Günter Grass, “örtlich betäubt”

Daniela Nelva

I

Con il romanzo örtlich betäubt [Anestesia locale], pubblicato nell’agosto 1969, Günter Grass si confronta per la prima volta con il presente – la realtà della Germania occidentale dei tardi anni Sessanta – offrendo il quadro di una angusta società del benessere che deve misurarsi con il proprio tragico passato e contro il cui ottuso conformismo si fanno strada i primi aneliti della contestazione giovanile. La storia è un percorso di memoria. L’io narrante – Eberhard Starusch, quarantaduenne professore liceale di tedesco e storia a Berlino Ovest – ricostruisce quanto afferma sia avvenuto circa due anni prima, nella primavera del 1967, epoca in cui egli si è sottoposto ad un doloroso trattamento dentistico per correggere il suo prognatismo congenito. A costituire il tessuto della materia narrativa sono la rievocazione delle lunghe conversazioni – più di natura personale che medica – che Starusch dice di aver intrattenuto con il dentista dentro e fuori lo studio di quest’ultimo ed il racconto di quanto accaduto nel suo quotidiano durante il periodo della cura.

Il procedere del romanzo non è però logico e lineare. La vicinanza storica del narrato e la conseguente difficoltà di affrontare con lucido distacco il presente vengono tradotte da Grass in un racconto spezzato, la cui voce narrante, ridotta ad entità frantumata, riflette la crisi della società tedesca occidentale del tempo. Sulle orme di Döblin, eletto a proprio maestro, l’autore restituisce il confuso incalzare di un io frammentario, coscienza lacerata che assembla la propria storia in una serie di variazioni biografiche, contaminando il percorso della memoria con farraginose associazioni di idee e fantasticherie confuse. Quello che interessa a Grass, come si legge in un’intervista [1], è infatti presentare al lettore un personaggio colto nell’immediato delle proprie idee, fantasie, finzioni, un personaggio immortalato nello sforzo – fallimentare – di raccontarsi e di agire. La corrosione dei rapporti temporali e causali, la dissoluzione del vissuto individuale in una serie di ipotetiche varianti palesa qui l’alienazione dell’io da sé e dall’ambiente circostante.

Articolata sull’intersecarsi di fantasia e verosimiglianza, la tessitura del romanzo risulta piuttosto problematica, richiedendo al lettore un continuo lavoro di chiarificazione. Solo attraverso la ricomposizione dei molteplici piani temporali e l’incastro delle diverse tessere tematiche si tratteggiano i due principali nuclei contenutistici dell’opera: da un lato la storia personale di Starusch su cui si innesta il motivo del confronto con la tragedia nazionalsocialista; dall’altro la rappresentazione delle prime agitazioni del movimento studentesco, enucleate nella storia dell’allievo Philipp Scherbaum, che l’insegnante si impegna a distogliere dal provocatorio intento di bruciare, come forma di protesta contro la guerra in Vietnam, il proprio cane bassotto davanti al lussuoso Hotel Kempiski sul Kudamm di Berlino.

La fisionomica del testo ci consente di ripercorrere lo sviluppo dei temi di cui si è detto parallelamente alle successive fasi della cura – la prima relativa al periodo degli interventi alla mascella inferiore, la seconda coincidente con una pausa di quindici giorni, l’ultima riguardante il periodo del trattamento alla mascella superiore.

Nella prima parte al resoconto del medico circa gli interventi da eseguire e alle sue più generali considerazioni sulle pratiche ortodontiche si intreccia quello che l’io narrante riferisce come racconto della propria esistenza. Come in un gioco di scatole cinesi, da un racconto nel racconto riemergono a sprazzi gli episodi salienti di quella che Starusch sostiene essere stata la propria vicenda personale. Proviamo a ricostruirli. Nato, come lo stesso Grass, nel 1927 a Danzica, Starusch vive l’esperienza della guerra prima come capo di una banda giovanile di matrice anarchica poi come internato, fino all’agosto del ’45, in un campo di prigionia americano. Con l’attestato di profugo, si trasferisce presso una zia a Colonia dove completa gli studi. Dopo la laurea in ingegneria meccanica ad Aquisgrana, trova impiego, nel ’54, presso una fabbrica di materiali da costruzione nella Voreifel, il cui proprietario, Ferdinand Krings, durante la guerra maresciallo di campo dell’esercito tedesco, si trova all’epoca prigioniero in Unione Sovietica. Lo stesso anno si fidanza con Linde, la figlia di Krings che nell’estate del ’55 ritorna dalla prigionia. La decisione di diventare insegnante di germanistica e storia scaturisce dalla rottura, nella primavera del ’56, del rapporto con la fidanzata – colpevole a suo dire di averlo tradito – e dal conseguente licenziamento.

Il piano del passato prevale, in questa prima parte del romanzo, su quello del presente, limitato ad alcune notazioni dell’io narrante circa il proprio rapporto con la collega Irmgard Seifert, un’insegnate di musica tormentata dal ricordo della militanza nella gioventù hitleriana, e con i due allievi Philipp Scherbaum e Vero Lewand, entrambi portavoce dei primi fermenti studenteschi.

Intercalato al resoconto delle conversazioni con il dottore, il rapido susseguirsi nella memoria dell’io narrante di ipotetiche immagini del proprio vissuto replica la tecnica cinematografica [2]. Starusch narra di aver messo a fuoco i propri ricordi, inquadrato luoghi e persone in un veloce susseguirsi e scalzarsi di prospettive, fingendosi talvolta davanti, talvolta dietro a una macchina da presa, nella veste di regista o di personaggio di un cortometraggio:

 

Ein Denkmal. Erst in der Praxis meines Zahnarztes gelang es mir, meine statuarische Verlobte zu zerlegen: Zwischen Schnitt und Schnitt wechselte sie die Röcke, selten den Pullover; sie wollte alleine oder mit ihrem Hardy, mal zwischen Ginster in einer verlassenen Basaltgrube, mal im Gasthof »Wilder Mann«, knapp hinterm Neuwieder Deich, mal auf der Andernacher Rheinpromenade, […] eingeblendet werden. (W VI, 26) [3].

