Diario berlinese 14: Adler & Söhne

Matteo Galli

Un giorno, quando due anni fa trascorsi un lungo periodo a Berlino, esco di casa, faccio pochi passi verso la Danzigerstraße e vedo fare capolino dalla finestra di un ufficio al piano terra il giovane e talentuoso scrittore di origine bosniaca Saša Stanišić. Mi era accaduto di scrivere un saggio sul suo eccellente romanzo d’esordio “Wie der Soldat das Grammophon repariert” (“La storia del soldato che riparò il grammofono”) e di recensire la traduzione italiana per “L’indice dei libri”. Avevo anche cercato di invitarlo a Ferrara per un convegno sul romanzo famigliare che avevo organizzato nel 2008, ma la cosa purtroppo non era andata a buon fine perché Saša in quel periodo era negli USA. Cominciai a chiedermi che cosa ci facesse da queste parti e mi misi un po’ a curiosare. Ma non osai andare a disturbarlo.

Dopodiché scoprii che, non esagero, a cinquanta passi da casa mia, ha sede un “Literaturbüro” denominato “Adler & Söhne” (“Adler & figli”). Ne fanno parte scrittori, redattori free lance che lavorano per case editrici e traduttori, sette-otto persone in tutto. Verso la fine del 2009 rividi Stanišić a una “Lesung” al “Literarisches Colloquium” al Wannsee, e stavolta andai a presentarmi, si ricordava delle mail che ci eravamo scambiati, e mi invitò – dopo che gli avevo detto che eravamo “vicini di casa” – a passarlo a trovare. Di lì a poco ripartii e non se ne fece di nulla. E poi uno ha sempre paura di rompere le scatole.

La settimana scorsa, infine, ho preso coraggio e ho scritto all’indirizzo mail collettivo, presentandomi e chiedendo un appuntamento (miracoli del blog!). Mi ha risposto, quasi subito, uno degli scrittori che lavorano nel “Literaturbüro”, Thomas Pletzinger, invitandomi quando volessi a passare di lì, avremmo preso un caffè insieme, in questi giorni l’avrei sempre trovato. E così stamani ho fatto. Arrivo verso le 11:30 in una delle giornate più belle di questa estate berlinese e in quel momento in ufficio sono in due, il citato Pletzinger e Tillman Rammstedt, che nel 2008 vinse lo “Ingeborg-Bachmann-Preis” a Klagenfurt. Gentilissimi mi propongono di uscire e di andare a bere qualcosa insieme. Ci mettiamo a sedere sulla panca di fronte a casa mia, che fa capo al famigerato “Cereals”. E chiacchiero due ore a ruota libera con due persone squisite.

Thomas è altissimo e ha pochi capelli, Tillman ha dei bei capelli lisci con scriminatura da un lato, occhi azzurrissimi, “Dreitagebart” e denti un po’ ingialliti dal fumo. Sia Thomas che Tillman hanno 36 anni, vengono entrambi dalla Westfalia, Thomas è di Münster e Tillmann è di Bielefeld. Thomas è fra i soci fondatori dell’ufficio, Tillman è arrivato dopo qualche tempo. L’idea di mettere su un “Literaturbüro” nasce al termine del periodo che Thomas, Saša e Katharina Adler (che all’impresa ha prestato il nome) hanno trascorso a Lipsia, come studenti del “Literaturinstitut”. Talmente entusiasti di quel modo di lavorare insieme, di leggersi le cose, scambiarsi le idee che decidono di non perdersi di vista, di non tornare ciascuno alle proprie città di provenienza o dove avevano cominciato gli studi universitari. Decidono allora di trasferirsi (almeno in parte) a Berlino e di fondare l’ufficio in quella che era stata la sede del “Tropen Verlag”, appena trasferitosi a Stoccarda. L’idea è quella di andare in ufficio a scrivere, ma anche a chiacchierare, a leggersi l’un l’altro quello che si è appena finito di buttare giù, uscire dall’isolamento delle proprie case e dall’ansia della pagina bianca. Thomas scrive solo lì, se gli viene in mente qualcosa mentre è a casa, ha sempre con sé un blocchetto di appunti, ma niente computer. Tillman invece scrive anche a casa. Tutti e due hanno figli piccoli, a casa – anche a volere – non c’è una grande tranquillità. In ufficio non c’è mai la ressa, ci sono sette tavoli e non sono mai tutti occupati. Di recente se n’è andata via Christine una traduttrice svedese (che conosco dai tempi di una delle meravigliose “Sommerakademien” dello LCB), si è trasferita per amore in Croazia, e hanno deciso di non reclutare nuovi aspiranti che pure ci sarebbero stati, ma di restare così. Nell’ufficio niente telefono, vietato parlare via skype. Due uffici danno sulla strada, uno sul retro, lì lavorano i redattori che hanno bisogno di un po’ di tranquillità, il più attivo fra di loro, Jan Valk, ha tanto per fare un esempio curato la redazione dell’edizione tedesca di “Infinite Jest” di DFW.

