Diario berlinese 16: Wahlplakate II

Matteo Galli

Stando al sito dei “Grünen”, oggi alle 14:00 Renate Künast doveva essere a Arnswalder Platz, nel cosiddetto “Bötzowviertel” al confine fra il quartiere di Prenzlauer Berg e Friedrichshain. Sono arrivato lì con un certo anticipo, ha girato tutta la piazza in bicicletta, c’era un mercatino biologico che stava già cominciando a sbaraccare, ma nessuna traccia del “Grüner Stand” di cui all’annuncio. Ho pensato che fosse troppo presto. Mi sono messo a giocare a ping pong con mio figlio nel parco adiacente e alle 14:00 in punto ho fatto un’altra ricognizione. Niente di niente. Ho chiesto ad un venditore di miele biologico se sapesse niente, mi ha detto che in mattinata c’era stato un banchetto dei verdi, dove venivano distribuiti palloncini, ma già verso mezzogiorno avevano smontato. Di Renate Künast, dunque, nessuna traccia. Domani alle 12:00 dovrebbe essere nella Prinzenstraße a Kreuzberg, ma non ci andrò. La campagna elettorale di Renate Künast è, stando ai manifesti, molto vistosa e molto personalizzata. Oltre a tutta serie di piccoli manifestini attaccati ai lampioni, spiccano tre manifesti enormi che si trovano per tutta la città, agli incroci, nelle isole pedonali, in posizione strategica. Hanno tutti la stessa struttura: soggetto (Renate), verbo alla terza singolare – “kämpft” (“combatte”), “arbeitet” (“lavora”), “sorgt” (“si dà pena”) – e scritto molto più piccolo in fondo a sinistra un complemento indiretto, retto dalla preposizione “für” (“per”), dunque, rispettivamente “für neue Arbeitsplätze” (“per nuovi posti di lavoro”), “für mehr Klimaschutz” (“per una maggiore protezione del clima”) e “für bessere Bildung” (“per una migliore formazione”). Nei primi due manifesti, sia a causa degli abiti che indossa sia dall’espressione che assume, sia da come muove le mani sembra una direttrice del personale non particolarmente convincente, il fatto, poi, che quasi non si vedano altre facce nel manifesto non è per niente incoraggiante, come a dire le altre persone non contano, conta solo santa Renate, nel secondo, in realtà, si vede accanto a lei un ragazzo con barba e occhiali: sembra però che stiano per licenziare qualcuno; nel terzo le hanno messo in braccio quattro bambini: una bionda bionda che guarda il fotografo con una certa consapevolezza, uno che potrebbe essere indiano o cingalese, un altro che vediamo solo per metà, dalla pelle più scura, e un quarto che si scorge a malapena di profilo, quanto meno qua la signora si è tolta la giacca (è possibile visionare i manifesti al seguente sito: http://gruene-berlin.de/wahl2011/kampagne) ma sembra molto impacciata. Come si sarà capito, questi manifesti non mi convincono affatto né sul piano della sostanza, né su quella della forma, i tagli delle inquadrature, i colori mi sembrano tutti sbagliati – e non perché oggi la candidata mi ha dato buca.

Decisamente migliori, ma di gran lunga, sono i manifesti di Wowereit, i cosiddetti “Großflächenplakate” (“manifesti di grandi dimensioni”) sono in tutto 8. Quattro ritraggono Wowereit, quattro invece sono senza di lui, tutti in bianco e nero, salvo il logo della SPD e lo slogan in colori diversi; e lo slogan è sempre lo stesso e confesso che mi piace: “Berlin verstehen” (“capire Berlino”). I 4 manifesti che lo raffigurano: 1) una bambina che ride mette un guanto di pezza sul naso di Wowereit, che chiude gli occhi e la lascia fare, è una bella foto, in cui lui fa un effetto piuttosto spontaneo, un bambino, sfocato e di spalle, osserva e ride; 2) quattro dita tengono in mano uno smartphone che ha appena scattato una foto: con una bella espressione, forse un po’ birichina, si vede Wowereit, insieme a lui quattro ragazzi, due maschi e due femmine, si riconoscono bene TUTTI i volti, la ragazza più a sinistra di Wowi potrebbe essere di origine turca, il messaggio è chiaro: sto con i giovani e ne conosco bene anche i mezzi di comunicazione; 3) una signora anziana, con un’espressione un po’ troppo adorante guarda Wowereit dal basso verso l’alto, lui le dà la mano ma non la guarda, questo mi sembra dei 4 manifesti che lo ritraggono il meno riuscito, l’espressione del candidato è più finta e stereotipata; 4) leggermente chino in avanti Wowereit da solo di tre quarti guarda dinnanzi a sé (il futuro? una planimetria? il computer?) ma non lo spettatore, tutto il resto intorno a sé è sfuocato, un’espressione che riesce al contempo ad esprimere serietà, una leggera preoccupazione e fiducia nel futuro, anche questa mi pare una foto riuscita. Anche le 4 foto senza Wowereit non sono male: un giovane padre (con vaga somiglianza con il compianto, grande Schlingensief), in una mano il cellulare e nell’altra un infante; due ragazze davanti a un computer e un librone aperto davanti: in un’agenzia di grafica? in uno studio di architettura? una guarda in camera, l’altra il computer, la quintessenza del terziario avanzato, direi; due ragazze sorridenti in strada, a un semaforo: amiche? amanti? tedesche? non tedesche? Un’immagine gioiosa e di speranza; un operaio con in mano un utensile, forse qualcosa per saldare, una sweat-shirt sporca, l’aria vagamente alternativa, gli occhiali, forse proprio occhiali da saldatore. Gli otto manifesti sono scaricabili al sito: http://www.berlin-verstehen.de/die-kampagne.html.

Con una campagna così non c’è da stupirsi che la SPD abbia nell’arco di pochi mesi guadagnato il 12%. Non era difficile, forse, a giudicare dal livello miserrimo degli altri.

Lo slogan più divertente in cui mi sono imbattuto oggi lo ha creato il partito denominato “Die Partei”, fondato quasi per scherzo nel 2004 dai buontemponi della rivista satirica “Titanic” ma ormai a tutti gli effetti istituzionalizzato. Lo slogan suona così: “Wowereit ausstopfen, Kienast frisieren, Knut wiederbeleben” (“Imbalasmare Wowereit, pettinare Kienast, riportare in vita Knut”). Per chi proprio non sapesse chi è Knut: http://de.wikipedia.org/wiki/Knut_(Eisbär).

Matteo Galli

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