 

Ma non solo. Nel racconto al dentista alle schegge del passato si sono sovrapposte continue rappresentazioni e proiezioni della fantasia che di quel vissuto hanno offerto versioni alternative, più o meno credibili. E di queste elaborazioni immaginarie sembra essere stato partecipe, in larga parte, il medico stesso, al quale in più occasioni il protagonista ha assegnato il ruolo di supervisore delle proprie fantasie. A fornirne un esempio è la rievocazione del ritorno di Ferdinand Krings dalla prigionia e del suo primo incontro con la figlia Linde:

 

Ob sich diese Szene, ohne Fahrrad, Landschaft und Auto, in den Grauen Park verlegen ließe?

„Was meinen Sie, Dokter? Krings kommt mit Koffer – vielleicht schiebt er doch das Rad – stößt unter der zementstaubtragenden Buche auf Linde […]“.

Mein Zahnarzt war gegen den Grauen Park; denn in Wirklichkeit hat Linde ihn unterwegs aufgelesen. (Ivi, 51) [4].

 

Al resoconto dei fotogrammi della memoria fanno infine da contrappunto le scene animate degli spot pubblicitari che Starusch, assurto qui da Grass ad emblema dell’individuo soggiogato dai mass-media, rammenta di aver visto scorrere, durante le successive sedute nello studio dentistico, sul televisore posizionato di fronte a sé – brevi filmati che egli dice di aver trasfigurato, in un incessante gioco di associazioni, in icone della propria storia:

 

Werbung lief und eroberte sich ein Achtel Blick. […]. Sie [Linde] wollte mir eine Tiefkühltruhe verkaufen. Während mein Zahnarzt chirurgische Lösungen vorschlug […] sang Linde ihren Refrain: „Immer frisch und im Vollbesitz aller Vitamine…“ und schlug Ratenzahlung vor. Dann öffnete sich die Tiefkühltruhe, in der zwischen Brechbohnen, Kalbsnieren und kalifornischen Erdbeeren meine Milchzähne und Schulaufsätze, mein Flüchtlingsausweis A und meine Studie über Traß- und Tiefbohrzemente, meine eingedickten Wünsche und meine auf Flaschen gezogenen Niederlagen reifberaucht lagerten; und ganz zuunterst […] lag nackt und frostüberzogen sie […]: Oh Lindelindelindelinde. (Ivi, 30-31) [5].

 

In un crescendo visionario di rimandi simbolici, Starusch si descrive strangolatore di Linde con la catena della bicicletta con cui Ferdinand Krings è ritornato dalla prigionia – strangolatore poi reo confesso per l’impossibilità di curarsi, da latitante, il mal di denti. Oppure si identifica con il fotografo che ha causato la morte della fidanzata – la cantante Arantil, che nel nome replica l’antidolorifico per il mal di denti e che è immaginata ora sosia ora sorella della leggendaria principessa etrusca Tanaquil, di cui racconta lo storico Tito Livio.

Lo sgretolamento della fabula in un intreccio sconnesso rivela qui il gioco di Grass con i propri materiali ed allude alle molteplici possibilità della sperimentazione letteraria. Nel fluido amalgama di realtà fittizia e immaginazione è pressoché impossibile stabilire in che misura gli eventi di cui si narra appartengano al vissuto del protagonista o siano invece da leggersi solo come il frutto di fervide proiezioni mentali di quest’ultimo. È infatti lo stesso io narrante a modificare continuamente i termini del suo racconto e a fornire così al lettore più versioni dello stesso evento. Ne risulta un complesso narrativo in cui il tempo del récit, ovvero il presente della ricostruzione guidata dalla memoria – ed il tempo dell’histoire – il passato che riemerge a ricordo – sembrano convergere, sovrapponendosi nell’immediata dimensione della coscienza, in un’assoluta mancanza di distanza tra vissuto e narrato.

 

 

 

II

 

Nella seconda parte del romanzo alla struttura di un racconto nel racconto Grass sostituisce il resoconto dell’io narrante di quanto accaduto durante le due settimane di pausa nel trattamento dentistico e successivamente riferito al medico nel corso di alcune conversazioni telefoniche. Si approfondisce così il tema del conflitto ideologico tra gli esponenti di due generazioni: quella degli allora quarantenni a cui appartiene, oltre a Starusch, anche Irmgard Seifert, e quella dei giovani diciassettenni, di cui sono rappresentanti Philipp e Vero. Grass offre al lettore due coppie di figure insoddisfatte ed inquiete, accomunate, per motivi differenti ma tra loro complementari, da un profondo senso di frustrazione. Le sconfitte degli uni sembrano rivelarsi causa dei malesseri degli altri, tanto più nel contesto di un rapporto ormai manifestamente difficile tra insegnanti ed allievi. I quarantenni, figli della guerra, non possono che constatare il proprio fallimento intellettuale, ovvero il mancato ruolo di coscienza critica che, nella realtà tedesca occidentale della ricostruzione, si è tradotto in un progressivo adeguamento alla benpensante società del consumo. Si veda, questo proposito, l’autocritica contenuta nelle parole del protagonista:

 

Schauen Sie sich um. Was wurde aus uns? Wie nüchtern und skeptisch entließ uns der Krieg? Wie wollten wir aufpassen und dem Wort der Erwachsenen, dem Erwachsenenwort misstrauen? – Wenig blieb davon. (Ivi, 141) [6].

 

Severi nei confronti del mondo dei padri, sentito come paternalista e falsamente moralista, i giovani si muovono alla disperata ricerca di nuovi valori sociali ed identitari, rivendicando una svolta radicale. Siamo alle soglie del ’68, all’alba della contestazione giovanile. «Er leidet an der Welt. Das fernste Unrecht trifft ihn» (Ivi, 150) [7]: così l’insegnante motiva il proposito di Scherbaum di dar fuoco, pur con molto strazio, al suo bassotto Max come forma di protesta contro le atrocità compiute dai soldati americani in Vietnam e in modo particolare contro l’uso delle bombe al napalm. Lo spettacolo di un cane che brucia – questa la tesi del giovane – può forse scuotere le sopite coscienze dei Berlinesi ormai indifferenti alle immagini di uomini in fiamme. Accanita sostenitrice del proposito di Philipp è la sua ragazza, Vero, che nella scacchiera dei personaggi grassiani rappresenta l’ala ideologicamente più estremista della contestazione studentesca.