Thomas Pletzinger ha finora pubblicato, oltre a racconti, saggi e traduzioni dall’inglese, un romanzo soltanto che è uscito nel 2008 da “Kiepenheuer & Witsch”, s’intitola “Bestattung eines Hundes” (“Funerale di un cane”), all’inizio di quest’anno ne è uscita anche l’edizione americana, cosa più unica che rara perché in quel mercato per gli scrittori tedeschi è difficilissimo sfondare. Non l’ho letto ma me lo sono fatto mandare. Adesso sta per pubblicare un libro di saggistica; ha seguito per un anno intero, in casa e in trasferta, l’Alba Berlin, la squadra di basket della città. Da ragazzo voleva diventare giocatore professionista, non ce l’ha fatta, e questo libro è un po’ la conferma del fatto che il destino alla fine gli è stato amico, i suoi coetanei sono a fine carriera con i ginocchi a pezzi e lui è invece nel pieno della sua attività di scrittore. Deve consegnare entro due settimane ed è molto indietro – una ragione in più per essergli grato, visto il tempo che mi ha dedicato. E’ appena uscita la sua traduzione dall’inglese di un graphic novel intitolato “Asterios Polyp” di David Mazzucchelli. Mentre stavamo tornando verso l’ufficio è arrivata la moglie con una bella bimba di pochi mesi in carrozzina.

Tilman ha avuto un successone con “Der Kaiser von China” (“L’imperatore della Cina”), un romanzo divertente, anche se qua e là un po’ esile. Carolina d’Alessandro lo ha tradotto per Del Vecchio, dovrebbe uscire fra poco. Adesso – meraviglie del “Literaturbetrieb” tedesco che si culla e si coccola i suoi giovani scrittori – viene pagato per fare lo “Stadtschreiber” (il “cronista”) di Oldenburg. Lo “Stadtschreiber” virtuale, beninteso. Deve scrivere due pezzi a settimana sulla città, ci ha messo piede tre o quattro volte, deve solo farsi venire in mente qualcosa di originale, magari pescato da internet. Vorrebbe scrivere un romanzo, ma è tre anni che non riesce a lavorare a un nuovo progetto, anche perché è stato parecchio in giro a promuovere “Der Kaiser von China”. Sia il libro di Thomas che quello di Tillman sono stati pubblicati anche in tascabile. Mi sono sembrate due persone felici.

Quando siamo tornati verso l’ufficio, fuori, col computer sulle gambe, una t-shirt gialla con le maniche arrotolate c’era Saša Stanišić. Mi sono presentato, ma non mi ha riconosciuto, né ho cominciato con quelle patetiche frasi tipo: non si ricorda di me, Ferrara, romanzo famigliare, etc. etc.

Il 17 settembre, come ogni anno in quel mese, fanno una mega-festa nel loro ufficio. Mi hanno detto di venire, sarò già tornato, ach, in Italia. Ci sarebbe da tornare su, apposta per rivederli.

Matteo Galli

This entry was posted in Appunti, Matteo Galli and tagged , , , , . Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *