grazia, postuma.

 

da: Vorhimmel (Anticamera del cielo), Liebesgedichte, Gollenstein 2003

Lebensraum

Der Vorhang fällt, die Kerze engt das Zimmer.
Was uns die Welt war, schließt sich dunkel zu.
Fern wacht der Bleitod unterm Sternenflimmer.
Das Doppellid des Fensters schneidet Ruh.

Du wirst zum Raum, in dem ich mich entfalte
Sobald der Tagesstaub mich nicht mehr frißt.
Sowie ich dich in kurzen Armen halte
Begreife ich, wie tief der Graben ist

Der dich von mir trennt, außer Sekunden
Da zwischen uns der Funken springt;
Bitter die Erleuchtung und so spät gefunden
Daß Leben nur im Schrei gelingt.

Du bist die Zelle, der ich mich verdichte
Zu einem Kern den weichen Erdenkloß.
Du bist die Nuß, der Weltriß, den ich dichte.
Einzig deine Enge macht mich groß.

Spazio vitale

Cala il sipario, la candela restringe la stanza.
Si serra nel buio ciò che per noi era il mondo.
Veglia lontana nel brulichio di stelle la morte di piombo.
La palpebra doppia della finestra incide la calma.

Divieni lo spazio dove mi schiudo
Finché la polvere del giorno non mi divora.
Mentre ti tengo tra corte braccia
Comprendo quanto profondo il solco

Che ti divide da me, oltre i secondi
In cui si accende tra noi la scintilla;
Crudele il bagliore e capito in ritardo
Che solo nel grido riesce la vita.

Sei la cella dentro la quale mi addenso
Un nucleo nel morbido pugno di terra.
Sei il nocciolo, la crepa del mondo che
Metto in versi. Solo la tua stretta mi fa grande.

– – –

Fremd

Ich liebte dich. Ich brauchte nie dies Wort.
Ich hab mich stumm in dir vergraben
Um ein Asyl für meine Gier zu haben
Für meine Feier einen Andachtsort.

Wie trieb ich dich durch deines Leibs Gelände.
Dein Haar war mir der Zügelstrick.
Du flochtest mir die Peitsche dick
In der geschickten Werkstatt deiner Hände.

Uns fraß das Glück. Zerbrach die Decke
Halfen uns nicht Zopf, noch Mähne.
Zu dünn der Eislack, dünn die Strähne.
Uns fraß der Dreck. Der Sumpf der Zwecke.

Estraneo

Ti amavo. Mai ho usato questa parola.
Muto mi sono scavato in te una fossa
Per dare asilo alla mia brama
Un luogo di devozione alla mia festa.

Quanto ti ho spinto lungo la terra del tuo corpo.
I tuoi capelli erano redini per me.
Dura la frusta mi intrecciavi
Nell’abile officina delle tue mani.

Ci divorava la gioia. Ruppe la lastra,
Non treccia né criniera ci aiutarono.
Troppo sottile lo strato di ghiaccio, sottili le ciocche.
Ci ingoiò la melma. La palude degli scopi.

– – –

Globus

Weltbild, geschrumpft
auf das Maß einer Kuhhaut
eines Fußballs
Windei mit dem Anhauch
der Kontinente, den Fetzen
händelsüchtiger Länder
erstarrt
im Status quo.
Spärliches Licht
das uns im Finstern
leuchtet, während mein Finger
über dich hinfährt
heilste aller Welten
verdunkelt, erhellt
auf einen Knopfdruck.
Haut dünn, Achse
geneigt, gerenkt
wie deine kuschlige
Achsel, der haarfeine
Meridian.

Globo

Figura del mondo,
ridotta alla misura di cuoio
di un pallone di calcio
Vano vacuo con il fiato
dei continenti, con i brandelli
di paesi rissosi
raggelati
nello status quo.
Flebile luce
che nel buio ci dà
lume, mentre ti scorre addosso
il mio dito
più illesa
di tutti i mondi
oscurata, schiarita
a comando di pulsante.
Pelle sottile, asse
inclinato, ricurvo
come il ricovero della tua
ascella, il fino
meridiano.

– – –

Letzte Gestalt

Für Erika

Dann gingst du in die letzte Gestalt.
Im Rollstuhl. Im Siechbett. Im Traum.

Dein Haar, ich strichs vom Kopf.
Am Schwundleib kein Anflug von Flaum.

Deine Arme, von Kindern beschwert
Nun die eines Sahelkinds.

Der Mund, der mich Sanftmut gelehrt
Schief lächelnd im Grubenwind.

Deine Hände: Papile, was hast du?
Roh ineinander geschränkt.

Zu Füßen des harzigen Kastens
Das Häufchen, das sich nicht erhängt.

Ultima forma

Poi passasti nell’ultima forma.
Nella sedia a rotelle. Nel letto d’infermo. Nel sogno.

I tuoi capelli li carezzai via dal capo.
Senza peluria il corpo spettrale.

Cariche di figli le tue braccia ora
Di bimba nel deserto.

La bocca che mi insegnò mitezza
Sorride obliqua nella fossa del vento.

Le tue mani: Piccola mia, cos’hai?
Ruvide l’una nell’altra rinchiuse.

Ai piedi della cassa di resina
Questo grumo, che non si impicca.

– – –

DU GEHST NUN AUF KEINE REISEN
Nur die von Fleisch nach Sand.
In kleine Wesensschritten
Löst du deine Hand
Bleibt inmitten.

NESSUN ALTRO VIAGGIARE PER TE
Se non dalla carne alla sabbia.
In piccoli passi di essenza
Sciogli la tua mano
Resta al centro.

– – –

DAS DUNKEL HEISST DICH LEUCHTEN
Staub bringt dir mein Schuh.
Sand reicht dir die Hand
Nimmt ab, nimmt zu.

IL BUIO VUOL DIRE ILLUMINARTI
Ti porta polvere la mia scarpa.
Ti porge sabbia la mano
Smagrisce, ingrassa.

– – –

DIE FOTOS, DIE DICH ZEIGEN
Nadelstiche ins Herz. Lächeln
Ins ewige Auge, siamesischer Schmerz.
Von der Süße des Genoßnen zum Essig
Des Niemehr. Bleibt
In den Tüten, Gesichte
Zentnerschwer.

LE FOTO CHE TI MOSTRANO
Punture nel cuore. Sorridere
Nell’occhio eterno, dolore siamese.
Dalla dolcezza del goduto all’aceto
Del mai più. Resta
Nelle buste, visioni
Pesanti quintali.

– – –

DIE WEGE, DIE WIR GEGANGEN
Bleiben beseelte Wege. So
Als ob ich klammen
Herzens ins Freie trete, wieder dich
Zu treffen auf verschlungnem Pfad.
Auch heute wirst du nicht kommen –
Und ich übe Verrat.

LE VIE CHE PERCORREMMO
Restano vie animate. Così
Come se cuore in pena
Muovessi all’aperto per incontrarti
Ancora su sentieri contorti.
Neanche oggi verrai –
E compio tradimento.

– – –

Das Erwachen

Des Morgens kam sie in mein Bett geglitten. Ich lag
Noch im Kokon des Schlafs, da sie an meine
Schläfe pochte und ich die Arme wie zum Flug auftat.

Sie pellte mich aus meiner Fadenhölle
Und hüllte mich in ihren Nesselduft
Da ich von einer Brise träumte:

Das Laken steif von unserem Speichel
Während in der Kopfsteinpflasterstille
Unreife Eicheln in den Rinnstein tropften

Hüpfende Echos unsres Falterflugs.
Die Sonne schnellte hoch, es war genug. Gebieterisch
Der Herdenruf entlegener Geschäfte.

Es ging die Tür. Ich rieb den Sand
Aus dem gewaschenen Augenspalt
Und badete im Strom gesalzener Säfte.

Il risveglio

Venne, un mattino, scivolata nel mio letto. Stavo
Ancora nel bozzolo del sonno, quando bussò
Alle mie tempie e io aprii le braccia come in volo.

Mi liberò del mio filamento d’inferno
E mi avvolse nel suo profumo di ortica,
Dacché sognai una brezza:

Rigido il lenzuolo della nostra saliva
Mentre nel silenzio dell’acciottolato
Sgocciolavano ghiande acerbe nell’impluvio

Echi oscillanti del nostro volo di farfalla.
Il sole balzò alto, era abbastanza. Perentorio
Il richiamo del gregge a doveri più distanti.

Si aprì la porta. Sfregai la sabbia
Dalla fessura detersa degli occhi
E mi bagnai nel flusso di linfe salmastre.

 

da: Kippfigur, Edition Zwiefach, Berlin 2009

Sturzflug

Die Tage, die wir verbrennen, rücken
Einander nah. Die Stunden, die wir verrennen
Und was im Schlaf geschah. Wege
Liegen im Weg. Schwarz steht die Wolkenwand.
Und doch kommst, gelocktes Schäfchen
Du übern Himmel geflammt. Der wetzt
Sein blaues Messer. Du fällst
In meinen Kuß, der Asche
Schmeckt und Apfel und genügen muß.

Capofitto

Si addossano l’uno l’altro i giorni
Che mettiamo ad ardere. Le ore che lasciamo correre
E quanto accaduto in sonno. Strade
Ostruiscono strade. Nero sta il muro di nuvole.
Ma tu vieni, piccola pecora riccia,
Variegata sopra il cielo, che affila
Il suo coltello blu. Manchi
Nel mio bacio, che sa
Di cenere e mela e deve bastare.

[traduzioni di Davide Racca]
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