Un legame simbolico unisce Starusch e la collega Seifert al comune allievo: all’età di diciassette anni entrambi hanno vissuto l’esperienza chiave della loro gioventù – un momento particolarmente significativo al quale essi sono rimasti, sebbene con significati e modalità profondamente differenti, ancora legati. Con l’appellativo di Störtebeker (figura che il lettore conosce sin dal romanzo Die Blechtrommel [Il tamburo di latta]), Starusch, durante la guerra, è stato a capo di una banda giovanile di matrice anarchica – i cosiddetti «Conciatori» – impegnata in furti e in azioni di sabotaggio. «Wir waren gegen alle und alles» (Ivi, 183) [8], ricorda il protagonista. Sul fronte opposto, Irmgard Seifert annovera invece un’esperienza come dirigente del «Bund Deutscher Mädchen» – l’organizzazione nazista che raggruppava le ragazze in età compresa tra i quattordici e i diciotto anni – e, nell’ultimo periodo del conflitto, come vicedirettrice di un campo per bambini sfollati. Esperienze antitetiche, dunque, che, proprio per la loro polarità, acquistano una valenza emblematica nel complesso del romanzo.

Per il protagonista il passato di giovane contestatore rappresenta l’unico momento attivo di un’esistenza che egli sente altrimenti ormai sterile, consumata tra l’ideale rifiuto dei meccanismi della società borghese post-bellica e la disillusa consapevolezza dell’impossibilità di un’azione in sé risolutiva. A caratterizzare questo personaggio è, nel tracciato grassiano, la persistente antitesi tra il ricordo delle azioni di un tempo ed il disincantato senso di impotenza che permea il suo presente. Esaurita, con la fine della guerra, la propria esperienza anarchica, Starusch ha finito per accondiscendere al sistema consumistico della realtà della ricostruzione, nel quale tuttavia non riesce ad identificarsi. «Ich bin ein liberaler Marxist, der sich nicht entscheiden kann» (Ivi, 161) [9], confessa all’allieva Vero che lo accusa di comportamenti reazionari.

Metaforico segnale del disagio del protagonista in bilico tra azione ed impotenza, passato e presente sono i denti guasti, infettati alla radice ed incrostati di tartaro, che, in un simbolico quadro psico-odontoiatrico, assurgono ad indicatori di un malessere della coscienza. «Ihr Zahnstein ist Ihr versteinerter Haß» (Ivi, 33) [10] – suona il verdetto del dentista. Non è d’altronde un caso che ai denti rovinati faccia sempre da contrappunto, nella trama dell’opera, il ricordo, vivo nella memoria di Starusch, dei propri sani denti da latte, conservati, in gioventù, in un sacchetto penzolante sul torace, come feticcio di buon augurio, contrassegno di forza e di coraggio sul quale gli aspiranti «Conciatori», nel rito di iniziazione al gruppo, erano obbligati a giurare fedeltà.

Grass si avvale qui del motivo del dolore fisico in una duplice accezione simbolica: esso funziona non solo da fattore che rivela il fallimento del protagonista, ma anche da dispositivo che innesca in quest’ultimo una presa di coscienza parallela alla cura odontoiatrica. La problematicità del confronto critico con i contenuti della propria esistenza costituisce la matrice interpretativa del continuo fantasticare dell’insegnante. L’insistere su un passato di successo come ingegnere di produzione presso il cementificio Krings è infatti da leggersi come una sorta di mascheramento dell’attuale senso di frustrazione. Il quale finisce però per insinuarsi anche nelle figurazioni della mente, prendendo forma nelle ripetute sequenze del tradimento di Linde a cui seguono come compensazione le scene dei reiterati omicidi. Significativamente, il titolo di uno dei documentari mentali in cui Starusch celebra, tra ironia e avvilimento, il proprio ruolo nella risorta industria tedesca suona «Verlorene Schlachten» ovvero: «battaglie perdute» [11]. Unico sfogo al suo latente desiderio di un atto dirompente, rimangono le fantasie rivoluzionarie che egli proietta idealmente sullo schermo televisivo dello studio dentistico e di cui rende partecipe il medico: ripetute immagini di bulldozer che spazzano via, oltre ai suoi fallimenti personali, l’intera società borghese del dopoguerra e tutti i suoi prodotti superflui.

 

 

III

 

Altrettanto penoso è il rapporto di Irmgard Seifert con il proprio trascorso. Con questo personaggio Grass affronta il tema della colpa tedesca per il passato nazionalsocialista. La lacerazione interiore che segna questa figura ha infatti origine da un’esperienza di giovane al servizio del nazionalsocialismo. Tale militanza – per anni rimossa, seppellita sotto quello che Starusch definisce un antifascismo senza compromessi – è drammaticamente risvegliata alla coscienza dal ritrovamento, in un vecchio baule, di un fascio di proprie lettere che celebrano il Führer e condannano, con evidenti toni antisemiti, il bolscevismo come «jüdisch-slawische Versippung» (Ivi, 60) [12]. Per la donna, che nel frattempo ha maturato convinte posizioni marxiste, estremamente critiche nei confronti della Grande Coalizione e del cancellierato di Kiesinger [13], un tempo iscritto al partito nazionalsocialista, il passato improvvisamente vivo apre una ferita insanabile. A tormentarla è, in particolare, il ricordo di una denuncia alle autorità naziste contro un contadino che, di fronte all’avanzata dei soldati sovietici, si opponeva alla cessione del proprio terreno per la realizzazione di una trincea a protezione del campo di bambini sfollati da lei diretto.

Di fronte a Starusch, che cerca di giustificare tale comportamento adducendolo alla sua giovane età, Irmgard Seifert manifesta più volte il proposito di autodenunciarsi davanti ai suoi allievi. Incapace però di affrontare pubblicamente la propria colpa, ella finisce per abbandonarsi ad irrazionali speranze di un grande gesto liberatorio, che faccia piazza pulita di una generazione marchiata da un’esperienza indelebile e dunque senza via di scampo:

 

„Diese Jungs und Mädchen wollen frisch beginnen […]. Wir, die man geopfert hatte, wir konnten das Opfer nicht bringen. Wir, mit Siebzehn schon gezeichnet von einem verbrecherischen System, wir konnten die Zeit nicht wenden, wir nicht. […]. Jetzt wird man uns wegräumen“. (Ivi, 140-141) [14].

