Diario berlinese 7: Short Cuts

Matteo Galli

E’ una settimana che sono a Berlino e ho visto sei film, tre americani che usciranno in Italia prossimamente nelle sale (“Super 8”, un omaggio a Spielberg di J. J. Abrams, l’ideatore di “Lost,” “Bad Teacher” con Cameron Diaz e “Larry Crowne” di e con Tom Hanks), un tedesco (“Arschkalt”), un austriaco (il già citato “Die Vaterlosen”) e stasera un film serbo, coprodotto dalla Germania, che in italiano suona come “La donna col naso rotto”, che ha anche vinto il Festival del Cinema Europeo di Lecce, nell’aprile scorso. La mia stroncatura di “Bad Teacher” è già uscita su “Close-Up”, oggi scriverò anche la recensione di “Larry Crowne”, che è un po’ meglio, ma è una commediola hollywoodiana senza grandi pretese. Dei tre film americani senza dubbio quello di Abrams è il migliore; non condivido i toni esaltati e nostalgici di alcuni recensori che apprezzano la devozione quasi imbarazzante alla poetica dello Spielberg anni ’70-anni ’80 (“Lo squalo”, “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, “E.T.”) o di film in qualche misura paragonabili come “I goonies” o “Stand by me” ma è certamente un film ben fatto. Sugli altri è meglio stendere un velo pietoso: “Arschkalt” è veramente una commedia con una sceneggiatura penosa, classica produzione televisiva da “Das kleine Fernsehspiel” che non dovrebbe arrivare nelle sale e che forse ci arriva solo perché non c’è niente di meglio in circolazione, il “Sommerloch” (“il vuoto estivo”), peraltro, ad essere precisi, senza “Sommer”, perché qui fa un freddo cane e piove tutti i giorni. E’ la storia di un venditore di pesce surgelato di mezza età – interpretato da Herbert Knaup, che faceva il giornalista dello “Spiegel” in “Das Leben der Anderen” – che vive egli stesso in uno stato di perenne congelamento emotivo, fin quando non incontra una donna che lo fa un po’ sciogliere, con tutta una serie di personaggi macchiettistici di contorno, di situazioni reiterate fino alla nausea, con un soggetto che avrebbe potuto, tutt’al più, sorreggere un cortometraggio.

Ieri sera, poi, ho visto il film serbo che sembrava promettere un po’ di più: in una Belgrado piovosa una donna col setto nasale rotto e sanguinante scende di scatto da un taxi e si getta nel Danubio, lasciando la bambina di pochi mesi nelle mani del taxista che dovrà capire come venirne a capo. Involontarie spettatrici della scena sono altre due donne in altrettante automobili: un’insegnante depressa e una fidanzata in crisi che, in qualche misura stimolata dal gesto inconsulto della suicida, pianta in asso il futuro sposo e chiede ospitalità nella macchina dell’insegnante. Da questa “promettente” vicenda iniziale si dipana un film a focalizzazione multipla, nel quale si alternano le tre storie: il taxista con la bimba, l’insegnante con un grave lutto alle spalle “perseguitata” da un alunno stalker, l’ex fidanzata, che fa la farmacista e che si innamora di un pope (giuro che ho imparato solo ieri sera che i pope hanno moglie) con moglie incinta nonché fratello di una sua vecchia fiamma. L’arte dei film a focalizzazione multipla consiste nella capacità del regista di trovare un equilibrio fra le varie storie e nell’offrire allo spettatore tante proposte di immedesimazione nei personaggi, ma al contempo nessuna, riuscendo a tenere sempre desta una certa curiosità, pensate ad uno dei massimi esempi del genere, ossia Short Cuts di Robert Altman, ma anche a Crash oppure a Magnolia, ai film di Tarantino. Qui il guaio è che lo spettatore viene immediatamente catturato dalla storia del taxista – un burbero e cinico reduce di origine bosniaca, interpretato alla grande da un attore che si chiama Nebojsa Glogovac – e dal suo tentativo di venire a capo della bimba, affidandosi ad una vecchia prostituta sua amica, frequentando ogni giorno l’ospedale dove la donna dal naso rotto è stata ricoverata (il tuffo nel Danubio non è stato letale) e mostrando, al di sotto della scorza, una tenera umanità. Mentre le altre due storie – l’insegnante e l’alunno stalker, la farmacista e il pope in crisi – sono lagnose e ripetitive e ogni volta che sono di turno ti viene da sbuffare. Il film in tedesco è stato distribuito col titolo “Belgrad Radio Taxi”, la storia cornice sono gli ultimi giorni di una radio privata della capitale serba, in quasi tutte le scene c’è la radio accesa, alla fine il dj che conduceva la trasmissione si mette a fare addirittura il taxista e canta insieme all’insegnante uno hit a squarciagola, una delle poche scene un minimo liberatorie di un film un po’ pesante, soprattutto perché due storie su tre, come detto, non ti prendono proprio.

Ho visto il film al “Krokodil” che nel minuscolo foyer presenta un piccolissima mostra di foto tratte da diari di guerra  che accompagna la rassegna in corso in questi giorni intitolata “Schuss und Gegenschuss. Filmdokumente aus dem Krieg gegen die Sowjetunion” (“Campo e controcampo [ma anche Botta e risposta, “Schuss”, come “shot” in inglese, vuol dire sparo e ripresa] Documenti cinematografici tratti dalla guerra contro l’Unione Sovietica”, in occasione del 70esimo anniversario dell’invasione dell’Unione Sovietica da parte delle truppe hitleriane. In sala c’era quell’odore di pelle levigata, leggera muffa, fumo antico che ricordavo.

Matteo Galli

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One Response to Diario berlinese 7: Short Cuts

  1. Francesco Galli says:

    Ieri sera ho visto su MegaVideo “Bad Teacher”. A parte una Cameron Diaz in splendida forma, approvo la tua stroncatura. Un film povero che sembra dare più spazio alla malizia della Diaz che ad una trama soddisfacente.

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