 

Proprio questa idea ossessiva, tradotta al cospetto degli allievi ignari in un insistente appello alla necessità di un’azione purificatrice, le è valsa l’ironico soprannome di «arcangelo». Imbrigliata nelle maglie del passato, la donna non riesce a guardare oltre la propria vicenda personale, a cui sembra ricondurre tutto quanto la circonda. Dopo un primo momento di rigore nei confronti del proposito di Scherbaum – da cui scaturisce, in un sottile richiamo al comportamento giovanile, la proposta di denunciare il giovane alla polizia – giunge ad esaltarne il disegno, ravvedendo in lui il possibile artefice della catarsi tanto attesa:

 

„Der Junge ahnt nicht, welche Größe ihm innewohnt. Nur sein Vorhaben, seine Tat sieht er und nicht die Schatten, den sie werfen wird: das Erlösende“. […]. „Er hat die Kraft und die Reinheit, uns – ja, ich spreche es aus! – zu erlösen. Wir sollten ihm Mut machen“. (Ivi, 211) [15].

 

Il confronto con il trascorso nazionalsocialista si palesa in modo evidente anche laddove Grass propone la difficile questione della presenza, nella società tedesca occidentale, di ex nazisti. L’ordito del romanzo si apre qui ai dati della Storia. Nel personaggio di Ferdinand Krings l’autore adombra il feldmaresciallo tedesco Ferdinand Schörner, comandante supremo, nel ’45, del Gruppo d’armata del Centro e dopo la disfatta prigioniero in Unione Sovietica. Le due figure, quella letteraria e quella reale, si diversificano nel punto in cui Grass, per bocca di Starusch, ripercorre in modo esplicito la vicenda di Schörner, che all’epoca della stesura del romanzo vive libero a Monaco. Il riferimento alla persona storica serve all’autore per contestualizzare nella trama narrativa il suo personaggio. Calato nei risvolti di una ritrovata vita quotidiana, quest’ultimo appare ossessivamente investito del ruolo ricoperto in guerra. Tornato nel ’55 in famiglia ad Andernach, Krings è infatti perseguitato dall’esperienza della sconfitta tedesca. Con l’aiuto di Schlottau, un elettricista un tempo soldato sotto il suo comando, adibisce un cassone di sabbia con luci ed appositi meccanismi, dove replica gli scontri perduti sul fronte centro-orientale, alla paranoica ricerca delle tattiche vincenti. Le «battaglie perse» di Krings – e ritorna qui, a leitmotiv, la già citata formula – costituiscono il motore della sconfitta sentimentale di Starusch. In una grottesca versione che l’io narrante fornisce circa la rottura del suo fidanzamento, Linde, atterrita di fronte al gioco perverso del padre, si sarebbe infatti concessa all’elettricista con l’intento di scoprire in anticipo le mosse strategiche del genitore. Di fronte all’ineluttabilità delle disfatte subite, Krings abbandonerà le sue esercitazioni militari, optando, nelle ultime pagine del romanzo, per la militanza politica. L’implicito riferimento di Grass a Kiesinger è qui palese.

 

 

IV

 

Per mettere a fuoco le problematiche che affiorano nelle prime due parti del romanzo è necessario a questo punto soffermarsi sul ruolo che Grass assegna, nella scacchiera dei personaggi, alla figura del dentista. Tale ruolo si chiarisce tenendo conto del fatto che i lunghi dialoghi tra medico e paziente sono – come ci dice lo stesso autore [16] – il frutto dell’immaginazione di quest’ultimo. Un lungo monologo interiore, dunque. Descrivendosi ripetutamente a bocca spalancata è d’altronde proprio l’io narrante, sin dall’equivoco incipit iniziale – «das erzählte ich meinem Zahnarzt. Maulgesperrt und der Mattscheiben gegenüber, die tonlos wie ich, Werbung erzählte» (Ivi, 8) [17] – a sottintendere la sua pressoché totale impossibilità di allora a proferir parola.

Sorta di personaggio nel personaggio, il dentista funziona nel reticolo grassiano come una proiezione mentale del protagonista, alter ego portavoce di una concezione della storia umana alternativa a quella dell’insegnante. L’evoluzione dell’odontoiatria a cui fa appello il medico – e di cui sono emblema la poltrona Ritter, i ponti Degudent, le anestesie locali contro il dolore – figura come modello di un progresso che, in linea con i metodi della scienza, si attiene rigorosamente al pensiero razionale ed empirico. «Erkenntnis plus Handwerk» (Ivi, 152) [18]: questa la formula che racchiude la metodologia del procedere sperimentale. Sembra che sia qui il Grass illuminista a prendere la parola. Ad una visione del divenire storico inteso come processo di grandi balzi in avanti, improvvisi sommovimenti e sconvolgimenti repentini, viene contrapposta la prospettiva di un’evoluzione graduale fatta di avanzamenti e battute d’arresto, ma pur sempre progressiva.

Nel riformismo moderato del medico, nella sua avversione alla violenza e nel suo scetticismo nei confronti delle azioni drastiche – anche quelle in seno alla contestazione giovanile – paiono rispecchiarsi le posizioni politico-ideologiche dello stesso autore, che proprio nel settembre del 1969 svolse un ruolo decisivo per l’elezione a Cancelliere di Willy Brandt, l’esponente socialdemocratico fautore della politica dei «piccoli passi». In Brandt Grass ravvede una valida alternativa tanto all’immobilismo della Grande Coalizione capeggiata da Kiesinger, quanto al radicalismo di sinistra dell’apo e del movimento studentesco. Lo slogan utilizzato durante la campagna elettorale, suonava, significativamente, «denti bianchi con la spd».

Nella tessitura del romanzo la visione di Grass rimane però sul piano di uno scontro ideologico non risolto. Le due anime di Starusch si confrontano e si scontrano: l’una, quella idealmente rivoluzionaria, calata nelle contraddizioni della realtà storica, coltiva la visione di una nuova organizzazione sociale – la «provincia pedagogica mondiale» – frutto di trasformazioni radicali, che, fatta tabula rasa del passato, permettano di ricominciare da zero. L’altra, quella riformista, isolata all’interno di uno sterile studio medico, sostiene il progetto di un’«assistenza sanitaria mondiale» che diventi base e sovrastruttura della società al di là di qualunque idea o movimento e che attraverso un’azione graduale realizzi la piena integrazione sociale. Entrambi avversi al mondo del consumo, medico e paziente – l’insegnante ed il suo altro da sé – perorano il cambiamento attraverso percorsi antitetici, risvolti di una medesima personalità altalenante tra l’aspirazione ad un’azione decisiva ed una pur sincera adesione al riformismo democratico.

 

 

V

 

È attraverso l’aperto confronto con Scherbaum che il conflitto interiore del protagonista emerge in tutta la sua virulenza. Per l’allievo Starusch prova simpatia e comprensione, ne condivide l’ansia di cambiamento, ma non può accettarne l’atroce disegno, prevedendo l’inutilità del gesto nonché le tragiche conseguenze per il ragazzo. Nell’intento di farlo desistere, l’insegnante prende tempo, prospettandogli una serie di possibili varianti del piano da lui elaborato. Così, si offre di agire al suo posto, gli propone di spostare il teatro dell’azione a Bonn, davanti al Bundestag, gli suggerisce di bruciare un cane acquistato al canile. Infine pensa addirittura di avvelenare l’animale. Al contempo cerca però di convincere Philipp dell’insensatezza del suo proposito. È questo il senso delle immagini che Starusch mostra all’allievo: «roghi pubblici» che vanno dalle pratiche medievali ai moderni lanciafiamme, dai forni crematori di Auschwitz alla bomba atomica, fino ai bombardamenti sui civili tedeschi ad Amburgo e a Dresda. Scopo analogo hanno le sue lezioni scolastiche, indirizzate a smascherare quello che egli definisce il «caos della storia», ovvero l’assurdità di azioni altrimenti ritenute ragionevoli. In un excursus che parte dalla Rivoluzione Francese, l’insegnante vuole dimostrare – abbracciando qui le tesi del suo alter ego dentista – come ogni momento rivoluzionario sia inevitabilmente destinato ad isterilirsi e come le riforme da esso scaturite avrebbero potuto affermarsi senza il ricorso alla sollevazione violenta:

 

Schließlich dokumentierte ich, wie […] die Revolution ihre Kinder frisst. (Büchners Danton als Zeuge der Absurdität). Und wie alles in Reformismus endete. Das hätte man, bei geduld, billig haben könnten. (Ivi, 157) [19].

 

In questa disincantata analisi – e trapela qui nuovamente la posizione ideologica di Grass – non è dalla rivoluzione che può scaturire un permanente cambiamento. Da una fase di rivolgimento violento non può infatti che seguire un ritorno al passato che, in un circolo chiuso, sarà a sua volta destinato ad essere spazzato via da un nuovo moto rivoluzionario:

 

So wurde Napoleon möglich. […]. Kleine Ausflüge: Cromwell – Stalin. Absurde Zwangsläufigkeiten: Revolution schafft Restauration, die durch Revolution beseitigt werden soll. (Ivi) [20].

 

In alternativa al gesto violento Starusch, ripercorrendo la tradizione della lirica di denuncia che muove da Villon attraverso Tucholsky fino a Brecht, suggerisce a Philipp di scrivere songs di protesta alla Joan Baez e Wolf Biermann e gli propone la direzione del giornalino scolastico.

Lo scontro ideologico tra allievo ed insegnante costituisce, per quest’ultimo, un’ulteriore presa di coscienza della propria condizione fallimentare. In un immaginario confronto con Scherbaum, Starusch contrappone il proprio attuale atteggiamento distaccato allo slancio che lo animava invece in gioventù e finisce per riconoscersi uomo in bilico tra la frustrazione per l’inerzia che permea la sua esistenza e la consapevolezza dell’impossibilità – ma anche della propria incapacità – di un’azione risolutiva:

 

Beim Rasieren gegen den Spiegel sprechen, bis er beschlägt? »Was soll ich denn sagen, Philipp? Auch wenn du rechst hast, das lohnt nicht. Als ich siebzehn war, hab ich auch. […]. Nichts wollte ich erklärt bekommen, wie du. Und wollte nicht so werden, wie ich jetzt bin […]. Aber wollte ich so sein, wie du bist, müßte ich sagen: Mach es! Warum sage ich nicht: Lass ihn brennen!?«.

«Weil Sie eifersüchtig sind und selber möchten, aber nicht können. Weil mit Ihnen nicht nichts mehr los ist. […]. Weil Sie fertig sind. Weil Sie schon alles hinter sich haben. […]. Weil Sie immer Abstand gewinnen wollen. Weil Sie sich die Folgen ausdenken, bevor sie handeln, damit die Folgen Ihren Berechnungen entsprechen. Weil Sie sich nicht mögen».

«Gut, Philipp. Mach es. Mach es für mich. […]. Früher mit siebzehn konnte ich auch. Da war ich ein Täter. Damals war Krieg».

«Immer ist Krieg».

«Gut. Jetzt bist du dran. Aber das nützt nichts […]». (Ivi, 182-183) [21].

 

Come ultimo tentativo di dissuasione Starusch conduce il ragazzo sul luogo dell’azione, popolato da signore impellicciate che ingurgitano cucchiaiate di dolci. La disincantata descrizione dell’insegnate circa le conseguenze del rogo del cane – il linciaggio del suo autore ad opera della folla nonché la successiva ripresa dell’ingozzamento condito ora dalla curiosità per l’accaduto – porta Scherbaum a vomitare violentemente e ad ammettere, almeno per il momento, il fallimento del proprio progetto. L’esperienza contestatrice del giovane è inscritta qui da Grass in un quadro grottesco, che ne sminuisce e ridicolizza il significato.

A muovere a questo punto la dinamica instaurata tra i l’insegnante e l’allievo è l’ingresso, nella loro sfera d’azione, del dentista come terzo comune interlocutore. È l’alter ego di Starusch a “dialogare” adesso con Philipp. Su apparente richiesta del dottore Starusch accompagna il ragazzo nello studio medico. Grass replica qui i precedenti meccanismi della fabula: sottoposto ad una breve visita, anche Scherbaum si scopre affetto da una malformazione dentaria ed inizia la profilassi. E l’intervento dentistico acquisisce nuovamente una valenza simbolica: l’interesse che il medico suscita nel giovane per la sua futura salute orale – e dunque implicitamente per il suo avvenire – è spia che segnala l’avvio di un’evoluzione che condurrà Philipp a guardare oltre il proprio proposito distruttivo. Il momento cruciale di tale percorso coincide con la sua decisione di trarre ispirazione per la propria condotta di vita da Helmuth Hübener, giustiziato a diciassette anni, nel 1942, per aver capeggiato un gruppo di resistenti contro il nazismo. Ancora una volta la Storia fa da puntello alla trama del romanzo. Per identificarsi con il suo modello, Scherbaum decide di imparare la stenografia e l’alfabeto Morse – usati da Hübener per diffondere le notizie di Radio Londra – e di tradurre il suo rifiuto contestatario in un costante impegno nel giornale scolastico, allusivamente battezzato «Morsezeichen» – «Segnale Morse». Il suo primo intento è quello di scrivere un polemico articolo contrapponendo l’attività di Hübener e di Kiesinger nel 1942.

 

 

VI.

 

La terza parte del romanzo rispecchia la struttura delle due precedenti: nel resoconto dell’io narrante si intrecciano, ancora una volta, presunti dialoghi con il dentista, costruzioni fantastiche e brevi riferimenti ad accadimenti del passato e dell’allora presente. Salvo che Grass decostruisce qui tutto il precedente contenuto narrativo, capovolgendone i sensi e le valenze, palesando come l’arte possa operare liberamente con i propri materiali. Ancora una volta il lettore si trova a ricomporre i cocci di una struttura che sembra spaccarsi in frammenti eterogenei e tra loro contradditori.

Al dentista, nella sua veste di alter ego, spetta il compito di rimettere in discussione quanto raccontato da Starusch circa il proprio passato di ingegnere di produzione presso le officine Krings e l’epilogo del suo fidanzamento con Linde. Versioni alternative degli stessi eventi si susseguono fino all’autosmascheramento finale: tutto il racconto è stato frutto di un’invenzione. Non solo non vi è notizia delle officine Krings, ma neanche di un ingegnere di produzione di nome Starusch. L’unica traccia è quella di un giovane studente lavoratore presso un cementificio nella zona della Voreifel. Il paziente, a sua volta, si difende e cerca di screditare il medico, accusandolo di segrete abbuffate di dolci nella toilette del suo studio durante le ore di visita, ingozzate che testimonierebbero il suo venir meno al professato principio della misura. Intrecciate a queste rivelazioni si dipanano le ultime fantasie del protagonista: il rogo – per sua mano – di un cane volpino, la serata decisiva della sconfitta di Krings, l’omicidio – compiuto nelle false vesti di un bagnino fanatico dell’ultimo Nietzsche – della famiglia dell’ex fidanzata in una piscina invernale.

A conclusione dell’opera Grass tratteggia i destini dei suoi personaggi. È la storia di una serie di fallimenti. A cominciare da Scherbaum. Il giovane deve cedere alle obiezioni dei suoi coredattori e rinunciare ad attaccare nel suo articolo Kiesinger per il suo passato: «Die sagten: Das ist zu polemisch für die erste Nummer. Wenn man Kiesinger angreift, muss man auch Brandt angreifen. Der soll damals sogar norwegische Uniform getragen haben» (Ivi, 259) [22]. Per chiarire il senso di tale affermazione occorre ritornare al contesto della Seconda guerra mondiale, quando Willy Brandt, esule antinazista nei paesi scandinavi, combatte nella resistenza norvegese contro le truppe occupanti tedesche. Questa militanza antifascista diventa oggetto, nel difficile momento politico del dopoguerra, di una violenta campagna diffamatoria ad opera di molti – tra cui Conrad Adenauer – che accusano Brandt di aver agito durante il conflitto contro la Germania. L’operazione compiuta qui da Grass ha una duplice valenza. Da un lato lo scrittore denuncia la corruzione morale – e, con essa, lo strisciante pericolo di tendenze revisioniste – in seno ad una certa società tedesca nonché al partito cristiano-democratico. Dall’altro egli non risparmia implicitamente le proprie riserve nei confronti delle scelte politiche della stessa spd a favore di un’alleanza con la cdu – la Grande Coalizione, appunto – che ha portato il partito socialdemocratico al governo ma ne ha sacrificato il ruolo di opposizione ideologico-programmatica.

Nel romanzo l’unico successo di Scherbaum si limita alla concessione, a scuola, di uno spazio per i fumatori. Starusch – che ha intanto intrecciato una relazione con Irmgard Seifert – si fidanza con lei e, a suggello dell’unione, ne brucia le lettere compromettenti. Le ultime notizie dell’io narrante risalgono al 1969: Vero Lewand ha lasciato la scuola prima della maturità e ha sposato un linguista canadese. Scherbaum si è adeguato al sistema e studia medicina. A Starusch si è sviluppata una nuova infezione.

Al proprio lettore Grass offre un quadro severo della società tedesca occidentale. Chi imbrigliato nella morsa del passato nazionalsocialista (Seifert), chi ancora ideologicamente legato ad esso (Krings), chi capace solo di slanci velleitari (Starusch) o di assurde azioni di rottura (Scherbaum): tutti i personaggi del romanzo concorrono a denunciare la presenza, nella realtà tedesca, di uno “spazio” vuoto – quello del citoyen che Grass stesso vuole essere, del cittadino impegnato in modo costruttivo nel tessuto politico-sociale. Anche i positivi valori riformisti di cui sembra portavoce il dentista rimangono chiusi all’interno di un contesto asettico, slegato dalla quotidianità.

Il lucido pessimismo della battuta finale – «Nichts hält vor. Immer neue Schmerzen» (Ivi, 283) [23] – sembra calare il sipario su una rassegnata sfiducia. Le «anestesie locali» sedano sì il dolore e permettono successi parziali, ma si rivelano inefficaci nel curare il male alla radice. È legittimo domandarsi se Grass, a chiusura dell’opera, non disattenda alla personale adesione all’etica dei piccoli passi e al suo impegno politico a sostegno della socialdemocrazia. Due considerazioni sono necessarie per comprendere l’ambigua chiusa del romanzo. La prima è di ordine ideologico, ed affonda le sue radici nel sottile scetticismo – anch’esso di derivazione illuminista – dell’autore, il quale, nonostante la sincera fiducia in un’evoluzione graduale, non nasconde i proprio dubbi nei confronti di un procedere storico e politico in cui ravvede a tratti l’impossibilità o l’incapacità di un progetto riformista. Ma qui trapela anche lo iato – e veniamo così alla seconda riflessione che vogliamo proporre – tra la dimensione della poesia, libero orizzonte delle idee e delle critiche, e la mera prassi politica, sfera di compromessi. Lo “scrittore” Grass rivendica la propria autonomia di fronte al “cittadino” impegnato nel pur necessario dovere civile dell’esperienza partitica in nome di uno spazio letterario che non conosce vincoli né può cedere ai limiti della militanza politica.

 

 

VII

 

Presentato nelle librerie nell’agosto 1969 – Grass è all’epoca impegnato nella campagna elettorale a sostegno della spd – Anestesia locale riscuote subito un consistente successo di pubblico, registrando una vendita di settantamila copie in sole quattro settimane. All’affermazione editoriale, favorita anche dal rovente clima politico del momento, non corrisponde però un’altrettanto positiva ricezione critica dell’opera. Due recensioni apparse nello stesso agosto su due numeri successivi del settimanale «Die Zeit» – la prima a firma di Horst Krüger, la seconda di Marcel Reich-Ranicki [24] – appaiono a questo proposito esemplari per inquadrare i binari lungo i quali procede la discussione letteraria suscitata dal romanzo e per individuare i termini di un discorso che si ritrova poi replicato nella gran parte delle recensioni successive.

Di fronte alla frammentazione contenutistica e narrativa del romanzo l’immagine del grande scrittore epico, autore del Tamburo di Latta e degli Anni di cane, sembra sgretolarsi. Così mentre Krüger sottolinea come Anestesia locale non si annoveri tra le opere riuscite di Grass, Reich-Ranicki lo definisce un romanzo epigonale, che delude le aspettative artistiche. L’audace genio grassiano, un tempo capace di scuotere critica e pubblico, gli appare ora indebolito; la mancanza di forza narrativa gli sembra aver ridotto i personaggi a schemi privi di vitalità.

Ciò che manca in questa comune visione è una riflessione che si interroghi sulla connessione artistica tra la scelta di un soggetto inedito per l’autore – quale quello del presente tedesco degli anni Sessanta – e la sperimentazione di un modo narrativo spezzato. Le scelte contenutistiche non vengono ricondotte ai mezzi formali adottati per realizzarle: l’opera finisce per essere letta come una somma di parti da cui non pare si possa evincere un tutto organico.

Anche la scelta tematica grassiana o, meglio, la fisionomia che essa assume nell’opera è oggetto di riserve. Così la rappresentazione che l’autore dà del movimento studentesco appare tanto a Krüger quanto a Reich-Ranicki ridicolizzata, ridotta a problema della pubertà o a comica rivolta.

Vi è poi un altro elemento in seno alla critica su cui vale la pena di riflettere. E questo concerne l’uomo Grass in prima persona. In un articolo apparso nell’ottobre del ’69 sulla «Wolfenbütteler Zeitung», Gode Japs [25] si rammarica di come lo scrittore si sia ormai adeguato al sistema. Gli anni Sessanta lo hanno cambiato, rammollito, paralizzato. Non diversamente, in una recensione del novembre successivo [26], Grass è definito un reazionario che con Anestesia locale si è voluto assicurare l’applauso dei borghesi. Alcuni mesi prima della pubblicazione del romanzo Krüger [27] aveva per di più rimarcato un significativo cambiamento nel comportamento dell’autore, notando come alla vitalità casciubica si era sostituito un atteggiamento a modo, paternalistico.

Comune a tutte le osservazioni qui prese in considerazione sembra essere dunque la reticenza a riconoscere le mutate modalità, rispetto alle opere precedenti, del discorso ideologico ed artistico condotto da Grass e la tendenza a trascurare o a sottovalutare la carica critica celata nelle pieghe di un romanzo solo apparentemente – e forse volutamente – sottotono.

 

[1] H. L. Arnold, Gespräche mit Günter Grass, in Günter Grass. Text + Kritik. Hrsg. von H. L. Arnold, H. 1/1 a., 5. Auflage (1978), pp. 1-26 (qui p. 13).
[2] Su questo aspetto si veda, in particolare, M. Durzak, Abschied von der Kleinbürgerwelt. Der neue Roman von Günter Grass, in “Basis” I (1970), pp. 224-237.
[3] “Un monumento. Solo nello studio del mio dentista mi riuscì di scomporre la mia statuaria fidanzata: tra stacco e stacco si cambiava la gonna, raramente il pullover; voleva essere mandata in onda sola o con il suo Hardy, una volta tra le ginestre in una cava di basalto abbandonata, una volta alla locanda “Wilder Mann”, subito dietro la diga di Neuwied, una volta ad Andernach, lungo la passeggiata sul Reno. […]”. Hardy è il soprannome con cui gli allievi chiamano Starusch.
[4] “Che questa scena si possa spostare nel Parco Grigio, senza bicicletta, paesaggio, auto? “Che ne pensa dotto’? Krings arriva con la valigia – ma forse spinge la bici – sotto il faggio coperto di polvere di cemento si imbatte in Linde”. Il mio dentista era contro il Parco Grigio. Perché Linde in realtà lo fece salire a bordo lungo la strada”.
[5] “Andò in onda la pubblicità, conquistandosi un ottavo di visuale. Lei [Linde] voleva vendermi un congelatore. Mentre il mio dentista suggeriva soluzioni chirurgiche […] Linde recitava il suo ritornello “Sempre freschi e padroni di tutte le vitamine…” proponeva un pagamento a rate. Poi si aprì il congelatore in cui si conservavano tra fagiolini, rognoni di vitello e fragole californiane i miei denti da latte e i miei temi scolastici, il mio certificato di profugo classe A e il mio studio sui cementi da pavimentazione e da fondazione, i miei desideri rappresi e le mie sconfitte imbottigliate, tutti coperti di brina. E sul ripiano più basso […] giaceva lei, nuda e coperta di ghiaccio […].O Lindelindelindelinde”.
[6] “”Si guardi intorno. Cosa siamo diventati? Quanto disincantati e scettici ci ha lasciato la guerra? Non volevamo stare all’erta, diffidando della parola degli adulti, della parola adulta? – Di tutto questo è rimasto ben poco””.
[7] “Lui soffre del mondo. L’ingiustizia più lontana lo ferisce”.
[8] “Eravamo contro tutti e tutto”.
[9] “Sono un marxista liberale che non sa decidersi”.
[10] “Il suo tartaro è il suo odio pietrificato”.
[11] “Battaglie perdute” era anche il titolo che Grass aveva originariamente pensato per il romanzo, siglando così una serie di appunti risalenti al gennaio 1966.
[12] “Mescolanza ebraico-slava”.
[13] La profonda crisi economico-sociale che colpì la Repubblica Federale nel biennio 1966-67, minacciando l’ascesa economica del paese all’insegna di un’avanzata industrializzazione, portò il partito cristiano-democratico (CDU) e quello socialdemocratico (SPD) a varare, nel novembre del 1966, una coalizione di governo sotto la guida del Cancelliere cristiano-democratico Kiesinger e del Vicecancelliere socialdemocratico Willy Brandt. L’accordo, volto ad evitare la destabilizzazione politica del paese, finiva però per limitare la dialettica democratica tra forze politiche tradizionalmente antagoniste, suscitando di conseguenza l’agguerrita “opposizione extraparlamentare” (APO) da parte delle giovani generazioni che, deluse nei confronti della socialdemocrazia, si raccolsero intorno al movimento studentesco.
[14] “”Questi ragazzi vogliono ricominciare da capo […]. Noi, che eravamo stati sacrificati, non potevamo compiere il sacrificio. Noi, a diciassette anni già marchiati da un sistema criminale, noi non potevamo trasformare i tempi, no. […]. Ora faranno piazza pulita di noi””.
[15] “”Il ragazzo non si rende conto della grandezza che c’è in lui. Scorge solo il suo proposito, il suo gesto, e non l’ombra che esso proietterà: la redenzione”. […]. “Lui ha la forza e la purezza per – sì lo dico! – per redimerci. Dovremmo fargli coraggio””.
[16] Si veda, a questo proposito, K. L. Tank, Günter Grass, Berlin 1947, p. 81.
[17] “Questo è quanto ho raccontato al mio dentista. A bocca spalancata e davanti al video che, afono come me, raccontava pubblicità”.
[18] “Conoscenza più mestiere”.
[19] “In ultimo documentai […] come la rivoluzione divori i propri figli. (Il Danton di Büchenr come testimonianza dell’assurdità). E come tutto si risolva nel riformismo. E questo, con un po’ di pazienza, lo si sarebbe potuto ottenere più a buon mercato”. Tra le vittime dell’azione rivoluzionaria Starusch annovera, non a caso, anche il liceale diciassettenne Bartholdy, che, sull’ondata della Rivoluzione Francese, tentò nel 1797, con l’aiuto di alcuni compagni di scuola e di alcuni portuali, di proclamare la repubblica a Danzica. Fu condannato a morte e solo per un atto di grazia della regina Luisa la pena fu commutata nel carcere.
[20] “E così fu possibile Napoleone. […]. Brevi digressioni: Cromwell-Stalin. Assurde ineluttabilità: la rivoluzione crea la restaurazione, che dev’essere eliminata dalla rivoluzione”.
[21] Rasandosi parlare di fronte allo specchio, finché non si appanna? “Philipp, cosa posso ancora dire? Anche se hai ragione non ne vale la pena. Anch’io, quando avevo diciassette anni. […]. Come te, non volevo che mi si spiegasse nulla. Né volevo diventare come sono adesso. […]. Ma se volessi essere come te dovrei dire: Fallo! Perché non dico: Brucialo!?”. “Perché Lei è geloso e vorrebbe farlo Lei stesso, ma non ne è capace. Perché a Lei non accade più niente. […]. Perché Lei ha già tutto alle sue spalle. […]. Perché Lei vuole acquisire distacco. Perché Lei calcola le conseguenze prima di agire, affinché le conseguenze corrispondano ai suoi calcoli. Perché Lei non si piace”. “Bene Philipp. Fallo. Fallo per me. […]. Un tempo, a diciassette anni, ero capace anch’io. Allora agivo. Allora c’era la guerra”. “C’è sempre la guerra.” “Bene, adesso tocca a te. Ma non serve a niente”.
[22] “Loro hanno detto: È troppo polemico per il primo numero. Se si attacca Kiesinger si deve attaccare anche Brandt. Dicono che a quel tempo indossava addirittura l’uniforme norvegese”.
[23] “Nulla dura. Sempre nuovi dolori”.
[24] H. Krüger, Kein Geschmack für Ort und Augenblick, in “Die Zeit”, 22.8.1969; R. Reich-Ranicki, Eine Müdeheldensoße, in “Die Zeit”, 29.8.1969.
[25] G. Japs, O Günter Grass, was ist aus Dir geworden?, in “Wolfenbütteler Zeitung”, 11.10.1969.
[26] “INFO”, Kulturinformationsdienst, München, November 1969.
[27] H. Krüger, Das Wappentier der Republik, in “Die Zeit”, 25.4.1969.

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Tratto da: Ex oriente picaro. L’opera di Günter Grass a cura di Maurizio Pirro, Bari, Graphis, 2006, pp. 79-93

 

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